In
un paese provinciale come il nostro è ovvio che a fare notizia vi sia la
passerella di cazzari a Cernobbio, e dunque sia passata sotto silenzio la
riunione dei ministri delle finanze del G20 e dei banchieri centrali tenutasi
ad Ankara nel fine settimana. Merita dare risalto a ciò che ha detto al forum
Ambrosetti la senatrice e vicepresidente della commissione bilancio Barbara
Lezzi: “Noi non parliamo come gli altri partiti”. Infatti i 5Stelle quando parlano
con i padroni fanno la voce grossa, tanto da dire: “Il gruppo Bilderberg? Se ci
chiamano possiamo anche andarci”.
Dicevo
del summit di Ankara, al termine del quale il comunicato ufficiale è stato un
esercizio di pubbliche relazioni volto a mascherare il prolungarsi infinito
della crisi e l'impotenza delle autorità economiche e finanziarie, tanto che con
impareggiabile faccia tosta si dice che la ripresa
economica globale sta guadagnando velocità!
La
linea ufficiale della riunione è stata quella di accettare la spiegazione che
la svalutazione della moneta cinese del mese scorso non aveva lo scopo di
rafforzare la posizione di Pechino a scapito dei suoi concorrenti. Nel
comunicato c’è il generico e vuoto impegno dei paesi membri ad “astenersi da
svalutazioni competitive” e la promessa di “evitare persistenti disallineamenti
dei tassi di cambio”. Barzellette.
Il
ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schäuble ha detto al G20 che non vi è
alcun motivo di temere un rallentamento a causa della flessione della crescita cinese, mentre
Pierre Moscovici, il commissario dell'Unione europea per gli affari economici,
ha elogiato “la determinazione assoluta delle autorità [cinesi] nel sostenere
la crescita”. Il Direttore del Fondo monetario internazionale, Christine Lagarde, ha detto che c'era stato
un dialogo “estremamente confortante” e molto aperto con la Cina. Insomma,
chiacchiere.
E tutto ciò all’inizio di
nuove turbolenze sui mercati finanziari e nel crescente timore che gli sforzi
delle banche centrali per sostenere l’economia con iniezioni di moneta vengano
sommersi dalle tendenze deflazionistiche. In una nota pubblicata in vista della
riunione del G20, il Fondo monetario internazionale ha riconosciuto che le sue
previsioni per l'economia mondiale, fatte solo lo scorso luglio, erano già
fuori moda. La crescita è sotto le previsioni negli Stati Uniti, nella zona euro,
in Giappone e anche nella maggior parte dei paesi più poveri.
Aspettiamoci
un aumento dei tassi d’interesse negli Stati Uniti con
relativo impatto sulla posizione finanziaria dei cosiddetti mercati emergenti e
causa deflusso di capitali dalla periferia al centro dell’impero. Tali
mercati stanno già sentendo gli effetti del rallentamento in Cina, cioè del
loro principale mercato di esportazione, con i valori delle loro valute, in
alcuni paesi asiatici del sud-est, in caduta verso livelli che non si vedevano
da quasi vent’anni.
Il
FMI rivedrà di nuovo verso il basso le sue previsioni economiche, già al loro
livello più basso dal periodo immediatamente successivo alla crisi finanziaria
del 2008-2009, nella sua prossima riunione prevista per ottobre. Un'altra
indicazione del reale stato dell'economia globale sono i dati sul commercio
mondiale che mostrano segnali sempre più marcati di contrazione a partire già
dalla prima metà dell’anno e più nettamente che in qualsiasi periodo dopo
l’abisso della crisi finanziaria alla fine dello scorso decennio.
Sette
anni dopo il crollo di Wall Street, l'incapacità delle grandi potenze
capitaliste e dei loro organismi economici e finanziari di elaborare una qualsiasi
strategia coordinata per far fronte alla crisi è l’espressione non solo di
mediocrità intellettuale, ma di qualcosa di molto più fondamentale. È il
risultato della contraddizione irrisolvibile tra l’economia globale e il
sistema dello Stato nazionale, che genera conflitti commerciali e valutarie e
rivalità economiche e politiche che alla fine hanno sempre portato alla guerra.
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