I conflitti monetari sono solo l’espressione di conflitti più profondi dell’economia mondiale. Pertanto, la contesa sui cambi è solo un percussore destinato a far scoppiare una lotta commerciale internazionale senza quartiere. Come si è visto alla riunione di Gyeoungju, il conflitto è qualcosa di più di una contesa Cina-Usa, anche se sulla scena questi sono gli attori principali.
Le decisioni prese possono essere interpretate in diversi significati da ciascun paese e perciò sono di fatto nulle o quasi. Ognuno dei contendenti tende a pararsi il culo, non è ancora riconosciuta la vera necessità di agire nell'interesse collettivo e data la natura del sistema e del conflitto in atto è inutile sperarci troppo. Sarà solo una questione di tempo prima che uno o più paesi ricorrano a misure decise di protezionismo commerciale come l'unico strumento nazionale a sostegno di un necessario riequilibrio. Ciò comporterà – come ha detto il governatore della Banca d'Inghilterra Mervyn King – una situazione di fatto come negli anni 1930, e “portare ad un crollo disastroso delle attività in tutto il mondo. Ogni paese subirebbe conseguenze rovinose”. In tal senso King non si è detto molto fiducioso.
Garantire un’effettiva cooperazione internazionale è impossibile sotto il capitalismo, perché i conflitti sono immanenti al sistema del profitto e al sistema dello stato-nazione. Che l'economia mondiale possa un giorno essere unificata sotto il capitalismo, è un mito della propaganda.
La razionalità capitalistica ha tratto gli individui dai loro angusti àmbiti locali e tradizionali e li ha legati ad una dimensione mondiale fatta di rapporti in tempo reale; ma la demenzialità insita nei processi di valorizzazione, apparentemente razionali ma divenuti ormai una realtà folle e insostenibile, li separerà di nuovo per farne dei nemici.
Mi rendo conto che questi temi coinvolgono in genere poco o nulla, distratti come siamo da eventi di più grande momento, ma essi sono invece centrali per comprendere che se non troveremo altre vie per uscire da questo manicomio, pagheremo, ancora una volta, un prezzo altissimo. Anzi, già lo paghiamo con anticipo con la politica economica dei tagli e del supersfruttamento.
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