Con
questo post credo che sarà ancora più chiaro, semmai interessi qualcuno, il
motivo per il quale mi occupo spesso degli editoriali di Eugenio Scalfari.
Questi, con le sue frequenti incursioni su temi storici per trarne analogie con
il presente, è un tipico esempio di spacciatore di oppio per il popolo.
Scalfari nell'editoriale di ieri prende spunto dalla situazione che si è venuta a creare in Europa a seguito
delle ondate migratorie e conduce un raffronto tra l’atteggiamento attuale delle
autorità politiche europee e ciò che invece accadde 150 anni or sono nella
patria della libertà e della democrazia, cioè negli Stati Uniti d’America:
La discriminazione fu
abolita da Lincoln con la guerra di secessione: la vittoria contro i sudisti
ebbe come risultato costituzionale l'eguaglianza di tutti i cittadini di fronte
alla legge. Quanto alla xenofobia, tutte le associazioni razziste, a cominciare
dal Ku Klux Klan, furono soppresse e la loro ricostituzione vietata.
Provvedimenti come quelli di erigere muri e sbarrare i confini da parte di
singoli Stati dell'Unione sarebbero immediatamente e concretamente vietati, la
polizia locale sostituita da quella federale alla quale ove
si dimostrasse necessario si affiancherebbero anche reparti dell'esercito degli
Stati Uniti.
Letteralmente
è tutto pressoché esatto, salvo alcuni dettagli dove, come solito, si annida
l’humus di cui si nutre il luogo comune. In altri termini, le cose, dopo la
guerra civile americana, non sono andate così lisce come vuol far credere
Scalfari. E difatti il problema razziale negli Usa è tutt’altro che superato e
la notorietà di Martin King e Malcolm X poggia senz’altro nella lotta per i
diritti di emancipazione dei neri la cui eguaglianza non fu affatto raggiunta
con “la vittoria contro i sudisti” e
le leggi costituzionali.
*
L’aura
popolare che circonda la figura di Abramo Lincoln è quella che lo vede fin da
subito come un paladino dell’abolizione della schiavitù. Sul suo ruolo in tal
senso non ci sono dubbi, e tuttavia prima, durante e dopo la sua elezione egli
promise solennemente di non interferire direttamente con lo schiavismo negli
Stati del Sud. Era convinto che la Costituzione non gli accordasse un simile
potere.
Scrive
Bruce Levine, nel suo La guerra civile
americana:
Nella primavera del 1861,
Abraham Lincoln andò in guerra non per trasformare la società del Sud, ma per
costringere gli Stati schiavisti che l’avevano abbandonata a ritornare
nell’Unione. E tentò di raggiungere quest’obiettivo soltanto con misure
militari limitate e rigorosamente calibrate, impegnandosi nel contempo a non
interferire con lo schiavismo negli Stati secessionisti (pp. 360-61).
Com’è
noto il lavoro schiavile rappresentava il pilastro su cui reggeva la ricchezza
e la potenza degli Stati del Sud. Durante la guerra di secessione, minare tale
pilastro significava anzitutto minacciare la fonte economica che alimentava gli
eserciti confederati. L’Unione nel 1862 rinunciò a cercare di guerreggiare
senza indisporre i suoi nemici e iniziò invece a porsi l’obiettivo di privarli
del lavoro degli schiavi che li rendeva così forti.
Scrive
a tale riguardo Levine:
Nel 1863, il tumulto
della guerra e la politica bellica dell’Unione sempre più rivoluzionaria
avevano messo decine di migliaia di uomini e donne di colore nelle condizioni
di sfuggire al controllo dei loro padroni (368).
Ad
ogni modo, come riferisce lo
stesso Levine, ciò che fece decidere l’attore Wilkes Booth a dire, l’11 aprile
1865, “questo è l’ultimo discorso che farà”, fu un auspicio pronunciato da
Lincoln, quando si rivolse alla folla alla Casa Bianca. Egli “per la prima
volta espresse in pubblico un desiderio manifestato in precedenza soltanto in
privato”, e cioè che potesse essere concesso “il diritto di voto ai soldati di
colore e agli uomini di colore istruiti”. Si trattava di un desiderio e lo
presentava come un semplice suggerimento. E ciò bastò perché Booth sbraitasse:
“Ciò significa la cittadinanza per i negri”.
*
Finita
la guerra civile, non per questo i neri tornarono liberi in massa. Ci volle del
tempo e i vecchi padroni di schiavi cercavano di “mantenerli in una condizione
il più possibile vicina allo schiavismo”, tanto che ci fu chi puntava a
lasciare “le cose come stavano, ma forse con un nome diverso” da “schiavismo”.
Gli ex padroni “sentivano che questo tipo di schiavismo sarebbe stato meglio di
niente”. Per raggiungere questo obiettivo bastava fare ciò che i padroni
facevano nell’Unione, ossia pagare un salario agli ex schiavi delle
piantagioni.
Scrive
Levine:
Nel 1865 e nel 1866, il
successore di Lincoln, Andrew Johnson, concesse ai governi statali e locali
appena eletti (dominati in molte località dagli ex leader della Confederazione)
di approvare leggi destinate ad imporre “questo tipo di schiavismo” per importare
la gente di colore nelle piantagioni e mantenerla in una situazione di
semischiavitù” (372).
Nulla
di nuovo sotto il sole, i black codes del dopoguerra non erano una novità,
negavano molti diritti fondamentali agli ex schiavi liberati, compreso il
diritto di circolare liberamete, di cercare nuove occupazioni e di scegliersi i
datori di lavoro. Erano già stati adottati durante la guerra civile in alcuni
Stati del Sud, dove gli schiavi ricevevano un salario mensile e assistenza
medica. In tali casi Lincoln aveva accettato questo sistema come un passo sulla
strada verso l'emancipazione graduale.
Il
Congresso infine respinse i black codes
soprattutto perché non intendeva tollerare “il tentativo dei latifondisti
sudisti di riprendere il controllo politico del Sud e di esibire nuovamente i
muscoli a Washington”. Il partito repubblicano emendò la Costituzione nel 1868
e 1870 per garantire la piena uguaglianza giuridica e il pieno diritto dei
diritti politici agli ex schiavi. Ma tutto ciò ebbe un effetto molto parziale e
spesso effimero, poiché le forze impegnate a ripristinare la supremazia bianca
lanciarono una campagna aspra e violenta che infine ebbe la meglio.
Scrive
Levine:
[…]
andarono in
fumo molte delle conquiste della seconda rivoluzione americana. Un’élite
sudista risorta si accinse a imporre di nuovo la supremazia bianca e una
tirannica disciplina del lavoro, privando gli ex schiavi liberati di molti dei
loro diritti civili e politivi. Negli anni Novanta del XIX secolo si giunse a
una segregazione e subordinazione ancora più assolute, ancora più rigide – il
sistema Jim Crown (*), che sarebbe durato sino a oltre la metà del secolo
successivo. Come ebbe a scrivere il grande storico W.E.B. Du Bois: “Gli schiavi
furono liberati; stettero un breve momento al sole; poi ritornarono indietro
alla schiavismo” (373-74).
Pertanto,
seguendo le parole dell’ex direttore di Repubblica,
a vergognarsi non dovrebbe essere solo l’Europa ma anche e soprattutto gli
Stati Uniti, e non ultimo lo stesso Scalfari per il suo endorsement.
(*)
Le leggi Jim Crown furono norme
locali e dei singoli Stati degli Usa emanate tra il 1876 e il 1965. Di fatto servirono a creare o
mantenere la segregazione razziale in tutti i servizi pubblici, istituendo per
i neri americani uno status definito di “separati ma uguali”. Sulle leggi Jim
Crown avevo già scritto qui nel marzo scorso, cioè prima della pubblicazione
del libro di Levine (uno storico assai "moderato"), uscito nelle scorse settimane per i tipi dell’Einaudi.
endorsement significa imparzialità in questo contesto? grazie
RispondiEliminaGrazie, ben documentato.
RispondiEliminaMa a scalfari i muri verso il messico non risultano perchè fatti dal governo nazionale?
Per cui se invece dell'ungheria li facesse la ue, tutto a posto?
L'unica differenza è quindi che le frontiere le potrebbe chiudere solo un'autorità sovranazionale?
E la sospensione tedesca di schengen...non la cita nemmeno di striscio ...mandiamo le truppe
E in effetti la sudditanza verso "più europa" per scalfari va in crisi solo quando rischia di non garantirgli più il suo vantaggioso status quo.
Vergona...non ha!
Va beh... al tuo, aggiungiamo altro antidoto alla disinformazione, segnalando un giornalista che si sta spendendo e che merita di essere diffuso. Sempre a proposito di schiavi e usa:
Fulvio Grimaldi: Il ritorno del Condor
http://www.pandoratv.it/?p=4059
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