venerdì 22 ottobre 2021

Verità e realtà

 

Spesso confondiamo la verità raccontata con la realtà. La verità può avere nulla a che fare con la realtà. Che la Terra sia piatta o rotonda non ha a che fare con la verità, ma con la realtà. In Unione Sovietica, il principale quotidiano fu chiamato Pravda. L’Urss descritta nelle colonne del giornale era l’Urss secondo la verità dei leader sovietici, ma non aveva nulla a che vedere con l’effettiva realtà del Paese.

Anche i media “democratici” raccontano la verità, che spesso non ha nulla a che fare con la realtà, o vi corrisponde solo per approssimazione. La verità che ci rifilano è intrisa d’ideologia, persegue interessi particolari, è opera di specialisti del racconto. Lo vediamo bene ogni sera in tv, dove nessuno vuole sconvolgere le convinzioni che la maggioranza dei telespettatori già nutriva un istante prima. Anzi, le rafforzano con un bombardamento a tappeto. E invece la realtà non si preoccupa del nostro comfort mentale e ideologico.

Prendiamo la politica economica: le riforme sono presentate come essenziali e hanno l’obiettivo della crescita, della piena occupazione e altre storie così. A volte ci raccontano che servono per ridurre le disuguaglianze, perfino per sconfiggere la povertà. La cosiddetta “transizione ecologica”, verso dove dovrebbe portarci? Leggo: “è il passaggio da un sistema di produzione e consumo insostenibile per il pianeta a un sistema in grado di far crescere l’economia senza distruggere l’ambiente”.

Qui è ben sintetizzata la differenza tra realtà e verità, tra lo stato effettivo delle cose e la propaganda, l’ideologia. Anzitutto è ammesso che questo sistema economico è insostenibile. E questo è un bel passo avanti dopo tanto negazionismo. Ma subito ci viene detto che transiteremo verso il paradiso di un’economia in espansione ma che avrà cura dell’abitat e della salute dell’orso bianco.

Come se bastasse “il passaggio dai combustibili fossili alle rinnovabili” per “trasformare il modo di produrre e distribuire”. È un modo di dire che non significa nulla, una presa in giro. Cambiare il modo di produrre? Modificare il modo di distribuire? Di fronte abbiamo due ordini di problemi: il capitale e le comodità acquisite.

Il capitalismo non può cambiare pelle. Lo sviluppo della produzione capitalistica si è sempre realizzato come compimento delle leggi che ne sono il fondamento.

Alle multinazionali, al capitale in generale, non importa granché del cambiamento climatico. Mettiamoci nei panni di un amministratore delegato di una fabbrica automobilistica. L’auto elettrica non è una scelta “ecologica” dell’industria. Si tratta di sostituire entro i prossimi 14 anni circa 250 milioni di auto tradizionali nel continente europeo. Miliardi di auto nel mondo! Quell’AD del settore auto può aver fatto voti perché ciò accada, ma ora deve affrontare una concorrenza spasmodica sulle quote di mercato, con il fiato sul collo degli azionisti e gli operai licenziati che protestano ai cancelli della fabbrica.

Si delinea ora un nuovo riformismo, che obbedisce alle stesse necessità dei precedenti: oliare la macchina e aprire nuove occasioni di profitto per le imprese di punta. Se si ottengono dei risultati positivi anche dal lato del minor inquinamento, tanto meglio, i nostri politici potranno gonfiare il petto. La coraggiosa Greta Thunberg potrà tornare a scuola.

I settori più avanzati dell’industria si lanciano sui differenti palliativi della riduzione dell’inquinamento come nuovi sbocchi, tanto più redditizi quanto più c’è da succhiare dal nuovo business e dal debito degli Stati e delle banche centrali immesso per finanziare la “transizione ecologica”, per sostenere la crescita (il vento è cambiato, come sa bene il dimissionario presidente della Deutsche Bundesbank). Il problema del cambiamento climatico è reale e urgentissimo, ma la “transizione ecologica” è prima di tutto un affare gigantesco per rilanciare le economie in affanno e fornire nuova materia speculativa alla finanza.

La sedicente transizione ecologica non può diventare una realtà se non trasformando il modo di produzione attuale dalle fondamenta. Sostanzialmente si andrà avanti come si è sempre fatto, sbandierando qualche risultato che darà nuovo fiato agli apologeti del sistema (anche a quelli inconsapevoli di essere esibiti sui media per favorire il business ecologico), raccontando una verità, ben munita di dati e grafici incontestabili, che però ha poco o anche nulla a che vedere con la realtà, ossia con la bulimia di profitti del capitale e i dividendi degli azionisti.

Infine, dal lato delle comodità e abitudini acquisite: nessuno di noi è disposto a cedere di una spanna se non vi è costretto. I vegetariani e assimilabili, per fare un esempio, credono sia una loro scelta del tutto personale aderire a un certo tipo di alimentazione. Perché fa bene alla salute, è ecologico, è trendy. Un’oncia di tutto ciò può casualmente coincidere con la realtà. Siamo tutti convinti di compiere delle scelte in modo autonomo e responsabile. E questo è invece un altro esempio di verità che non corrisponde alla realtà. Anche in tal caso è confuso ciò che appare come una scelta individuale con certi interessati condizionamenti e le leggi dei grandi numeri. Questo, mi rendo conto, è già più difficile da dire senza sollevare ostilità.

Andremo tutti al lavoro in monopattino. Salvo se piove o nevica. Allora riscopriamo quanto è comoda l’auto. Che decine di milioni di noi la notte prima ha collegato alla presa di corrente. La batteria si ricaricava mentre guardavamo la tv, con lavatrice e lavastoviglie in funzione, magari anche il ferro da stiro e il phon, e ovviamente la caldaia, eccetera. L’impossibile può diventare verità, e di questi tempi la cosa è pane quotidiano, ma solo il possibile può diventare realtà. Lo scopriremo vivendo.

4 commenti:

  1. L'uso dell'elettricità non inquina (verità) ma la produzione di quella stessa elettricità inquina (realtà). Vedo miliardi di demi-vierges, nel futuro.

    RispondiElimina
  2. sempre brava.
    Anche la verità è una parte di realtà. Specie la mia! ciao

    RispondiElimina
  3. Vorrei far partecipe a lei Olympe, ed ai lettori di questo ottimo blog il seguente studio dei compagni Internazionalisti che è perfettamente in tema con quanto viene espresso nel suo post.

    https://www.quinterna.org/pubblicazioni/rivista/10/evitare_traffico.htm?fbclid=IwAR1K8SIw9LyMcwIns_HUewrABJhmV3RDgo57D-SQtGuMhWWUiamjDrEHNUU

    Saluti

    RispondiElimina