venerdì 10 gennaio 2014

È il capitalismo, stronzi



Mentre scaricavo dal sito di una nota biblioteca americana le Relazioni degli ambasciatori veneziani al senato della serenissima, fonte primaria per certe notiziole, ascoltavo la trasmissione di Santoro e le stucchevoli chiacchiere ripetute per l’ennesima volta sulla disoccupazione e la mancanza di lavoro. Ciò mi portava a constatare la furbizia degli ospiti, compreso il sindacalista Landini, e a trarre, come solito, la conclusione che l’ultima virtù riconosciuta al lavoro è che esso consente di consumare.

Ho intravisto anche due giovani, entrambi obesi, incazzati e dolenti, i quali chiedevano sostanzialmente alla politica, allo Stato, a chiunque avesse un po’ di cuore, di risolvere la loro situazione. Per il momento pagano a buon prezzo la loro rassegnazione.

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Leggo il contenuto della E-news di Matteo Renzi, pubblicata nella serata dell'8 gennaio 2014, nella quale anticipa i contenuti del Jobs Act, che sarà presentato nella versione integrale alla Direzione nazionale del Pd il 16 gennaio. Primi tre punti, grandi novità:

Legge elettorale. Abbiamo offerto tre ipotesi di lavoro (rivisitazioni del sistema spagnolo, del Mattarellum, del doppio turno). Gli altri partiti ne stanno discutendo. Noi aspettiamo le loro valutazioni e ci riuniamo il 16 gennaio, in direzione, per chiudere con la nostra proposta.

Riforma del Senato. Noi andiamo in riunione dai Senatori del PD il prossimo 14 gennaio. Ci guardiamo in faccia. E a loro chiediamo di presentare il disegno di legge costituzionale per cambiare il Senato, trasformandolo in Camera delle Autonomie.

Eliminazione dei politici dalle Province. Il disegno di legge Delrio è passato alla Camera. Adesso aspettiamo che il Senato dia il via libera definitivo a gennaio. Primo passo verso il miliardo di euro di risparmi dei costi della politica.

Siamo esattamente ancora a questo punto, alle discussioni e ai disegnini di legge, “al primo passo verso …”, al “guardarsi in faccia”. Su questioni che non sono assolutamente dirimenti a riguardo della crisi economica e sociale del paese.

Veniamo al Jobs Act, che tradotto dalla lingua anglosassone resta pur sempre, da noi, un progetto e non un provvedimento operativo per il lavoro.

Il dislivello di costi dell’energia tra aziende italiane e europee è insostenibile, sottolinea Renzi, e pesa sulla produttività. Bisogna ridurre del 10% il costo per le aziende, soprattutto per le piccole imprese che sono quelle che soffrono di più.

Chi produce lavoro paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più", scrive Renzi. Dunque occorre una riduzione del 10% dell'Irap per le aziende.

Ogni risparmio di spesa corrente che arriverà dalla revisione della spesa dovrà servire per la riduzione fiscale sul reddito da lavoro.

Moltiplicare le azioni dell'agenda digitale. Quindi: fatturazione elettronica, pagamenti elettronici, investimenti sulla rete.

Eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico.

Intervento di semplificazione amministrativa sulla procedura di spesa pubblica.

Obbligo di trasparenza per amministrazioni pubbliche, partiti, sindacati, che hanno il dovere di pubblicare online ogni entrata e ogni uscita, «in modo chiaro, preciso e circostanziato.

Fin qui si tratta di fuffa, di cose dette e ripetute da anni. Ora viene il bello del progetto per il lavoro.

Sono sette settori nei quali il Jobs Act avrà un singolo piano industriale con indicazione delle singole azioni operative e concrete necessarie a creare posti di lavoro: a) Cultura, turismo, agricoltura e cibo: b) Made in Italy (dalla moda al design, passando per l'artigianato e per i makers); c) Ict; d) Green Economy; e) Nuovo Welfare; f) Edilizia; g) Manifattura.

Negli ultimi decenni di simili piani ne sono stati prodotti – sulla carta – a bizzeffe. Il Jobs Act non dice come affrontare i nodi veri della crisi economica, problemi che non si possono affrontare semplicisticamente con le riduzioni di spesa, con i tagli di bilancio, con il trasferimento di qualche spicciolo da un capitolo di spesa ad un altro. Si può forse credere di poter costringere la Fiat, tanto per fare un esempio molto noto, a rispettare gli impegni d’investimento presi a suo tempo? È pensabile di far rientrare le produzioni che si sono trasferite all’estero, ossia battendo la concorrenza salariale di paesi come la Romania, la Cina e la Turchia semplicemente riducendo il costo dell’energia del 10 per cento e riducendo la tassazione delle imprese (con quali soldi, tra l’altro non è detto) di qualche punto percentuale?


L’unica cosa che questi pasticcioni e imbonitori da strapaese possono fare è svendere quel po’ d’argenteria che c’è rimasta, creare altri polveroni mediatici e poi aumentare di nuovo le tasse e tagliare la spesa sociale per obbedire al fiscal compact, già legge dal gennaio 2013 e in pieno vigore da prossimo anno. È il capitalismo, stronzi, e voi non ci potete fare nulla, ma proprio nulla.

9 commenti:

  1. A mio avviso, non ci starebbe male un "belli" accanto al soggetto del titolo.

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  2. grazie per il suggerimento. s'è per questo anche altri aggettivi. buona giornata

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  3. E quando non funziona il fumo illusorio mediatico di una prospettiva socialdemocratica (= austerity solo ed eslusivamente con i poveracci), si scoprono le carte con chi prova ad alzare la testa. Come ad Amburgo.

    Ciao, gianni

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  4. In realta'si tratta di dialettica Hegeliana ( procedimento come noto molto amato in ambienti "iniziatici" )
    In origine avevamo il (vetero)capitalismo:=tesi ( o "azione")
    poi abbiamo avuto il comunismo = antitesi (o "reazione")
    e adesso ci danno la sintesi, ( o " soluzione" ) : il "comunismo" per i poveri e il "capitalismo" per i ricchi.

    brillante no ? .
    ws

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  5. Mah... il comunismo non l'abbiamo mai avuto...e adesso per i poveri c'è solo più povertà... nel capitalismo... di cui beneficiano sempre meno ricchi, anche se mooolto più ricchi.
    La sintesi è in cantiere :)
    Ciao, gianni

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    1. ti ho risposto nel nuovo post di oggi. ciao

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    2. Grazie.
      In ogni caso era riferito a WS e inserito come commento a lui. Non so xchè è uscito come commento al tuo post.
      Adesso vado a leggerti. Ciao,gianni

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  6. Vicende come quella del prelievo- per fortuna mancato- agli insegnanti mi fanno pensare che siamo più vicini alla Grecia di quanto pensiamo, altro che ripresa.... E sono d'accordo con il richiamo del post al fiscal compact: dove troveranno i soldi? Chi ce li metterà? Potranno poi dire che le tasse caleranno?

    Quanto al job act renziano mi sembra sia solo fuffa mediatica, il vero job act allo studio mi pare sia il livello contrattuale per l'Expo milanese: zero diritti, paghe da fame, istituzionalizzazione del volontariato in settori che prima erano ovviamente retribuiti: c'è un bell'articolo sul sito Carmilla a questo proposito. Grandi eventi come l'expo servono proprio a questo: preparare il terreno per le controriforme....

    Quanto al job act vero e proprio continuo a non capire come possa restare nel G8 un paese che vive di turismo, moda e agroalimentare e che sta (s)vendendo quasi tutto...

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    1. ben detto
      sta nel g8 perché l'italia dal punto di vista geostrategico non è la grecia. la nostra storia dal dopoguerra a oggi, come lei ben sa, va letta in quest'ottica

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