lunedì 21 settembre 2015

L'oppio di Scalfari


Con questo post credo che sarà ancora più chiaro, semmai interessi qualcuno, il motivo per il quale mi occupo spesso degli editoriali di Eugenio Scalfari. Questi, con le sue frequenti incursioni su temi storici per trarne analogie con il presente, è un tipico esempio di spacciatore di oppio per il popolo.

Scalfari nell'editoriale di ieri prende spunto dalla situazione che si è venuta a creare in Europa a seguito delle ondate migratorie e conduce un raffronto tra l’atteggiamento attuale delle autorità politiche europee e ciò che invece accadde 150 anni or sono nella patria della libertà e della democrazia, cioè negli Stati Uniti d’America:

La discriminazione fu abolita da Lincoln con la guerra di secessione: la vittoria contro i sudisti ebbe come risultato costituzionale l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Quanto alla xenofobia, tutte le associazioni razziste, a cominciare dal Ku Klux Klan, furono soppresse e la loro ricostituzione vietata. Provvedimenti come quelli di erigere muri e sbarrare i confini da parte di singoli Stati dell'Unione sarebbero immediatamente e concretamente vietati, la polizia locale sostituita da quella federale alla quale ove si dimostrasse necessario si affiancherebbero anche reparti dell'esercito degli Stati Uniti.




Letteralmente è tutto pressoché esatto, salvo alcuni dettagli dove, come solito, si annida l’humus di cui si nutre il luogo comune. In altri termini, le cose, dopo la guerra civile americana, non sono andate così lisce come vuol far credere Scalfari. E difatti il problema razziale negli Usa è tutt’altro che superato e la notorietà di Martin King e Malcolm X poggia senz’altro nella lotta per i diritti di emancipazione dei neri la cui eguaglianza non fu affatto raggiunta con “la vittoria contro i sudisti” e le leggi costituzionali.

*

L’aura popolare che circonda la figura di Abramo Lincoln è quella che lo vede fin da subito come un paladino dell’abolizione della schiavitù. Sul suo ruolo in tal senso non ci sono dubbi, e tuttavia prima, durante e dopo la sua elezione egli promise solennemente di non interferire direttamente con lo schiavismo negli Stati del Sud. Era convinto che la Costituzione non gli accordasse un simile potere.

Scrive Bruce Levine, nel suo La guerra civile americana:

Nella primavera del 1861, Abraham Lincoln andò in guerra non per trasformare la società del Sud, ma per costringere gli Stati schiavisti che l’avevano abbandonata a ritornare nell’Unione. E tentò di raggiungere quest’obiettivo soltanto con misure militari limitate e rigorosamente calibrate, impegnandosi nel contempo a non interferire con lo schiavismo negli Stati secessionisti (pp. 360-61).

Com’è noto il lavoro schiavile rappresentava il pilastro su cui reggeva la ricchezza e la potenza degli Stati del Sud. Durante la guerra di secessione, minare tale pilastro significava anzitutto minacciare la fonte economica che alimentava gli eserciti confederati. L’Unione nel 1862 rinunciò a cercare di guerreggiare senza indisporre i suoi nemici e iniziò invece a porsi l’obiettivo di privarli del lavoro degli schiavi che li rendeva così forti.

Scrive a tale riguardo Levine:

Nel 1863, il tumulto della guerra e la politica bellica dell’Unione sempre più rivoluzionaria avevano messo decine di migliaia di uomini e donne di colore nelle condizioni di sfuggire al controllo dei loro padroni (368).

Ad ogni  modo, come riferisce lo stesso Levine, ciò che fece decidere l’attore Wilkes Booth a dire, l’11 aprile 1865, “questo è l’ultimo discorso che farà”, fu un auspicio pronunciato da Lincoln, quando si rivolse alla folla alla Casa Bianca. Egli “per la prima volta espresse in pubblico un desiderio manifestato in precedenza soltanto in privato”, e cioè che potesse essere concesso “il diritto di voto ai soldati di colore e agli uomini di colore istruiti”. Si trattava di un desiderio e lo presentava come un semplice suggerimento. E ciò bastò perché Booth sbraitasse: “Ciò significa la cittadinanza per i negri”.

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Finita la guerra civile, non per questo i neri tornarono liberi in massa. Ci volle del tempo e i vecchi padroni di schiavi cercavano di “mantenerli in una condizione il più possibile vicina allo schiavismo”, tanto che ci fu chi puntava a lasciare “le cose come stavano, ma forse con un nome diverso” da “schiavismo”. Gli ex padroni “sentivano che questo tipo di schiavismo sarebbe stato meglio di niente”. Per raggiungere questo obiettivo bastava fare ciò che i padroni facevano nell’Unione, ossia pagare un salario agli ex schiavi delle piantagioni.

Scrive Levine:

Nel 1865 e nel 1866, il successore di Lincoln, Andrew Johnson, concesse ai governi statali e locali appena eletti (dominati in molte località dagli ex leader della Confederazione) di approvare leggi destinate ad imporre “questo tipo di schiavismo” per importare la gente di colore nelle piantagioni e mantenerla in una situazione di semischiavitù” (372).

Nulla di nuovo sotto il sole, i black codes del dopoguerra non erano una novità, negavano molti diritti fondamentali agli ex schiavi liberati, compreso il diritto di circolare liberamete, di cercare nuove occupazioni e di scegliersi i datori di lavoro. Erano già stati adottati durante la guerra civile in alcuni Stati del Sud, dove gli schiavi ricevevano un salario mensile e assistenza medica. In tali casi Lincoln aveva accettato questo sistema come un passo sulla strada verso l'emancipazione graduale.

Il Congresso infine respinse i black codes soprattutto perché non intendeva tollerare “il tentativo dei latifondisti sudisti di riprendere il controllo politico del Sud e di esibire nuovamente i muscoli a Washington”. Il partito repubblicano emendò la Costituzione nel 1868 e 1870 per garantire la piena uguaglianza giuridica e il pieno diritto dei diritti politici agli ex schiavi. Ma tutto ciò ebbe un effetto molto parziale e spesso effimero, poiché le forze impegnate a ripristinare la supremazia bianca lanciarono una campagna aspra e violenta che infine ebbe la meglio.

Scrive Levine:

[…] andarono in fumo molte delle conquiste della seconda rivoluzione americana. Un’élite sudista risorta si accinse a imporre di nuovo la supremazia bianca e una tirannica disciplina del lavoro, privando gli ex schiavi liberati di molti dei loro diritti civili e politivi. Negli anni Novanta del XIX secolo si giunse a una segregazione e subordinazione ancora più assolute, ancora più rigide – il sistema Jim Crown (*), che sarebbe durato sino a oltre la metà del secolo successivo. Come ebbe a scrivere il grande storico W.E.B. Du Bois: “Gli schiavi furono liberati; stettero un breve momento al sole; poi ritornarono indietro alla schiavismo” (373-74).

Pertanto, seguendo le parole dell’ex direttore di Repubblica, a vergognarsi non dovrebbe essere solo l’Europa ma anche e soprattutto gli Stati Uniti, e non ultimo lo stesso Scalfari per il suo endorsement.


(*)  Le leggi Jim Crown furono norme locali e dei singoli Stati degli Usa emanate tra il 1876 e il 1965. Di fatto servirono a creare o mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo per i neri americani uno status definito di “separati ma uguali”. Sulle leggi Jim Crown avevo già scritto qui nel marzo scorso, cioè prima della pubblicazione del libro di Levine (uno storico assai "moderato"), uscito nelle scorse settimane per i tipi dell’Einaudi.

2 commenti:

  1. endorsement significa imparzialità in questo contesto? grazie

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  2. Grazie, ben documentato.

    Ma a scalfari i muri verso il messico non risultano perchè fatti dal governo nazionale?
    Per cui se invece dell'ungheria li facesse la ue, tutto a posto?
    L'unica differenza è quindi che le frontiere le potrebbe chiudere solo un'autorità sovranazionale?
    E la sospensione tedesca di schengen...non la cita nemmeno di striscio ...mandiamo le truppe
    E in effetti la sudditanza verso "più europa" per scalfari va in crisi solo quando rischia di non garantirgli più il suo vantaggioso status quo.
    Vergona...non ha!

    Va beh... al tuo, aggiungiamo altro antidoto alla disinformazione, segnalando un giornalista che si sta spendendo e che merita di essere diffuso. Sempre a proposito di schiavi e usa:

    Fulvio Grimaldi: Il ritorno del Condor
    http://www.pandoratv.it/?p=4059

    g

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