martedì 14 ottobre 2014

Su alcune vecchie foto di Cartier-Bresson e alcune "nuove" chiacchiere


Alla mostra in corso al museo dell’Ara Pacis dedicata ad Henri Cartier-Bresson, un fotografo sopravvalutato a tal punto da diventare un’icona (*), vi sono alcune immagini – queste sì interessanti per la loro immediatezza – che ritraggono le diverse espressioni di alcuni acquirenti nei grandi empori in contesti sociali ben diversi, per esempio in Germania o in Unione sovietica nell’immediato dopoguerra. Viene dunque da dire, guardando quelle immagini che ci sembrano remote, che la felicità appare essere irrimediabilmente legata ai consumi, al raggiungimento di un livello di benessere materiale minimo.



Ben diversa, per molti almeno, è la bulimia consumistica d’oggi. Se consideriamo le nostre stesse vicende personali, non possiamo negare che almeno talvolta ognuno di noi è preso dalla “voglia di consumo”, spesso di quel superfluo che, almeno nel momento stesso dell’acquisto, sembra appagarci. Su un simile tema sono stati formulate analisi e strizzati giudizi per tutti i gusti, e pure sul concetto stesso di superfluo s’è scialato a più non posso. Tuttavia non si può negare che la “voglia di consumo” tenda a colmare fondamentalmente l’insoddisfazione per una condizione personale che è poi riflesso di quella più generale di una società in frantumi dove i rapporti tra gli uomini adombrano sempre più a rapporti estraniati.

Che cosa ci differenzia di più dagli altri animali e ci distingue come specie se non il fatto che l’uomo è un essere cosciente, ossia che la sua vita è il suo oggetto, che la sua attività è libera? Quanto più l’uomo si allontana dal suo stato primitivo, tanto più la sua influenza sulla natura (e dunque anche sulla propria natura) assume l’aspetto dell’attività premeditata, secondo ben determinati scopi anticipatamente noti. Non fabbrica, come gli altri animali, il proprio nido, la propria abitazione, come i castori, le api, le formiche; non produce unicamente e unilateralmente solo ciò che gli serve per i suoi bisogni fisici immediati. L’animale riproduce solo per se stesso, secondo misura e bisogno, mentre l’uomo produce in modo universale, riproduce l’intera natura, predispone la misura inerente a quel determinato oggetto, e sa costruire anche secondo le leggi della bellezza. Il prodotto dell’animale appartiene al suo corpo fisico, mentre l’uomo si pone liberamente di fronte al suo prodotto.

Ecco il punto: questa stessa produzione, la trasformazione del mondo oggettivo, per l’uomo è la sua vita, per mezzo della sua attività la natura appare come la sua stessa opera e la sua realtà. L’oggetto del lavoro – osservava Marx – “è quindi l’oggettivazione della vita dell’uomo”, non soltanto come coscienza, ossia intellettualmente, ma anche “attivamente, realmente, ed [egli] si guarda quindi in un mondo che esso ha creato”.

Ma quando il lavoro diventa alienato, degradando da mezzo dell’attività autonoma e libera a merce, quando diventa condanna, oppure, come direbbe giustamente il poetico Gilioli cogliendo il lato più prosaico della faccenda, diventa sottomissione, ricattabilità, umiliazione, insomma infelicità, mezzo di mera sopravvivenza materiale, allora il lavoro perde il suo significato speciale, diventa “job” e c’è bisogno di riconfigurarlo ideologicamente in modo da "trascolorare" che in Italia un salariato su sei è disoccupato e uno su quattro è precario.

Ecco dunque le “nuove” scoperte: il lavoro non è più il primo bisogno della vita, è un’attività rivolta contro l’uomo, da lui indipendente, che non gli appartiene. Salvo dimenticarsi che non si tratta semplicemente del lavoro come concetto astratto, così come espresso in Costituzione, bensì del lavoro dal lato della produzione capitalistica.

E però resta il fatto della benedetta “domanda”, laddove il proletario, attivo o disoccupato, è stimolato incessantemente a farsi consumatore, frizzante come lo vorrebbe Matteo Renzi, oppure sussidiato come lo desidera il Gilioli, poiché questo è il solo modo che il capitale ha di realizzare il plusvalore, di riprodurre il ciclo di accumulazione e i relativi rapporti sociali.

Eh belli, se non si produce ricchezza, se non si estorce plusvalore, posto che la produzione è crollata in pochi anni di un quarto e il bello deve ancora venire (per i motivi che è sempre noioso rispiegare ai disattenti), qui succede che a dispetto di Gilioli pure il lavoro alienato, sottomesso, ricattabile, umiliato, pieno d’infelicità, diventerà (è già ridiventato) condizione per comprare qualcosa cui fare gnam-gnam.




(*) Egli stesso ne era consapevole quando affermava che «Il destino di ogni fotografo è essere incompreso o sopravvalutato». Si potrebbe soggiungere che tale destino riguarda ogni artista e, in senso più generale, ogni individuo.

10 commenti:

  1. Se la razionalità (la logica asimmetrica della veglia) e la coscienza riflessiva astratta distinguono l'uomo dagli altri animali, c'è da tener sempre presente che l'uomo non è soltanto un essere cosciente e razionale. Le sue emozioni, i suoi sentimenti nascono, si sviluppano e producono azioni con una logica che può discostarsi di molto da quella della coscienza razionale, una logica cioè che tende a perdere la asimmetria della razionalità della veglia. L’uomo non è dotato di una sola logica, semmai, direbbe Matte Blanco, è bilogico, e le due modalità sfumano gradatamente dalla veglia vigile, consapevole e attenta verso l'irrazionalità, verso il sonno e il sogno - dalla coscienza verso l’inconscio. Per cui la vita dell'uomo non è soltanto il suo oggetto consapevole e facilmente riconosciuto, ma anche l'oggetto, il prodotto di forze inconsce che interagiscono con la coscienza – e come sai c’è chi legge la realtà umana in quanto determinata più da forze inconsce, da pulsioni, che dalla coscienza e dalla razionalità, la quale sarebbe in questa ottica uno strumento di realizzazione delle mete pulsionali. Che poi la razionalità stia sfuggendo a questo compito e si stia impadronendo della rotta individuale e collettiva della specie umana, che da strumento stia diventando fine sotto la forma di tecnica, è altro scenario, altra lettura da tener presente – in questa visione delle cose la tecnica orienta il mercato, e non viceversa.

    "... l’uomo è un essere cosciente, ossia che la sua vita è il suo oggetto, che la sua attività è libera... Il prodotto dell’animale appartiene al suo corpo fisico, mentre l’uomo si pone liberamente di fronte al suo prodotto... L’oggetto del lavoro – osservava Marx – “è quindi l’oggettivazione della vita dell’uomo”, non soltanto come coscienza, ossia intellettualmente, ma anche “attivamente, realmente, ed [egli] si guarda quindi in un mondo che esso ha creato”.

    Davanti a quali prodotti l'uomo si pone liberamente? Davanti agli oggetti materiali che produce con il suo lavoro? Come in parte segnali, il lavoro umano non è soltanto costruttivo. Non solo nel senso che è quasi sempre alienato al singolo, ma anche nel senso che può essere lavoro umano contro l’uomo – lavoro di uomini per prodotti idonei alla uccisione e alla distruzione, al dominio dell’uomo sulla natura, sugli altri animali e sugli altri uomini.
    Oggettivazione della vita dell'uomo sono solo i prodotti del suo lavoro? E i suoi comportamenti al di fuori dell’attività lavorativa, la sua stessa vita in generale? Tutta determinata, infine, dalla cultura dominante e quindi dalle condizioni socio-economiche in cui vive?
    Che rapporti intercorrono tra sistema capitalistico e predisposizioni istintive dell’animale uomo? Chi sfrutta queste predisposizioni – per esempio quella di tipo orale al consumo – è a sua volta espressione di una predisposizione innata – per esempio, direbbe Adler, la egoistica volontà di potenza?

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    1. Chiedi:

      “Davanti a quali prodotti l'uomo si pone liberamente?”

      Davanti a ogni suo prodotto, che non deve essere inteso solo in senso prosaicamente materiale. L’animale non può porsi liberamente per i motivi esplicitati nel post.

      “Oggettivazione della vita dell'uomo sono solo i prodotti del suo lavoro?”

      Scrive Engels in una sua famosa lettera: «Secondo la concezione materialistica della storia, il fattore in ultima istanza determinante nella storia è la produzione e la riproduzione della vita reale. Nulla di più né Marx né io abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno travisa la questione nel senso che il fattore economico sia l’unico, egli trasforma questa proposizione in una frase astratta, assurda, che non dice nulla».

      “Che rapporti intercorrono tra sistema capitalistico e predisposizioni istintive dell’animale uomo? Chi sfrutta queste predisposizioni – per esempio quella di tipo orale al consumo – è a sua volta espressione di una predisposizione innata – per esempio, direbbe Adler, la egoistica volontà di potenza?”.

      I fisiologi dell’Ottocento (Secenov, Pavlov, ecc.) avevano posto in evidenza la capacità degli animali di riflettere la realtà circostante “tramite i segnali della stessa, rappresentanti da fenomeni e proprietà che non hanno un’importanza immediata per l’attività vitale dell’organismo, ma che sono in un determinato rapporto con altri fenomeni e proprietà importanti in senso biologico”. Definiamo questa capacità come “primo sistema di segnalazione”.

      Essendo l’uomo, in primis, un animale, il suo comportamento è condizionato anche da fattori biologici e fisiologici, ma ovviamente esso non può essere riducibile a semplici schemi di stimolo-risposta e neppure al meccanismo del riflesso condizionato. Infatti, per quanto riguarda segnatamente le funzioni psichiche dell’uomo – linguaggio, attenzione (quella che credo tu chiami “veglia”), percezione, memoria, ecc. – esse sono di gran lunga prevalenti nel determinare il suo agire.

      Il linguaggio, e cioè il sistema di parole che assolve il ruolo di segnali di questi o quei fenomeni della realtà esterna e che serve ad ogni uomo per esercitare un’influenza diretta su ogni altro uomo, è tipicamente umano e costituisce il “secondo sistema di segnalazione”. Quest’ultimo rappresenta un salto di qualità rispetto al primo, e si sovrappone ad esso dominandolo.

      La trasformazione delle sensazioni in percezioni, e queste in pensieri, e il pensiero in parole e in linguaggio, non è altro che un processo di costruzione di strumenti particolari (come “il linguaggio, le diverse forme di numerazione e di calcolo, i mezzi mnemotecnici, la simbologia algebrica, le opere d’arte, la scrittura, gli schemi, i diagrammi, le carte, i progetti, e tutti i segni possibili e così via”) del tutto sconosciuti agli animali; è il processo storico di formazione di un riflesso del mondo esterno tipicamente umano.

      Questo riflesso non si accontenta di ridarci la “fotografia” o il “film” di ciò che si svolge fuori ed indipendentemente da noi, ma ci consente di ordinare gli oggetti e le proprietà degli oggetti anche secondo schemi non dati nella natura; ci consente, cioè, di stabilire col pensiero nuove connessioni ed immaginare sempre nuove relazioni possibili tra tutti gli elementi del reale.

      In ciò consiste, appunto, la fantasia creatrice che sta alla base della definizione degli scopi dell’attività umana.

      Come gli strumenti materiali, anche gli strumenti costitutivi della psiche (o “strumenti psicologici”), dati dalla capacità di comunicare per mezzo del linguaggio e di simulare il mondo esterno attraverso immagini adeguate, hanno anch’essi una loro storia. “Soltanto impadronendosi di questi mezzi, assimilandoli, facendone parte della propria personalità e della propria attività l’uomo diventa se stesso, diventa uomo; solo come parte dell’attività umana, come strumento del soggetto psicologico – l’uomo – questi mezzi, e anzitutto il linguaggio, manifestano la loro natura. Non c’è uomo senza lingua, ma non c’è lingua senza uomo”.

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    2. Gli istinti biologici o i riflessi del primo sistema di segnalazione, in altri termini, possono essere neutralizzati e trasformati nel loro opposto per mezzo del secondo sistema di segnalazione. Scrive a tale riguardo L.S. Vygotskij che “tutte le funzioni psichiche superiori”, cioè “la natura psicologica dell’uomo”, sono soggette ad uno sviluppo “storico” e rappresentano l’insieme delle relazioni sociali interiorizzate, trasportate cioè “all’interno e divenute funzioni della personalità e forme della sua struttura”, e sottolinea come questo processo di interiorizzazione ed assimilazione di un rapporto sociale esterno sia l’effetto della penetrazione della parola nel più profondo dell’uomo.

      La crescente complessità della vita sociale che rende sempre più necessario subordinare il comportamento dell’individuo alle esigenze poste dalla società – osservava ancora Vygotskij – ha favorito il sorgere di complessi sistemi di segnalazione e dei mezzi di comunicazione che dirigono e regolano la formazione dei nessi condizionati nel cervello del singolo individuo. Per farla breve, il sistema di ingiunzioni positive e negative che assolvono il ruolo di segnali di questi o di quei comandi in cui si traduce la materialità dei diversi poteri e in primis di quello statuale, è ciò che si può definire come terzo sistema di segnalazione. Questa super coscienza rappresenta il riflesso della realtà-sistema così come essa è modulata nel cervello dell’uomo e ad essa si accompagna l’interpretazione sovradeterminata di ciò che accade nella vita sociale, nonché la definizione, anche’essa sovradeterminata, dei fini e delle attività riflessive per il loro raggiungimento nell’interesse del sistema dominante.
      In altri termini ancora, si intuisce dai concetti sopra delineati il ruolo di assoluto rilievo che nella pratica sociale ha il controllo dei media, strumenti essenziali nella selezione-formazione, trasmissione-modulazione dei relativi “codici” funzionali all’ideologia schiavistica, al mantenimento degli inganni della politica e della religione.

      Ti avevo già segnalato Lev S. Vygotskij, ti ripropongo i titoli più significativi: Storia dello sviluppo delle funzioni psichiche superiori e altri scritti, Giunti-Barbera, 1974; Pensiero e linguaggio, Giunti-Barbera, 1980; Il processo cognitivo, Boringhieri, 1980.






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    3. "... si intuisce dai concetti sopra delineati il ruolo di assoluto rilievo che nella pratica sociale ha il controllo dei media, strumenti essenziali nella selezione-formazione, trasmissione-modulazione dei relativi “codici” funzionali all’ideologia schiavistica, al mantenimento degli inganni della politica e della religione."
      Andiamo sul molto probabile, qui: per me quasi certo. Conosco Vygotskij e le teorie della scuola psicofisiologica russa - l'inconscio dei russi, come dicevamo tra noi studenti universitari, a pugno chiuso. Ma sempre più sono certo - certezza relativa in me che vale per me - che esistono predisposizioni innate, non derivanti da apprendimento, negli individui della specie Homo sapiens sapiens, e che l'ignoranza di queste predisposizioni (percettive, emotive, impulsive, cognitive) impedisce di capire la storia degli individui, dei gruppi e dell'uomo come specie - la sua storia e il suo presente. Così come sono certo che l'accento posto sui processi mentali della veglia (dei quali fa parte la capacità di attenzione consapevole, ma è solo un aspetto) sia accettabile solo in una visione che comprenda i processi mentali inconsci presi in considerazione dalle mitologie, dalla letteratura, dalla psicoanalisi occidentale - per la quale i processi mentali del sogno, come sai, sono stati usati come chiave di ingresso in quel mondo, nostro nostrissimo ma che tende a sfuggirci. Chi ignora questo mondo, lo fa spesso per timore, ed è da temere: le sue soluzioni sono infine false soluzioni, quando non sono, dettate da un eccesso di razionalità, disastrose.

      Quanto alla frase "Se ora qualcuno travisa la questione nel senso che il fattore economico sia l’unico, egli trasforma questa proposizione in una frase astratta, assurda, che non dice nulla"... mmmm...mi fermo.

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    4. Vygotskij ha molto poco a che vedere con le teorie della scuola psicofisiologica russa. quanto al mio punto di vista sulla psicoanalisi, rinvio a Freudismo di V.N. Volosinov. Certo che esistono delle predisposizioni nelle persone, chi può negarlo? dipende da cosa s'intende.

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    5. Un po' di parte, quel punto di vista! Ce ne sono stati altri. Arroccarsi non serve a nessuno, alla lunga. Utile, a mio avviso, sulla linea di questo nostro dire, è stato il dibattito su Reich - ma prima bisogna aver letto Reich, e nei suoi scritti aver intuito l'esigenza che lo muoveva. L'analisi marxista - quella de Il capitale, per intenderci - ha la precedenza, la deve avere, nella comprensione del presente, e deve essere la base cognitiva per le proposte tattiche d'emergenza. Nella comprensione più ampia e nella analisi sulla possibilità di una strategia e quale nel caso possa essere, è insufficiente, va integrata.

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  2. Beh, se Cartier-Bresson è sopravvalutato non ha che da fare una cosa semplicissima: munirsi di una reflex 50mm e scattare qualche foto così tanto per gradire. Le sopravvalutazioni lasciamole stare. Anche El Greco diceva di Michelangelo che era un grande scultore ma come pittore non valeva una cicca. E secondo me non sbagliava tanto, perchè lui dipingeva anche e non chiacchierava solo

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    1. le rivelo in fatto personale: a me la fotografia a dato da vivere per quasi quarant'anni. aggiungo: non solo C-B è sopravvalutato, ma dal punto di vista tecnico era mediocre, anzi mediocrissimo. ad ogni buon conto ognuno è libero di coltivare i propri miti. c'è gente che considera fontana o pollock degli artisti.

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    2. Perdoni l'intromissione, Olympe.
      Visto il tema e la rivelazione, mi piacerebbe segnalarle questo interessante festival che, proprio in questo periodo, si svolge in quel di Lodi:

      http://festivaldellafotografiaetica.it/it/

      Sono conscio del fatto che parliamo di centinaia di chilometri di distanza dalle sue zone, e tuttavia potrebbe essere una buona occasione per una visita in queste terre nei prossimi anni.
      Il sottoscritto sarebbe ben lieto di farle da umile guida, abitando in zona: basta un fischio :-)
      Sperando di aver fatto cosa gradita, nel perenne tentativo di sdebitarmi dell'inestimabile tesoro che da anni mi/ci mette a disposizione, la saluto amichevolmente.

      Marcos

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    3. grazie della segnalazione, si sa mai nella vita di capitare da quelle parti
      saluti cordialissimi

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