Quando il governo latita e il parlamento è ridotto al rango di una cassa per il sostentamento del clero laico, viene a determinarsi un vuoto di potere che altri corpi si sentono legittimati a occupare, a difesa dei propri interessi e anche per ambizione personale. Questo tipo di supplenza è stata posta in essere nel passato a opera di alcune componenti della magistratura, oppure della finanza e dell’economia, o del quarto potere, come nel caso attuale. Con l’espressione quarto potere non intendo riferirmi ai media, i quali non hanno potere autonomo, bensì, in senso più ordinativo che di effettiva importanza, intendo alludere allo strapotere del Vaticano, il convitato di pietra (ma mica tanto) della scena politica, economica e sociale italiana.
L’ingerenza vaticana non è una novità ma una costante persistente e del resto prevista e garantita dal recepimento dei trattati lateranensi in seno ai principi fondamentali e inalienabili della costituzione repubblicana. Un fatto questo tutt’altro che formale e che nemmeno in epoca regia e fascista era stato preso minimamente in considerazione. In sede storica oggi possiamo dire che il compromesso tra laici e cattolici con cui vennero a riconoscersi in costituzione i Patti, siglati da monarchia e fascismo con la chiesa cattolica, ha rappresentato uno dei momenti più bassi e vergognosi della resa delle forze sociali sedicenti progressiste agli interessi vaticani e della dirigenza cattolica.
L’ingerenza clericale, passati gli anni più crudi della guerra fredda, venuto il Concilio, aveva assunto un certo temperamento, quasi una sottile discrezione, fin quasi ad adombrare il sospetto che, almeno nel caso del referendum sul divorzio, il Vaticano si sia rassegnato a recitare una parte che sapeva minoritaria nel paese e soccombente in presenza di una nuova e più diffusa sensibilità laica su certi temi sociali. Lo ricordo bene, Fanfani e i suoi non ebbero l’appoggio forte, e del partito e della chiesa, così come ebbero ad auspicare.
L’ingerenza smaccata di cui dà prova in questi ultimi tempi l’alta gerarchia cattolica, ad opera peraltro di personaggi di minor caratura culturale rispetto ai loro predecessori, è dovuta in parte al fatto che la crisi politica ha aperto, come dicevo, delle possibilità che l'ambizione dei Richelieu e Mazzarino in sedicesimo non possono farsi sfuggire; ma soprattutto la chiamata a campana è in dipendenza del fatto che con la fine del berlusconismo si teme lo sfarinamento delle fila ultra-conservatrici, per cui la dirigenza vaticana vede minacciati, non già i propri privilegi, ma quella barriera alzata, anche con il sostegno di certe panze mediatiche, a difesa del suo medioevo ideologico. È anche per questo che Bersani non cessa di genuflettersi e baciare la pantofola, ma se l'operazione riesce farà la fine di Nenni e Togliatti. Ad maiòrem Dei gloriam.
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