venerdì 8 ottobre 2010

Lo stato delle cose



Se è vero che le ideologie novecentesche ci appaiono ormai tragici e irripetibili episodi di “follia” , è altrettanto opportuno ricordare che un’epoca non può essere ricondotta quasi esclusivamente alle stravaganze di qualche singolo personaggio, così come gli attuali stretti rapporti d’interdipendenza economica non impediscono che la lotta per l’egemonia riaffiori nello scontro tra superpotenze.
In tal senso non si possono considerare le cose di oggi e, in prospettiva, quelle del prossimo futuro, senza tener conto di ciò che è stato il Novecento. Potrà sembrare ovvio ma non sono pochi coloro che sono disposti a credere che molte delle cause economiche e geopolitiche che determinarono quei conflitti, segnatamente le due guerre mondiali e la guerra fredda, siano state superate dal cosiddetto “nuovo ordine mondiale”.
L’ordine è tale finché non è messo in discussione il rapporto di forze sul quale si regge, quindi dall’interesse, dalla necessità e dalla volontà di modificarlo.
E, a tale proposito, se le dispute e le rivendicazioni territoriali possono apparire come reperti di un passato remoto, le notizie che provengono dalla Cina e Taiwan, dalla Corea, dal mar del Giappone, dall’isola di Sakhalin, dall’Indonesia non dovrebbero farci sottovalutare che, pur trattandosi apparentemente di scontri minori e di questioni forse secondarie, tali contrasti possono offrire ottimi pretesti, al momento opportuno, per aprire contenziosi più ampi e a volte incontrollabili. Non sono trascorsi ancora trent’anni dalla guerra combattuta con migliaia di vittime tra Gran Bretagna e Argentina a causa del possesso di un minuscolo scoglio oceanico.
Se è vero, p. es., che i rapporti commerciali tra Usa e Cina sono fortemente condizionati dagli interessi dalle multinazionali americane che producono in Cina ed esportano in Usa, bisogna altresì tener conto che l’establishment americano non potrà tollerare a lungo la sfida cinese a tutto campo, per esempio nei mercati africani e sudamericani, così come nella controversa questione dei cambi e dei dazi (viceversa, l’enorme surplus cinese investito nei titoli del debito pubblico Usa rappresenta per la Cina un’arma a doppio taglio).
Gli Stati Uniti sono sempre stati convinti che i propri “valori” sono da intendersi come valori assoluti e universali, e conseguentemente tendono a dare per scontato che le proprie motivazioni a sostegno del loro agire siano le più nobili, mentre reputano che quelle altrui non lo siano affatto o non abbastanza. Questa convinzione, ancora una volta e non meno che in passato, rappresenterà, al momento opportuno, il punto d’appoggio ideologico per lo scontro aperto.

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