Non
ci sono più dubbi: è arrivato l’autunno. A confermarmelo un episodio
inquietante che mi crea molta apprensione. Giudicate un po’ voi. La gattona che
siede sopra la stufa di maiolica, serafica, questa mattina, mentre gli passavo
davanti, ha aperto gli occhi e mi ha guardato. Fissandomi! Credetemi, è
successo per davvero. Si dirà che non è poi un fatto così straordinario che un gatto
seduto sopra una stufa spenta apra gli occhi e ti fissi a suo modo. Ah no? Un
gatto bianco, con gli occhi sempre chiusi e un grande fiocco rosso, della Tuhn?
*
A dire il vero mi è capitato un altro episodio del genere, ma nel quale non c’entra per nulla il felino della stufa, e forse sarà per questo motivo che quando leggo notizie sulle madonnine piangenti fredde lacrime, un po’ ci credo. Questo l’accaduto: su uno scaffale, discosto, a reggere una fila di negletti librini, sta un busto di Lenin. In lega di zama, cioè zinco e rame, proviene dalla Russia, anzi dall’Urss, come prova un biglietto scritto a mano in cirillico posto nel cavo interno. Ebbene, con mio comprensibile sconcerto, quel Lenin a volte piange. Si vedono proprio le lacrime uscire dagli occhi tartari e scendere giù per le guance, fino a bagnare lo scaffale. Non una gran cosa, ma è un fatto inequivocabile che si tratti proprio di lacrime.
Non
sapendo a chi rivolgermi per un consulto, infine decisi di portare il busto dai
compagni di Lotta comunista. Si sono
fatti una risata, chiaro. Hanno detto che li stavo prendendo per il culo,
testuale. Poi devono aver pensato alla pazzia perché insistevo e parlavo
seriamente dell’accaduto. Per assecondarmi hanno detto che loro sono marxisti,
materialisti atei, e che ai prodigi proprio non ci credono. Ad ogni modo, hanno
accettato la mia proposta, ossia di tenere per qualche tempo sotto osservazione
il busto incriminato. Immagino le battute di scherno che saranno seguite. Sennonché
già il giorno dopo ho ricevuto una telefonata, dal tono allarmato, con la quale
mi si invitava, senza aggiungere alcunché, a recarmi al più presto da loro.
È
bene chiarire subito che il busto di Lenin non piangeva affatto, la cosa
insomma non aveva avuto alcun oggettivo riscontro. Perfettamente asciutti gli
occhi e le guance. E ciò smentiva, almeno fino a quel momento, quanto avevo
raccontato. La mia sorpresa, come del resto il loro sbalordimento, è stata
quella invece di vedere che il Lenin del busto aveva mutato la sua espressione.
Non più quella originale, algida e severa, bensì l’espressione di un volto che
sghignazza. Non so quali conseguenze politiche e teoriche abbia prodotto questo
fatto tra i compagni di Lotta comunista,
ad ogni modo il busto mi è stato restituito con la raccomandazione di mantenere
il segreto fino a quando non fosse stata adottata a livello centrale una linea
sul caso.
È
passato qualche anno, il volto di Lenin è ritornato come prima, serio e senza
lacrime. Dai compagni di Lotta comunista
non ho più ricevute notizie al riguardo. Né mi mandano più il giornale.
Che burlone il signor Vladimir!
RispondiEliminaCi sono più cose in cielo e in terra di quante ne sogni la nostra filosofia.
EliminaIl busto di Lenin che piange varrebbe da solo come formidabile soggetto di un grandissimo racconto, tale da lanciare l'autore nel firmamento letterario. Un racconto alla Buzzati, ma con una tonalità di ironica amarezza "politica" molto attuale.
RispondiEliminaBella storia.
RispondiEliminaQualcuno dice che il soprannaturale non esiste, ma esiste l'ignoranza dell'uomo. Ma magari si sbaglia.
E se gli portavi il gatto, a quelli di Lotta Comunista? Chissà come ti tornava indietro.
Peccato che non ci sia più Servire il Pollo.
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