Su quel trombone narciso di Corrado Banale non ho mai avuto dubbi.
All’inizio di gennaio 2025, Joe Biden era ancora formalmente il presidente degli Stati Uniti. Il suo successore, Donald Trump, si insediò solo alla fine del mese. Questo cambiamento nella composizione politica dell’amministrazione statunitense ha chiaramente innescato alcune dinamiche anche nel conflitto ucraino. Soprattutto, ha costretto l’UE ad abituarsi a condurre una propria politica ucraina. Con conseguenze disastrose.
Diplomaticamente, l’anno 2025 è stato segnato dall’emergere di una “coalizione dei volenterosi”, ovvero di coloro che cercano di prolungare la guerra a qualsiasi costo, purché a pagarne le conseguenze siano principalmente gli ucraini.
Quando Stati Uniti e Russia tentano di risolvere il conflitto tra loro, la terza – l’UE – si ritrova con solo due opzioni: conformarsi alla tendenza prevalente e quindi riconoscere implicitamente la propria insignificanza, oppure, al contrario, cercare di sabotare l’accordo degli altri due. Se quest’ultima opzione riesce, l’UE può assicurare a sé stessa e al mondo che è indispensabile, almeno nell’Europa orientale.
Quanto a Washington, si può percepire almeno una certa coerenza politica: non sostiene più l’Ucraina incondizionatamente, non ha approvato nuovi programmi dopo la scadenza dei generosi aiuti agli armamenti concessi sotto Biden e ora fornisce a Kiev solo equipaggiamento militare pagato dall’UE e dal Canada. Questo perché sa che l’Ucraina è fuori gioco e la UE perderà sia i suoi fondi che il suo prestigio. Da qui la decisione dell’UE a dicembre di mobilitare altri 90 miliardi di euro dal proprio bilancio per finanziare l’Ucraina, presumibilmente per due anni, anche se è ampiamente noto che non saranno sufficienti.
Tutti i vertici di crisi, i negoziati e così via, febbrili e frenetici, non sono finora riusciti a raggiungere la fase cruciale: i negoziati tra l’UE e la Russia, il vero nemico in guerra.
Ufficialmente, gli obiettivi di guerra proclamati da Putin e Lavrov sono gli stessi da anni: impedire l’adesione dell'Ucraina alla NATO e lo stazionamento di truppe NATO in Ucraina. Ciò include l’annessione di parti dell’Ucraina che la Russia rivendica come suoi territori storici, sia perché conquistate dalla Russia nel XVIII secolo, quando l’Ucraina non esisteva ancora, sia perché “donate” all’Ucraina da Lenin agli albori dell'Unione Sovietica.
Queste si possono anche considerare come illusioni storiche, ma il fattore tempo gioca a favore di Mosca, mentre gli imbecilli che stanno dalla parte dei nazionalisti ucraini sono convinti, dopo quattro anni di guerra, che sia il contrario, ma ciò è smentito dai fatti, primi tra tutti quelli che riguardano la situazione sul terreno.
A gennaio scorso, i combattimenti infuriavano intorno al sito della centrale elettrica di Kurakhovo, circa 20 chilometri a ovest di Donetsk. Oggi, la linea del fronte si è spostata di circa 50 chilometri a ovest e nord-ovest da quel punto, raggiungendo attualmente le città gemelle di Pokrovsk e Mirnograd. Ieri, Putin ha annunciato la presa di Mirnograd. Inoltre, le forze russe mantengono il loro attacco alla conurbazione di Sloviansk- Kramatorsk, nell’estremo nord-ovest della regione di Donetsk. Su quel settore si decideranno le sorti della guerra, che peraltro sono già decise.
Putin lo ha ribadito, citando anche una ragione economica: i canali che forniscono acqua a tutto il Donbass iniziano nell’entroterra di queste due città. Attualmente, a Donetsk, Makeyevka, Horlivka e in altre zone, l’acqua del rubinetto scorre solo ogni tre o quattro giorni ed è praticamente imbevibile. Se Putin ammette apertamente questa crisi idrica, la situazione deve essere davvero disastrosa. Mi pare dunque evidente che i russi o conquisteranno Sloviansk-Kramatorsk, oppure le due città dovranno essere cedute da Kiev al tavolo delle trattative (cosa impensabile).
L’attacco a Sloviansk non sembra più essere pianificato da sud-est, dall’area di Pokrovsk (a ovest di Horlivka), ma direttamente da est. Due settimane fa, le truppe russe hanno conquistato la città di Seversk e ottenuto alcune conquiste territoriali a ovest (dunque questo potrebbe essere il motivo del cambio di direzione dell’attacco, ma è solo una mia ipotesi).
I russi si sono anche recentemente avvicinati alla conquista dell’intera regione di Zaporižžja (molto vicina alla Crimea). Infatti, la città è minacciata direttamente anche da sud, dove le truppe russe stanno avanzando verso nord lungo l’ex bacino idrico di Kakhovka. Attualmente, i combattimenti si svolgono a circa 60 chilometri a ovest di Donetsk, intorno alla cittadina di Gulyaipole (Huljajpole), che è stata anch’essa conquistata.
Quelli che comandano in Europa affermano che spetta “agli ucraini” decidere su eventuali concessioni per un accordo di pace. Per il momento, devono continuare a combattere per indebolire la Russia il più possibile, paventando chissà quale minaccia russa per l’UE. In realtà Bruxelles sogna la propria importanza a spese dell’Ucraina. Per il resto e specie in materia di politica tariffaria, l’UE sta già strisciando sui capezzoli davanti a Trump. Mai l’Europa nel suo insieme è stata così irrilevante su tutti i fronti e su ogni tema.

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