Il governo dell’Illuminato sta pensando di ridurre il prezzo degli assorbenti. Grazie. Ma al prezzo in aumento dei preservativi, chi ci pensa? Si chiede almeno un bonus come per i televisori, un tanto al pollice!
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Sia pure ancora sottotraccia, si fa strada una questione che da tempo sembrava scomparsa: non riguarda solo l’Italia, i salari estremamente bassi e le condizioni di lavoro in quanto tali, ma si tratta di una riflessione più sulle generali, sulla natura stessa della nostra società. Non è passata inosservata la situazione in cui la ricchezza è accumulata in poche mani mentre le condizioni di vita di chi sgobba e fatica a tirare avanti stanno progressivamente peggiorando. La straordinaria crescita della disuguaglianza sociale è un potente fattore che produce sfiducia verso il sistema politico, economico, istituzionale.
Poi c’è tutto il resto di un sistema molto vulnerabile: i segnali di un rallentamento dell’economia globale, il perdurante impatto della pandemia in aree chiave dell’economia, i porti bloccati, i famosi “colli di bottiglia”, la fragilità e l’interruzione delle catene di approvvigionamento globali, l’impennata dei prezzi. Ah già, la vecchia cara inflazione. Se il prezzo del rame sale, come titola il Sole 24ore, è a causa delle aspettative di aumento dei prezzi, e quindi degli acquisti, che salgono ancora di più. Insomma, i prezzi salgono perché salgono, in una bella logica autoreferenziale. Non vi piace come spiegazione? Eppure la semplicità coglie spesso il vero.
Le cosiddette catene del valore globali sono diventate un motore di crescita e una fonte di disinflazione nella ricerca di maggiori efficienze (Marx non è poi così male), tuttavia queste catene sono state tese a tal punto che sono diventate sempre più fragili e si stanno spezzando. Anche questo molto in nuce, ma c’è tanto di vero.
L’importanza dei prezzi delle materie prime l’avevamo dimenticata. In gergo si fa riferimento a essi con la vacua parola “volatilità”, che nessuno capisce realmente cosa voglia dire. Un ripassino di storia ogni tanto fa bene: a seguito di un crollo dei prezzi della materia prima da cui dipendevano, interi paesi hanno visto crollare le loro economie, abbattere i loro leader, travolgere tutto. Il prezzo del cacao, per esempio (*). Il carbone che ha permesso la rivoluzione industriale, l’indipendenza americana innescata dalla tassa sul tè, lo shock petrolifero degli anni 1970, per non parlare del prezzo delle farine che per millenni ha fatto tremare i troni, come sapevano Diocleziano e Maria Antonietta. L’approvvigionamento e il prezzo delle materie prime sono alla base di tutto o quasi.
Vogliamo parlare della terza risorsa più importante del pianeta, dopo l’aria e l’acqua. Non è il petrolio, ma la sabbia! Non ci credete, lo so. Quale di questi oggetti di uso quotidiano contiene sabbia: cellulare, computer, bicchieri, cibo disidratato, dentifricio, pneumatici? Tutti! Nel XIX secolo veniva addirittura utilizzata per conservare la carne. Viviamo e lavoriamo in edifici di sabbia. Pare che consumiamo 18 kg di sabbia pro capite al giorno! Sembra che sia una materia prima abbondantissima, però quella marina non è adatta in edilizia, e quella di fiume per ripristinare le coste erose è una schifezza. La sabbia è una risorsa non rinnovabile (e non per qualche milione di anni). Eppure non se ne parla quasi.
E la gomma? Anche le auto elettriche poggiano sugli pneumatici (inventati dal veterinario John Dunlop). Nonché le nostre amate biciclette. Come fare a meno del preservativo, inventato nel 1870? Non c’è ginecologo che ne consumi meno di una ventina al dì (per effettuare l’ecografia, che credevate sporcaccioni?). La raccolta del lattice, che è difficile da meccanizzare, richiede una forza-lavoro abbondante. Nel 1904 il Belgio occupò il Congo e utilizzò gli schiavi per raccogliere la preziosa linfa. Leopoldo II venne un po’ prima di Hitler.
E che dire del litio? Di questa “materia prima” sapete già tutto, forse però non sapete che insieme al berillio e al boro, il litio è uno dei tre elementi all’origine del big bang. Pertanto all’origine di questo fantastico blog e della ancor più incredibile tenacia di chi lo scrive.
(*) Esistono tre varietà di alberi di cacao. Il forastero dal sapore amaro, riguarda il 90 per cento della produzione mondiale. È presente in Africa, Brasile ed Ecuador. Il criollo – il mio preferito – regala il cacao più aromatico. Si trova principalmente in Venezuela e nei Caraibi. Infine, il trinitario, apparso nel XVIII secolo sull’isola di Trinidad dopo che un uragano distrusse i raccolti, è un incrocio tra le altre due varietà. Si trova in Messico, Colombia e, naturalmente, nei Caraibi.
Il cacao, kakaw in lingua maya, era coltivato da Olmechi, Maya e Aztechi. Presso gli aztechi, le fave di cacao permettevano di pagare tutto, anche le tasse. Oggi la Costa d’Avorio produce un terzo del cacao mondiale, davanti a Ghana, Indonesia e Nigeria. Il miracolo ivoriano degli anni 60 e 70, sotto il presidente Houphouët-Boigny. Un fondo di stabilizzazione garantiva un prezzo di acquisto ai produttori e permetteva alle autorità di ricompensarli. La deregolamentazione del mercato è stata, anche in tal caso, fatale per il fondo, e il Paese si è ritrovato indebitato, in balia dei maghi del Fmi.
La maggior parte dei contadini coltiva solo superfici molto piccole e riceve solo una piccolissima parte del ricavato della vendita. In molte piantagioni i bambini lavorano e ricevono solo cibo come salario. Sono i più schiavi del cacao. Ricordiamocelo mentre sorseggiamo. Ah, dimenticavo, ieri era l’anniversario della morte di Domenico Barbaja, ex cameriere in un caffè milanese. Fu personaggio famosissimo nella prima metà del XIX secolo, e non solo per la cioccolata con la panna. La sua amante divenne la moglie di Rossini, per dire.
di questo fantastico blog e della ancor più incredibile tenacia di chi lo scrive...per non lasciarmi orfana. Come potrei sopravvivere in qsto caotico mondo priva d.Sue pillole còlte e sagge? Soprattutto adesso che anche Malvino ha gettato la spugna? Grazie con tanta ammirazione. Albalotte
RispondiEliminaGrazie di cuore. Giro il suo commento al dott. Castaldi, che mi pare non abbia gettato la spugna, si è solo preso una lunga pausa di meditazione (dati i tempi e i contesti).
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