sabato 11 giugno 2011

Fino al collo



Riprendo da Repubblica on-line:
Arrivano da 50 a 200 persone ogni giorno in questo luogo che non è segnalato esplicitamente  da nessun cartello stradale, mappa, cartina, freccia o indicazione. Oltre un milione di persone in un decennio per un luogo che - per molti versi- non esiste fisicamente. Un concetto. Qui per una decina di anni la Barilla ha girato gli spot del suo prodotto più venduto.

[…]Dice il gestore Augusto Costa, un brasiliano innamorato dell'Italia: "E' davvero un fenomeno curioso, arrivano anche dalla Russia e dal Giappone alla ricerca del Mulino Bianco, ci sono dei bimbi che arrivano anche con sorpreesine che si trovano nelle confezioni alimentari. Sì, sì tutti lo continuano a vedere bianco una sorta di magia collettiva. Per noi questo afflusso continuo - in dieci anni saranno stati un milione di persone al minimo - è una benedizione ma anche un problema. Come facciamo li mandiamo via?

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I più entusiasti sembrano essere proprio gli adulti, indugiano ancora un poco nell’adolescenza, anzi, non se ne vogliono separare, sono stanchi del grigiore e delle angosce della vita che vorrebbero invece orientata nella felicità. Solo che non possono, perché sono prigionieri del feticismo del consumo e delle merci, un trattamento al quale sono stati sottoposti fin dalla prima infanzia e che riguarda ormai tutta la sfera della loro attività e dell’esistenza. È la fabbrica della coscienza, dei modelli di consumo e ideologici, con i relativi funzionari che ti invitano ad aderire alla “normalità” coatta. Cercano di uscire da questo paltano e vi scivolano sempre più nel fondo, come questo caso mostra esemplarmente.

Non sappiamo più vivere la vita, non sappiamo più far festa se non in presenza dei “nostri” gadget. Ad aver vita sono le cose, non le persone. E questo rinvia alla posizione oggettiva che ciascun individuo occupa entro i rapporti di produzione materiale della vita e le forme della sua coscienza e di tante altre cose. Il meccanismo estraneazione-alienzione-feticismo opera inconsapevolmente negli individui e pur essendo un aspetto della loro attività non può essere ridotto ad una faccenda personale che si spiega al di fuori dei rapporti sociali che lo hanno prodotto come una propria interna necessità. La nostra è schizofrenia collettiva, somatizzazione di determinate condizioni secondo specificazioni di classe, di strato, di gruppo di un sistema dominato dall'interesse del capitale. Chi più lo nega e più ne è dentro fino al collo.

Detta in modo assai sbrigativo, la differenza tra un sistema di piccole e grandi oppressioni, di premi e punizioni, con un sistema di rapporti sociali liberi (poi ognuno lo chiami come vuole) e non più sottoposti alla dittatura del profitto sta, nell’essenziale, tutta qua.

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