martedì 21 giugno 2011

Alle calende greche



Qual è la situazione? Prendiamo la Grecia: ha più debiti di quanti non possa pagarne. Questo è fuori discussione e vale anche per diversi altri paesi, dal Portogallo al Belgio, passando per la Spagna. L’Italia potrebbe ridurre il proprio debito al 60% del Pil solo con un bagno di sangue della durata di non meno di vent’anni. Eventualità al di fuori di ogni realtà. Poi ci sono le banche, le cui attività superano di gran lunga il Pil dei rispettivi Stati. Le famose BNP Paribas, Credit Agricole e Soc. Generale, il cui rating è attenzionato per via dell’esposizione greca, hanno un giro d’affari pari al 237 % del Pil francese. Dexia, la banca belga, ha asset per il 180% del Pil. Ciò nonostante è da più di un anno che in Belgio non si riesce a formare un governo. Unicredit e Banca Intesa sono intorno al 100 % del Pil nostrano. Montagne di carta, di crediti e di derivati (Deutsche Bank è esposta ai derivati con una percentuale dell’attivo del 34,5%) in un gioco al cerino acceso che non può durare in eterno. Per ogni euro che queste banche hanno in cassa concedono crediti per una trentina di euro, quando va bene. Per le banche il credito diviene un semplice problema di calcolo, per le autorità di vigilanza un semplice problema di parametri (fissati da chi?). Il capitalismo tende a rendere sempre più aleatorio il rapporto tra il denaro e l’effettiva ricchezza prodotta.  Lo fa per molti motivi, ma anzitutto per contrastare la caduta tendenziale del saggio del profitto, per ovviare il passaggio tra D-M-D+ e prendere invece la scorciatoia D-D+. Ma a un dato punto la catena dei debiti, creata dal denaro nella sua funzione di mezzo di pagamento, si spezza, e la crisi che interviene in uno dei suoi punti (vedi il settore immobiliare americano nel 2008, oppure oggi il default greco) si estende a tutti i punti, divenendo generale. A questo si aggiunge la dissociazione tra produzione e consumo, laddove il valore retribuito in salari non sta in rapporto con la produzione totale e per quanto i ricchi scialino una parte del prodotto resta invenduto. Perciò da un lato si assiste ad una grande tesaurizzazione della ricchezza e dall’altra l’accrescersi della povertà relativa e della disoccupazione. Insomma, la crisi non ha una sola faccia, ma tutte le sue facce rinviano al carattere stesso del capitale.

2 commenti:

  1. Salve. Non si potrebbe usare un linguaggio più semplice, in modo da fare arrivare ai più i contenuti di questi suoi post?
    Nei miei pensieri, ci sono sempre i rincoglioniti lavoratori, lei crede che capirebbero i contenuti espressi nel post?
    Grazie.

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  2. di solito uso un linguaggio il + semplice possibile. nei post che trattano argomenti economici cerco ugualmente la semplicità. in questo caso, riconosco, non è stato così. cmq alcuni concetti, quali per esempio "la caduta tendenziale del saggio del profitto" o i "derivati" li ho già trattati in post precedenti cercando di darne, nel limite delle mie capacità, una spiegazione semplice ed esauriente. per es. in questo post:
    http://diciottobrumaio.blogspot.com/2011/04/il-casino-globale.html

    cmq terrò conto ulteriormente della richiesta, grazie a te per l'attenzione

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