Federico
Rampini, il corrispondente dagli Usa di Repubblica
che prende “ispirazione” dagli articoli del NYT per scrivere i propri, è autore
di un nuovo saggio (L'età del caos.
Viaggio nel grande disordine mondiale). In un articolo ne fa la promozione
e il sunto, cioè descrive i fenomeni così come si presentano alla superficie,
senza indagarne le cause profonde e infischiandosene delle dinamiche che vanno
oltre la “seduzione del caos globale”.
Si
tratta di quel caos globale che permette a pochi selezionati individui tutti i
trucchi per manipolare la finanza e l’economia, ma persegue con lucidità e senza
pietà le anime comuni al più lieve strappo di quelle stesse regole.
Rampini arriva
a dire, come altri, che si tratta di una “una stagnazione secolare”, ossia “di
uno di quei periodi instabili e pericolosi dove l'ordine antico sta franando, [e]
di un ordine nuovo non c'è neppure una traccia”. Quale ordine sta franando? Vai
a saperlo, poiché Rampini si guarda bene, nei suoi articoli, dall’accostare
alla parola crisi o a caos globale un certo sostantivo che vi lascio indovinare.
E
fin qui ci stanno arrivando tutti, un po’ alla volta, diamogli tempo. E del
resto chi si prenderà mai la briga di andare a fondo dei motivi per i quali il “dominio
dell’uomo bianco” (così infine Rapini chiama il capitalismo) è entrato nella
sua fase storica di crisi generale? Non certo un corrispondente dall’America a
piè di lista.
Questo
osservatore asettico del “dominio dell’uomo bianco”, cita il ruolo che ha la
tecnologia nel mutamento, ovvero “il balzo in avanti nella robotica e
nell'intelligenza artificiale [che] minaccia di rendere inutili o subalterne
molte professioni intellettuali”. Non gli balza nemmeno per un attimo nella
zucca che lo sviluppo tecnologico, prima ancora di rendere obsolete “molte
professioni intellettuali”, riduce il tempo necessario alla produzione delle
merci, ossia crea le condizioni tecniche perché il lavoro morto prevalga sempre
più su quello vivo, mettendo in pericolo, non solo le egregie
professioni intellettuali, ma anzitutto i ben più vili mestieri manuali.
Tuttavia
di questi pericoli i padroni del mondo se ne fottono, essi hanno ben a cuore
un’altra minaccia che lo sviluppo tecnologico rende tangibile e che tanta parte
ha nel processo di accumulazione. Ma non è il caso, qui, di ripetere cose già
dette cinquanta o cento volte.
Rampini
dunque nemmeno s’immagina che tale sviluppo della tecnologia va ben oltre
l’invenzione delle bretelle per tenere su le brache agli intellettuali come
lui, e che ha come conseguenza non solo la “crisi secolare” del traballante “dominio
dell’uomo bianco”, ma che tale sviluppo nella dialettica capitalistica sancisce
il carattere storico e transitorio della
forma-valore.
Ci
può girare intorno come vuole, ma tale dinamica ha la forza delle leggi di
natura e nemmeno lui e la “sua” America ci possono fare niente. E ciò in attesa
che anche agli intellettuali del suo calibro l’appropriazione illegittima
appaia, come già per ogni precedente forma di schiavitù, per ciò che è: un
anacronismo insopportabile.
finchè agli intellettuali del suo calibro l’appropriazione illegittima comporterà comunque la sola " conseguenza" di un "lauto reddito" , per costoro niente rischio di " folgorazioni" :-)
RispondiEliminaHo letto..
RispondiEliminaL'unica cosa di virale in Rampini,e che nemmeno lui fa finta di non capirci una "sega",per non dover pronunciare"gli innominabili".
Si sa urterebbero la sensibilita'intellettuale" dei padroni.
In fondo anche Lui e'un salariato.
caino
io non disprezzerei, come arma politica, il fatto che anche i mestieri più qualificati delle classi medie sono e saranno sostituiti da intelligenze artificiali, paradossalmente creati da nuove classi medie ecc ecc
RispondiEliminanessuna sottovalutazione, ma in genere (ripeto: in genere) le professioni intellettuali non si scambiano con capitale, non producono plusvalore, perciò non hanno a che fare il carattere storico e transitorio della forma-valore ...
Eliminasì, infatti stanno belli inguaiati
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