martedì 20 settembre 2016

Loci communes



Nell’ormai lontano gennaio 2010, in uno dei primi post di questo blog, scrivevo che “La quantità di tutto ciò che questa società ci impone e ci infligge ha già superato la soglia oltre la quale ogni equilibrio faticosamente costruito viene rotto con violenza”. Quanto ai problemi che ci troviamo ad affrontare, soggiungevo che “oggi siamo giunti precisamente al punto in cui non è più possibile risolverne nessuno senza risolverli tutti”. Questa riflessione, se si vuole anche in sé banale, nel tempo ha trovato modo di farsi sempre più vera e attuale.

Abbiamo di fronte una crisi economica che diventa ogni giorno di più crisi sociale acuta, e dall’una e dall’altra, strettamente connesse, non si uscirà per vie pacifiche. Crisi degli Stati nazionali, che un tempo erano proprietari di una cospicua struttura produttiva e di una fitta rete comunicativa. Crisi politica gravissima, laddove i partiti di massa, che per decenni avevano dominato la scena, sono diventati, nel disincanto che diventa discredito pressoché generale, meri comitati elettorali. È crisi degli organismi sociali intermedi, dal sindacato alle corporazioni, delle Chiese e della scuola, e crisi irreversibile dell’istituto della famiglia. Insomma, è in crisi profonda la società civile organizzata per come l’abbiamo conosciuta.

Dati gli attuali rapporti sociali e nel quadro geopolitico che si è venuto a determinare nell’ultimo trentennio, la realtà s’incarica di dirci che nessun cambiamento è ormai possibile, non senza terribili scosse. Abbiamo davanti a noi due prospettive: quella di un conflitto armato generale e quella di una rivoluzione sociale senza precedenti. È più difficile stabilire se questa seconda prospettiva farà effettivamente seguito alla prima. Una cosa sembra certa, qualcosa di nuovo e di sconvolgente accadrà molto presto, al massimo nel prossimo decennio.

«A un dato punto del loro sviluppo, le forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l'innanzi s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si convertono in loro catene. E allora subentra un'epoca di rivoluzione sociale. Con il cambiamento della base economica si sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.»

Marx, sempre con questo maledetto vecchiaccio dobbiamo fare i conti, ci piaccia o no.

*




Il luogo comune più diffuso crede che Marx abbia scritto di “comunismo”, e che tale comunismo corrisponda più o meno esattamente alla sua rappresentazione novecentesca in Russia, Cina, ecc.. Se queste persone si prendessero la briga di sfogliare Das Kapital si stupirebbero nel constatare che la parola comunismo non vi compare mai (*).

Una variante del medesimo truismo è quella secondo la quale l’oggetto dell’indagine marxiana non sarebbero le leggi e le categorie del modo di produzione capitalistico e i rapporti di produzione e di scambio che gli corrispondono, bensì il capitalismo della sua epoca, quello dell’Inghilterra ottocentesca.

Accreditata, specie tra le persone più alfabetizzate, è un'altra variante ancora, secondo la quale Marx, nella sua critica al capitalismo, ha senz’altro posto in luce talune contraddizioni e distonie, più sul lato etico che da quello scientifico, e tuttavia si tratterebbe di “teorie” smentite quantomeno dall’esperienza storica concreta (**), la stessa esperienza storica sacralizzata per decenni dall’opportunismo politico di personaggi che ora professano il liberismo in modo feticistico.

C’è poi chi, non da oggi, “riscopre” Marx con elaborazioni sia esterne alla tradizione marxista, sia vicine o perfino interne ad essa, ma con un utilizzo non rigoroso e coerente delle categorie e del metodo e che conducono infine a concezioni del tutto estranee alla concezione materialistica e dialettica del mondo e della storia.

Queste riproposizioni e riscoperte di Marx hanno riscosso e riscuotono successo per la loro sostanziale affinità con visioni interne al pensiero idealistico dominante, d’impronta perfino proudhoniana, per la loro più semplice accessibilità, capacità di suggestione e di convincimento.

E anche laddove in queste “riscoperte” di Marx non scompaia la contraddizione del rapporto tra chi produce ricchezza e chi se ne appropria, e, dunque, si confermino le radici stesse dell’ineguaglianza e dell’ingiustizia, tuttavia sfuma la centralità della contraddizione da cui trae origine la crisi generale-storica del modo di produzione e il carattere storico e transitorio della forma-valore. Da ciò deriva un’opposizione etica al capitalismo che devia dal progetto e dalla necessità di una radicale trasformazione dei rapporti di produzione.

(*) Tanto per esemplificare: nel volume pubblicato da Marx con il titolo Il Capitale, critica dell’economia politica, la parola “comunismo” non compare mai; il termine “comunista”, compare una sola volta in una nota a riguardo dell’impiego delle macchine nella “società comunista”; la locuzione “società socialista” vi compare alcune volte, per esempio laddove la grande industria matura gli elementi di formazione della “società socialista”, oppure a proposito della scomparsa del pluslavoro e limiti della giornata lavorativa nella “società socialista”; e poco altro.

(**) Le conseguenze di quelle esperienze storiche determinarono, tra l’altro, un crescente degrado teorico e logorio politico, fino al loro collasso. È malafede e ignoranza credere che quelle società avessero qualcosa a che fare con il socialismo o il comunismo, tantomeno con Marx. Sarebbe come credere che nelle nostre società la sovranità appartiene al popolo perché si va a votare.





3 commenti:

  1. È più difficile stabilire se questa seconda prospettiva farà effettivamente seguito alla prima

    ma e' ormai sicuro che la "seconda" potrà essere generata solo dalla "prima".Ed essendo, in queste condizioni, anche "la seconda" un sicuro bagno di sangue abbiamo di sicuro un futuro veramente tragico :-(
    ws

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  2. Condivido il post e il commento di ws, sarà bloodshed dopo una guerra globale violenta, chi sopravviverà maledirà di non essere morto, come profetizzano i menagrami millenaristi? Mah, certo è che il futuro è di colore nero cosmico, non si dice che abbiamo, in Europa goduto, di 76 anni di pace e benessere? Troppi, troppi, ahimè.
    Caifa.

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  3. Sì, i temi sono sempre i medesimi nei lustri; in effetti scriveva:
    ..C’è una parola che ormai è stata a tal punto espunta dal pubblico dibattito che nessuno s’azzarda a pronunciare se non con un sottinteso vituperio: comunismo! E per comunismo s’intende anzitutto il totalitarismo stalinista e maoista delle esperienze novecentesche. Quelle società del “socialismo reale” in effetti rappresentavano solo un sistema capitalistico di Stato. Sarebbe troppo lungo in questa sede analizzare la reale natura di quei sistemi e le condizioni storiche nelle quali essi presero forma e degenerarono in gulag a cielo aperto."

    Si univa una parentesi escatologica : "Paradossalmente, presto o tardi, volenti o nolenti, consapevoli o no, diventeremo tutti marxisti (o giù di lì)." (*)

    Ma da qui è molto difficile muoversi. Economisti e opinionisti seriali non si muoveranno di certo perchè avrebbero molto o qualcosa da perdere (come si dice negli USA, non sarà il tacchino ad anticipare la data del natale), mentre per la base che ho frequentato e frequento il testo marxiano è poco appetibile - sì si sfoglia - e l'apprezzamento per un prodotto culturale spesse volte passa per la sensazione di essere fra i pochi eletti che lo possano capire.
    La traduzione - nel senso della loro semplificazione per l'accessibilità - e diffusione, diventa difficile se non impossibile, ciò che veniva descritto come educazione permanente delle masse oggi non trova più la medesima volontà di sacrificio e si scontra con la bibbia di beautiful.

    "conflitto armato generale e quella di una rivoluzione sociale senza precedenti" ...... tanto poi a pagare sono sempre gli stessi.

    E' vero che con la veneranda età l'abbattimento ormonale ci regala una grande lucidità interiore, non ci resta quindi che accompagnare con Winterreise di Schubert l'ottimismo geriatrico.
    Mai na gioia.

    (*) per la biografia è ancora presto, non si monti la testa prof :-)

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