Siccome (*) non c’è da scialare, se non per i soliti noti, e siccome ai soliti noti non si può tagliare sulle spese vive (le nécessaire, poveri coatti) allora si prende ai poveri (leggasi: meno abbienti) per dare ai ricchi, secondo i dettami dell'internazionale del rating. Monsieur le ministre, questo buon profeta di cui si cercherebbe invano un difetto come uomo, avrebbe deciso per tre aliquote Irpef: 20, 30, 40. Più l’inasprimento dell’1% dell’IVA, sia per chi tracanna con soddisfazione tavernello, sia per i perseguitati dallo scudo fiscale costretti a destreggiarsi tra i cuvée d’oltralpe. È vero che i gentleman del ministero, spinti da una malafede strettamente dipendente da posizioni personali, non hanno ancora avuto il tempo di rendere noto il livello degli scaglioni che verranno affiancati a ciascuna delle tre nuove aliquote (intanto provano a vedere che effetto che fa), ma è altrettanto certo che coloro che superano i 55.000 e i 75.000 euro questa sera possono già brindare a Champagne. Per loro il taglio dell’Irpef dall’1 al 3% è cosa fatta. Ma sciccome (e daje) si tratta di scaglioni, il risparmio è ben superiore. Siccome (è l’ultimo) la manovra è una partita di giro, cioè a costo zero, a rimetterci saranno i soliti e l'Istat avrà tutto il tempo per ragguagliarci sulla lunghezza e il diametro dell'ennesimo cetriolo.
(*) Inizio così, in memoria del mio maestro delle elementari, buonanima, morto prematuramente anche per mia causa.
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