sabato 18 gennaio 2014

Divagazioni di paleopatologia




Preciso subito che di paleopatologia non so un tubo, il titolo roboante e impegnativo serve solo a far scappare i lettori pigri. Considero la pigrizia il peggior difetto intellettuale di una persona, dopo quello della disonestà. Mi commuovo ancora al ricordo, rinverdito dalle repliche su RaiStoria, dei vecchietti ottuagenari seduti ai banchi del maestro Alberto Manzi. Noi oggi tendiamo a dimenticarci dei grandi vantaggi di cui godiamo rispetto alle generazioni passate. In tempo reale, con il nostro computer, possiamo accedere a libri resi disponibili in rete dalle più grandi biblioteche del mondo, frugare negli archivi pubblici, come quelli americani (su questo, tanto di cappello). Possiamo avere in prestito un libro in pochi giorni tramite un circuito di prestiti sempre più vasto, regionale o tramite le biblioteche universitarie e nazionali, oppure scendere sottocasa e acquistare in libreria. Alcune di queste possibilità solo alcuni decenni or sono non esistevano o erano molto ridotte e circoscritte, un secolo fa semplice utopia. Senza la stampa Martin Luther non avrebbe potuto diffondere in migliaia di copie il suo Appello alla nobiltà cristiana della nazione germanica, e senza di esso non ci sarebbe stato il movimento che va sotto il nome di Riforma, quindi non vi sarebbero state le guerre di religione, ma la strada verso la modernità passò anche su quei campi di battaglia. Hai voglia scrivere a mano bolle di scomunica!

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E veniamo alla paleopatologia. Noi non sempre facciamo caso ai grandi vantaggi offertici ogni giorno dalle scienze, dalla tecnica e dalla tecnologia. Spesso ci dimentichiamo che la nostra qualità della vita (la chiamiamo così) è incomparabilmente migliore di quella di qualsiasi persona di qualunque condizione sociale vissuta secoli addietro. Certo, non di tutti noi, poiché vi sono ancora centinaia di milioni di persone che vivono in miseria, milioni di morti per insufficienze di ogni tipo, decine di migliaia di giovani costretti a prostituirsi o a delinquere, eccetera. Questi però non sono problemi connessi ad una effettiva penuria, problemi di natura realmente economica, ma sono questioni anzitutto di natura politica, che riguardano la lotta di classe, quella che i padroni del mondo stanno conducendo vittoriosamente in nome dell’interclassimo e della libertà di mercato, cioè della libertà di agire come più gli piace e interessa. Intendo invece parlare di noi, della nostra condizione generale nelle metropoli dell’occidente, condizione di relativo benessere materiale che peraltro tende a peggiorare sempre in nome di quella lotta di classe (horribile dictu) di cui sopra.

Ma non voglio annoiarvi con simili discorsi e tali fisime. Guardiamo il nostro bicchierino mezzo pieno, ossia alla possibilità che è data, come dicevo, di vivere oggi più a lungo e meglio. In rete ho trovato questo studio dell’Università di Pisa, utile per un raffronto tra la condizione di elementi delle classi più alte di alcuni secoli or sono e quella odierna delle persone più comuni. Insomma, allora si moriva come mosche (basti pensare alle frequentissime epidemie e allo stato prescientifico della medicina), la vita durava mediamente molto poco, così poco che oggi mediamente ognuno di noi vive due vite, a volte anche tre, e forse Berlusconi raggiungerà l’immortalità grazie all’apporto del più grande bischero dal tempo degli etruschi.

11 commenti:

  1. lo penso da sempre... e quando penso a chi vive nel disagio di un deserto africano o nell'oscurità di una donna oppressa dall'ignoranza del fanatismo religioso mi dò una spiegazione che non è consolatoria ma ha una sua ragion d'essere e che io ricerco nella legge - della causa e dell'effetto. -se sono nata in Italia, ora e una determinata condizione - una ragione ci deve essere....cara Olympe , tu sei lo spunto di riflessione che mi tiene ancorata alla ragione . un abbraccio

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  2. Per una più precisa messa a fuoco del tema accennato, sono dell'avviso che esista una differenza fra gli sventurati - definirli nuovi schiavi è più opportuno - che lo abitano in attesa di altre destinazioni e i Tuareg, che tra l'altro non hanno nessuna intenzione di abbandonarlo per i nuovi insediamenti 'en dur' come vengono definiti lì e che vengono proposti loro. Il deserto è bellissimo, indubbio che viverci richiede un equilibrio mentale non comune (l'oasi è uno tra i più affascinanti esempi di sistema chiuso).
    Il problema è che in pieno deserto algerino si debba soffrire di uno, seppur minimo, tra gli inconvenienti della civiltà tecnologica rappresentato da orrendi sacchetti di plastica al vento. I vantaggi conseguiti dal più fulmineo salto tecnologico nella storia dell'uomo sono indubbi, nutro perplessità sul fatto che siamo nelle condizioni di gestirlo correttamente nella sua complessità.

    La paleopatologia è una disciplina che richiede una particolare attitudine anagrafica. Me ne occupo da qualche tempo, pur non potendo rientrare nel novero degli studenti del rimpianto maestro Manzi. Il rischio sono gli occasionali derapages emotivi che peraltro fanno parte dell'iter disciplinare.
    Grazie e à bientot
    L

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  3. Solo per farle notare che ha scritto: "Noi oggi tediamo a dimenticarci dei grandi vantaggi di cui godiamo rispetto alle generazioni passate".

    Noi oggi TENDIAMO...è la versione corretta.

    Buona giornata

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  4. Lodate Iddio per esser stati generati da un ventre occidentale
    AG

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  5. Oltre al post, molto bella la foto, rende perfettamente l'idea.

    Dalla pioggia tropicale - effetto drammatico del mal utilizzo delle scienze - un saluto, gianni

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    1. qui è profondo novembre, con pioggia e temperatura insolitamente elevata: 6-7 gradi
      ciao

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  6. Da antico studente di archeologia, ringrazio per l'interessantissima relazione paleopatologica.

    Aggiungo una sola noterella a margine: è vero, crepavano a cinquant'anni (se andava molto bene) con storie cliniche da fare accapponare la pelle. Al tempo stesso, i grandi artisti producevano capolavori abbaglianti - il che voleva dire avere assimilato TUTTA la cultura alta del loro tempo - a venti, venticinque, trent'anni di età. Mentre oggi produciamo solo merda. Singolare come tutto il tempo e la salute che che ci vengono guadagnati dalla tecnologia li buttiamo via in un ordine sociale e culturale di totale e disgregata insensatezza.

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  7. (Umilmente, facciamo «Ha’ voglia a scrivere a mano…» o «Hai voglia a scrivere…», non *«A voglia scrivere».)

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