Il
motivo principale per il quale continuo ad occuparmi degli editoriali di
Eugenio Scalfari – ossia a scriverne in questo blog posto ai margini della
costellazione di Orione – è dato dal fatto che essi rappresentano un veicolo
importante di trasmissione di quelle opinioni che vanno a formare quella che
poi chiamiamo ideologia dominante. Un altro motivo sta nel mio divertimento a
leggere e commentare ogni domenica le verità di base di questo grande
intellettuale che sempre più aspira alla citazione postuma come filosofo.
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Questa
domenica, Scalfari, parlando degli eventi tragici ma non imprevedibili di
Parigi, decide di affrontare la questione “assai complessa” che “riguarda la
libertà, che cosa significa, da dove ci viene”. Niente di meno. Prepariamoci.
«Ebbene, noi non siamo
liberi se non per un istinto e per la natura che contraddistingue la nostra
specie da quella degli altri animali. La nostra natura possiede la capacità di
guardare noi stessi mentre viviamo. È questa capacità che ci fa diversi da tutti
gli altri animali. Noi ci guardiamo agire, vivere, invecchiare e sappiamo anche
di dover morire.»
Detta
così e a dar retta al senso comune non ci sarebbe da cambiare una virgola, e
invece in queste parole c’è tutto l’equivoco borghese sul concetto di natura e su quello di libertà, laddove il primo viene ad
assumere, come si vedrà, una dimensione astratta e l’altro i tratti
dell’enunciazione stereotipata e tautologica.
Secondo
Scalfari a distinguerci dalle altre specie animali (o vitali, come preferisce)
sarebbe la nostra natura. Ciò che
sfugge a Scalfari, a tutti i riduzionisti e agli innatisti, è il non vedere che
tale “natura” è essenzialmente storica, il non tenere sufficientemente conto
della distinzione fra ciò che è culturale, storico e sociale nello sviluppo
psichico umano e nelle complesse forme culturali del comportamento, e ciò che
invece è istintivo, naturale e biologico.
In
altri termini, il riduzionismo antropologico alla Scalfari identifica tout
court l’essere umano con l’individuo concreto e non già l’essere umano nella
concreta materia sociale e nelle sue forme di esistenza storicamente
determinate. Non deve dunque stupire che per i riduzionisti l’individuo in sé
possa assumere di volta in volta l’aspetto di qualunque fantasma, e che la libertà diventi un portato della sua stessa natura. L’uomo naturalmente libero!