giovedì 22 settembre 2022

«Non è un bluff»

 

Maiali

Quale minaccia rappresentava la Russia negli anni Novanta e anche in seguito per i paesi del Patto Nord Atlantico e tale da giustificarne l’espansione militare a est, dispiegandovi dei missili? Dispiegamento missilistico giustificato ufficialmente come sistema difensivo contro la minaccia di missili iraniani (sic!), la qual cosa non sta in piedi, tanto più che la Grecia e la Turchia, questa confinante con l’Iran, sono parte della NATO.

La sicurezza di una nazione non dovrebbe essere ottenuta danneggiando un altro paese, e la sicurezza regionale non dovrebbe essere garantita attraverso l’espansione di un blocco militare. Viceversa la volontà strategica di Washington è stata sempre quella di mantenere ad ogni costo la posizione di dominus assoluto sul piano geopolitico ed economico e di impedire la formazione di nuovi centri di potere con una politica interna ed estera indipendente.

Quanto all’Ucraina, avrebbe dovuto essere ponte tra Oriente e Occidente, traendone tutti i vantaggi, ma la sua classe dirigente corrotta ha accettato di diventare una pedina in un conflitto di potere più grande.

Perciò non è stata la geografia ad aver creato il conflitto tra il Cremlino e la Casa Bianca.

Dopo la fine dell’Urss, la politica estera ed economica di Elc’in portò il Paese al collasso. La Russia fu considerata dalla comunità internazionale come un attore marginale e non più come una grande potenza. Di ciò se ne ebbe prova con la fomentata dissoluzione della Jugoslavia, l’intervento in Kosovo e la prima espansione della NATO verso Est.

Vladimir Putin abbandonò l’atteggiamento infingardo e condiscendente dei suoi predecessori e pose come prioritario l’interesse nazionale russo, diventando la guida del riscatto della Russia come grande potenza a livello internazionale. Questi due elementi, la fine della condiscendenza e l’aspirazione al ruolo di potenza, unitamente alla sempre più stretta interazione economica con l’Europa occidentale, non potevano che essere invisi agli Stati Uniti e motivo di scontro.

La seconda espansione della NATO (2004) e la guerra in Iraq, poi l’intervento in Siria e Libia, hanno contribuito al deterioramento dei rapporti tra la Federazione e gli Stati Uniti. La nuova politica estera russa è stata percepita come una sfida a tutto campo (come del resto quella cinese) del sistema unipolare guidato dall’egemonia statunitense. Ciò si è ulteriormente materializzato sul suolo ucraino nel 2014 a seguito del colpo di Stato di Euromaidan fomentato e finanziato dagli USA/NATO e la guerra nel Donbass (che non data dal 2022).

I preparativi di guerra ucraini, la prospettata adesione alla NATO, la firma della Carta USA- Ucraina sul partenariato strategico del novembre scorso, che approvava la strategia militare di Kiev del marzo 2021 che proclamava esplicitamente l’obiettivo militare di “riprendere” la Crimea e il Donbass controllato dai separatisti, violando esplicitamente gli accordi di Minsk del 2015, quindi l’imponente fornitura di armi d’attacco, di equipaggiamenti e specialisti da parte della NATO, non potevano lasciare indifferente il Cremlino.

Ora, si può discutere all’infinito sulla decisione di Mosca d’invadere l’Ucraina, di rivendicare la necessità della decisione a seguito della disdetta sostanziale da parte di Kiev degli accordi del 2015 e dei preparativi di guerra, tuttavia non si può attribuire questo conflitto al mero capriccio dispotico di Putin.

Come scrivevo ieri, l’invasione dell’Ucraina è stata di per sé un tentativo di Mosca per costringere le potenze imperialiste al tavolo dei negoziati. Questo tentativo è fallito perché gli Stati Uniti puntavano e continuano a volere la guerra o la resa incondizionata della Russia, che equivale all’eliminazione di Putin quale ostacolo alla sottomissione della Federazione e la sua dissoluzione in una costellazione di staterelli.

Sono stati gli Stati Uniti e la NATO, ossia la loro lunga mano militare, a creare questa situazione. Posto che la Russia è una potenza nucleare, che i Paesi russofobi dell’est Europa si sentono protetti dall’art. 5 del Trattato NATO e quindi liberi per dar sfogo alle loro iniziative di provocazione, non resta che prendere atto che gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno creato le premesse perfette per una continua tensione in quell’area, ora precipitata nelle forme di una guerra di cui non si vede la fine prossima, e di un suo possibile catastrofico allargamento, fino all’impiego delle armi nucleari.

Possiamo prendere le parti di questo o quel contendente, oppure fingerci neutrali e sopra le parti in causa, anche fregarcene come in larga misura sta succedendo, tutto ciò non cambia la situazione di fatto e i gravi rischi connessi. Una domanda dovremmo porci noi europei: ne vale la pena?

5 commenti:

  1. Si dovrebbe leggere questo post in tutti i telegiornali. Alla domanda rispondo NO!!
    un saluto roberto b

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  2. A volte per fare controinformazione è sufficiente interpretatare da un altro punto di vista i fatti già noti. Questi però sono tempi di conformismo e di vuota ritualità coperti da retorica ed isteria; purtroppo resta la libertà di venir ignorati. La ringrazio per i suoi articoli.
    (Peppe)

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    1. Grazie a voi pochi che vi prendete la briga di commentare

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  3. La risposta del fesso sarebbe "ma allora valeva la pena morire per Danzica?" e allora gli si dovrebbe leggere il tuo post in cui ricostruivi quella vicenda attraverso i carteggi diplomatici italiani.
    Pietro

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