Vi sarebbero cose di più grande momento di cui parlare, tipo la spudorata ingerenza di Washington nelle elezioni politiche italiane (il presidente Mattarella non ha nulla da dire a riguardo?). Oppure sulla iattanza ormai consueta del presidente del consiglio uscente, che già come ebbi modo di osservare è uomo di piccole e grandi misere, di ripicche e risentimenti, dunque non diverso da quei personaggi, politici e non, con i quali, volente o nolente, intrattiene rapporti.
Non ho voglia di questi discorsi e in genere e per quanto possibile me ne astengo, considerando che la situazione non è seria, anche se con il passare dei mesi la questione economica e sociale diventerà sempre più difficile e complicata, in modo tale che risulterà pressoché inutile continuare a prendersela con la politica e politici, e invece saremo costretti a guardare in fondo a noi stessi e a prendere atto delle nostre illusioni ed errori. Sempre se ne saremo capaci.
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Che cosa c’entrano gli elenchi telefonici, seppur oggi desueti, di Genova e di Chioggia con la battaglia navale di Curzola (tra Spalato e Ragusa), combattuta nel settembre 1298? Soprattutto che cosa c’entrano in generale con ognuno di noi? E invece fungono da esempio di come certi fatti così lontani nel tempo ci riguardano molto da vicino, cose che più familiari non si potrebbe.
Scrive Marguerite Yourcenar: «Chi – salvo eccezioni – conosce il nome dell’avo materno della propria bisnonna paterna? Eppure l’uomo che l’ha portato ha la stessa importanza, nell’amalgama di cui siamo fatti, dell’antenato dello stesso grado di cui ereditiamo il nome [qui inteso come cognome]. Dal lato paterno, l’unico che qui m’interessa, quattro bisnonni nel 1850, sedici quadrisavoli verso l’Anno II [circa 1794], cinquecentododici all’epoca della gioventù di Luigi XIV, quattromilanovantasei sotto Francesco I, circa un milione alla morte di San Luigi [1270]. Queste cifre vanno ridotte, se si tiene conto delle unioni fra consanguinei, che fanno sì che sovente si ritrovi lo stesso antenato all’incrocio di numerose progenie, come uno stesso modo all’incrocio di numerosi figli (Archivi del Nord, tascabili Einaudi, p. 27).
Marguerite non cade in un errore comune, abbastanza frequente che si può rintracciare anche in specialisti di genealogie, come per esempio Luca Sarzi Amadè.
Se due sono i genitori, quattro sono i nonni, otto i bisnonni, sedici i trisnonni, trentadue i quadrisnonni, sessantaquattro i cinquisnonni, centoventotto gli esavoli, e così via. Per ogni generazione che si risale il numero raddoppia, così che, risalendo di dieci generazioni (un arco di tempo di circa tre secoli, dunque dalla morte di Luigi XIV od oggi) avremo, allineati al medesimo livello, cinquecentododici ottavoli, vale a dire cinquecentododici ascendenti, tra maschi e femmine, a ciascuno dei quali corrispondono una famiglia con una propria storia e un’area geografica di appartenenza!
Se risalissimo indietro al ‘400, potremmo scoprire di avere circa 131.072 sedecavoli (si dice proprio così). A ciascuno di noi corrispondono 1.048.576 diciannovesimi nonni. Un nostro ventiseiesimo nonno non sarebbe altro che uno dei nostri 134.217.728 nonni.
Questo in linea strettamente aritmetica, cioè teorica. Nella realtà storica il discorso cambia: se abbiamo due genitori e la popolazione mondiale è ora di circa 7 miliardi, il calcolo aritmetico finora esposto porterebbe a stimare che la generazione precedente contava 14 miliardi, senza contare i nonni! Qualcosa non quadra.
Non si tratta di un errore di calcolo, bensì d’impostazione del problema. E di errori d’impostazione se ne ravvisano anche in altre discipline, altrimenti tante previsioni non si rivelerebbero così sballate. Non basta la matematica, in questo caso le “potenze”, ci vuole buon senso, materia sempre più rara.
Risalendo indietro nel tempo per generazioni il numero degli esseri umani complessivo diminuisce invece di aumentare, perché ogni coppia di genitori fa in media più di due figli. La ragione principale è che negli alberi genealogici di ognuno di noi ci sono persone che sono anche negli alberi genealogici degli altri. Ad esempio, io e mio cugino abbiamo ognuno quattro nonni. Tuttavia mio papà e quello di mio cugino sono fratelli, avevano gli stessi genitori. Pertanto io e mio cugino, insieme, non abbiamo otto nonni, ma solo sei, perché due sono gli stessi. Più si risale indietro nel tempo e più parenti abbiamo in comune con chiunque altro sul pianeta, o almeno in certe aree di esso.
Nelle piccole comunità di provincia questo fenomeno è più evidente, molti abitanti sono tra loro imparentati, le seconde e terze cuginanze si moltiplicano, i cognomi si ripetono uguali o con lievi varianti, e così anche i soprannomi, ossia le “mende” e i “detto”. Anche nelle città si riscontra lo stesso fenomeno, che può assumere in certi casi rilievi curiosi.
Torno alla battaglia navale di Curzola di cui sopra. L’oggetto del contendere tra veneziani e genovesi, era costituito dalla rivalità per il controllo sul Mediterraneo e l’espansione nel Mar Nero. Genova era alleata con i Turchi e Venezia con gli Angiolini. In quella battaglia fu fatto prigioniero Marco Polo. Senza questo accadimento non avremmo il Milione. Infatti, sulla galera che lo portava a Genova, Polo incontrò Rustichelli, pisano fatto prigioniero a sua volta nella battaglia della Meloria (1284).
Nell’aspra battaglia navale, fu fatto prigioniero anche l’ammiraglio veneziano Andrea Dandolo, il quale, secondo il racconto della tradizione, scelse di darsi la morte cozzando violentemente la testa sul banco della galera al quale era stato incatenato. Semmai avesse riscontro questo racconto con la realtà storica, potremmo dire: altri tempi, altre tempre e soprattutto altre teste.
La battaglia di Curzola e la conseguente presa di Chioggia da parte dei genovesi, che ne mantennero il possesso per un certo tempo, produssero degli effetti che durano ancor oggi e per sempre. Consultando un elenco telefonico, quei libroni in uso fino a qualche anno addietro e fonte inesauribile di curiosità, si può rilevare che in quello genovese vi sono 13 cm. di Doria, mentre in quello di Chioggia ve ne sono ben 47 cm.. Quanto al cognome Boscolo, di origine ligure e piemontese, in quello genovese ve ne sono solo 2 cm., mentre in quello di Chioggia ben 7,5 metri, tanto che gran parte dei propri abitanti oltre a un cognome ha pure un soprannome per i troppi casi di omonimia.
Un esempio questo di come migliaia di persone discendano tutte da pochi progenitori comuni e come nel caso di Chioggia da Eva Doria e Adamo Boscolo.
Qualche tempo fa mi capitò di avere sotto mano i registri della chiesa del paese dei miei genitori. Mi aspettavo anch'io una serie di biforcazioni a formare un albero dalla rigogliosa chioma. Invece a metà ottocento un avo si sposò ben tre volte, essendo rimasto vedovo delle prime due mogli suppongo morte per parto (cosa comunissima in passato). L'albero cominciava a somigliare a un roveto, lasciai perdere.
RispondiEliminaPietro
Più di un sopranome è un vero e proprio secondo cognome (Detto) che riguardano i Boscolo e i Tiozzo perchè sono riportati nel codice fiscale, per tutti gli altri cognomi sono dei Detti.
RispondiEliminaun saluto roberto b