lunedì 7 settembre 2015

La senatrice 5Stelle dopo l'Ambrosetti le vuole cantar chiare anche al Bilderberg


In un paese provinciale come il nostro è ovvio che a fare notizia vi sia la passerella di cazzari a Cernobbio, e dunque sia passata sotto silenzio la riunione dei ministri delle finanze del G20 e dei banchieri centrali tenutasi ad Ankara nel fine settimana. Merita dare risalto a ciò che ha detto al forum Ambrosetti la senatrice e vicepresidente della commissione bilancio Barbara Lezzi: “Noi non parliamo come gli altri partiti”. Infatti i 5Stelle quando parlano con i padroni fanno la voce grossa, tanto da dire: “Il gruppo Bilderberg? Se ci chiamano possiamo anche andarci”.

Dicevo del summit di Ankara, al termine del quale il comunicato ufficiale è stato un esercizio di pubbliche relazioni volto a mascherare il prolungarsi infinito della crisi e l'impotenza delle autorità economiche e finanziarie, tanto che con impareggiabile faccia tosta si dice che la ripresa economica globale sta guadagnando velocità!



La linea ufficiale della riunione è stata quella di accettare la spiegazione che la svalutazione della moneta cinese del mese scorso non aveva lo scopo di rafforzare la posizione di Pechino a scapito dei suoi concorrenti. Nel comunicato c’è il generico e vuoto impegno dei paesi membri ad “astenersi da svalutazioni competitive” e la promessa di “evitare persistenti disallineamenti dei tassi di cambio”. Barzellette.

Il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha detto al G20 che non vi è alcun motivo di temere un rallentamento a causa della flessione della crescita cinese, mentre Pierre Moscovici, il commissario dell'Unione europea per gli affari economici, ha elogiato “la determinazione assoluta delle autorità [cinesi] nel sostenere la crescita”. Il Direttore del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha detto che c'era stato un dialogo “estremamente confortante” e molto aperto con la Cina. Insomma, chiacchiere.

E tutto ciò all’inizio di nuove turbolenze sui mercati finanziari e nel crescente timore che gli sforzi delle banche centrali per sostenere l’economia con iniezioni di moneta vengano sommersi dalle tendenze deflazionistiche. In una nota pubblicata in vista della riunione del G20, il Fondo monetario internazionale ha riconosciuto che le sue previsioni per l'economia mondiale, fatte solo lo scorso luglio, erano già fuori moda. La crescita è sotto le previsioni negli Stati Uniti, nella zona euro, in Giappone e anche nella maggior parte dei paesi più poveri.

Aspettiamoci un aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti con relativo impatto sulla posizione finanziaria dei cosiddetti mercati emergenti e causa deflusso di capitali dalla periferia al centro dell’impero. Tali mercati stanno già sentendo gli effetti del rallentamento in Cina, cioè del loro principale mercato di esportazione, con i valori delle loro valute, in alcuni paesi asiatici del sud-est, in caduta verso livelli che non si vedevano da quasi vent’anni.

Il FMI rivedrà di nuovo verso il basso le sue previsioni economiche, già al loro livello più basso dal periodo immediatamente successivo alla crisi finanziaria del 2008-2009, nella sua prossima riunione prevista per ottobre. Un'altra indicazione del reale stato dell'economia globale sono i dati sul commercio mondiale che mostrano segnali sempre più marcati di contrazione a partire già dalla prima metà dell’anno e più nettamente che in qualsiasi periodo dopo l’abisso della crisi finanziaria alla fine dello scorso decennio.

Sette anni dopo il crollo di Wall Street, l'incapacità delle grandi potenze capitaliste e dei loro organismi economici e finanziari di elaborare una qualsiasi strategia coordinata per far fronte alla crisi è l’espressione non solo di mediocrità intellettuale, ma di qualcosa di molto più fondamentale. È il risultato della contraddizione irrisolvibile tra l’economia globale e il sistema dello Stato nazionale, che genera conflitti commerciali e valutarie e rivalità economiche e politiche che alla fine hanno sempre portato alla guerra.
  

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