martedì 1 settembre 2015

Psicologi


Il tasso di disoccupazione dei giovani è al massimo storico: 44,2%. Il tasso di occupazione dei giovani è al minimo storico: 14,5%. Così anche in generale: giù l'occupazione al 55,8%, su la disoccupazione che ora viaggia al 12,7%, dopo aver sfiorato il 13% record a novembre.

Nel mese di giugno – ultimi dati Istat a disposizione, oggi arrivano quelli di luglio e del secondo trimestre – si sono persi 40 mila posti sull'anno prima e aggiunti 85 mila disoccupati.

Nel marzo scorso veniva varato, con l’accompagno della solita fanfara, il nuovo contratto a tempo indeterminato senza articolo 18, cioè la possibilità per i padroni di licenziare chi e come gli pare, con l’aggiunta di uno sgravio, già in vigore da gennaio, senza precedenti: zero contributi e zero Irap. Il tutto a spese di chi paga le tasse, ovviamente, mentre il padroncino ti sfreccia accanto con il suo Suv nuovo fiammante.

Ricordate? “Le imprese non hanno più alibi”, diceva la nota faccia da sberle.

Eh sì, i dati sono contrastanti: se li strombazza il Ministero del lavoro, con una lunga teoria di addizioni e sottrazioni atta a creare confusione per non far capire un cazzo alla gente, il cambio di contratto, da uno a termine a un altro a bischero sciolto, segna +1 sull’occupazione; se invece lo stesso cambio di contratto lo segnala l’Istat sulla base di una meno sofisticata operazione algebrica, il saldo occupazionale è zero.



E tuttavia un certo Pietro Ichino con sprezzo del ridicolo afferma pomposo: “La riforma sta mutando in meglio la qualità dell'occupazione: per la prima volta, dopo due decenni di auspici e discussioni, si sta facendo qualcosa di serio e di efficace per superare il dualismo tra protetti e non protetti nel mercato del lavoro”. Di che cosa si tratti l’ho già scritto in dettaglio.

Era l’articolo 18 che ostacolava gli investimenti, compresi quelli esteri. È quanto ripeteva garrulo il presidente della Confindustria non più tardi di dieci mesi fa: “Non è l’articolo 18 che crea lavoro, anzi frena gli investimenti”. E poi rincarava: “La semplificazione normativa e procedurale [cioè la libertà di licenziare] è fondamentale per consentire nuovi investimenti, sia italiani che esteri”.

Il Sole 24 ore, ossia il giornale di Confindustria, riportava il pensiero del leader dei giovani imprenditori di Confindustria, Marco Gay, per il quale l’articolo 18 andava cancellato anche “per una questione psicologica per gli investitori italiani e esteri”.

Anche Sergio Chiamparino, una vita passata quale ricercatore di scienze politiche prima di sacrificarsi alla politica nel Pd, non mancava di offrire il proprio contributo di pensiero alla scienza economica: “Se prendiamo atto della realtà si tratta di un elemento [l’art. 18]che riguarda una minoranza di lavoratori, mentre simbolicamente viene vissuto come qualcosa che crea problemi a tutti”. A tutti i padroni e ai loro servi, s’intende.

L’abolizione dell’articolo 18 è stata votata compattamente da tutto il Pd, salvo uno (Corradino Mineo). A votare a favore anche “il filosofo e teorico dell’operaismo” Mario Tronti: che cosa non si farebbe per uno stipendio come il suo.


Ad occuparsi di lavoro, di contratti e salari, di pensioni, insomma della nostra vita, c’è tutta gente che non ha mai lavorato un’ora nella sua vita. Non può essere un caso che il loro racconto della realtà è sempre diverso, opposto, a quello della gente comune. Così come non è un caso che loro fanno carriera con stipendi venti o trenta volta quelli di un operaio e i nostri figli non trovano un lavoro che, quando va bene, non sia stabilmente precario e con salari di fame.

8 commenti:

  1. nella guerra della disinformazione, vorrei segnalare un altro campo di battaglia aperto.
    il govermo del signor renzi, che sembra sempre più il figlio segreto di vanna marchi e b, dal 31 dicembre 2014 a fine giugno 2015 ha fatto aumentare il debito pubblico degli italiani di ben 68 miliardi ( dati bankitalia), una cifra chiaramente insostenibile.
    Roba da far cadere un governo immediaramente come pericolo pubblico per la collettività, viene nascosta nei trafiletti dei giornali.
    Intanto non smette un giorno di far promesse che comportano altri debiti.
    nemmeno una lira andrà nella direzione di un rilancio dell'economia italiana, ma sono già tutti impegnati per soddisfare interessi di quelle clientele di cui necessitano i voti.
    E' chiaro che questo signore, con il suo codazzo di comparsanti, non è al governo del paese per fare i nostri interessi ma al contrario, nei fatti, è lì con il preciso mandato di indebitarci sempre più.
    Poi verrà un altro esattore tipo monti con l'incarico di riscuotere: pezzi d'italia a prezzi di saldo.
    Invece il ragazzetto verrà premiato. Dato il tipo, di scarsissimo valore, come pagamento basterà un posto in qualche consiglio di amministrazione, all'onu o similia.
    rosicchierà l'osso tutto soddisfatto e girerà il mondo. g

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    1. molto vero. sulle cifre del debito ne ho parlato qualche tempo fa, e però sui media nisba.

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    2. Sì. tu giustamente ne parli perchè è una questione chiave.
      con il debito, oltre alle svendite e privatizzazioni, governano salari, pensioni, diritti, democrazia, welfare, sanità, etc, etc

      Ecco come l'arroganza impunita della disiformazione fa passare un aumento di 68 miliardi in 6 mesi come una diminuzione.

      Corriere della sera

      il dato
      Il debito scende a 2.203 miliardi
      Banca d’Italia: «E’ diminuito a giugno di 14,6 miliardi». L’incidenza dell’apprezzamento dell’euro e degli scarti di emissione sui titoli di Stato
      di Redazione Economia

      e non è solo il corriere che ha fatto titoli simili

      un abbraccio.

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    3. Sull'ultima notazione del commentatore G. mi viene da esprimere qualche dubbio: proprio perché il rignanese è giovane e ha scalato fulmineo le vette più alte del potere, mi sembra difficile sbarazzarcene. Che lo metti a fare? In Italia non so se esistono incarichi più alti (e visibili) di quello che ha coperto fin qui, all'estero non credo serva a qualcosa...

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    4. Non volevo certo fare il nostradamus de'noatri, volevo solo rilevare quale sia il vero mestiere di renzi a dispetto dell'assordante retorica della ripartenza, e indicare la ricorrenza storica delle fasi dei governi che indebitano e quelli che poi inevitabilmente arrivano per far pagare:
      sono un solo meccanismo, fronte e retro della stessa cosa, degli stessi interessi e dello stesso progetto anche se non si trovano sempre sul britannia al largo di roma.
      E sicuramente non è impossibile, ma un po' più difficile che lo stesso personaggio sia al timone in entrambe le fasi. Non certo per questioni attinenti alla decenza, ma più banalmente legate al marketing elettorale.

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  2. Non ricordo chi fece argutamente notare a suo tempo che gli esponenti del gruppo dirigente del partito nazionalsocialista tedesco, sempre con le parole lavoro e lavoratori sulle labbra, non avevano mai avuto un lavoro regolare (o un lavoro qualsiasi) in vita loro.

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