mercoledì 6 ottobre 2010

Chi paga e chi gode


Il Dipartimento del Commercio Usa ha stimato che per tutte le aziende statunitensi gli utili al netto delle imposte del secondo trimestre 2010 sono saliti a un tasso annuo di 1.208 miliardi dollari, con un incremento del 3,9 per cento rispetto al primo trimestre e un aumento del 26,5 per cento rispetto all'anno precedente.
Strano che i profitti aziendali Usa siano in rapida ascesa nel bel mezzo della più profonda crisi economica dai tempi della Grande Depressione?  Tutto molto spiegabile. Il risultato è stato ottenuto grazie ad una politica spietata tesa ad usare la disoccupazione di massa e il taglio dei salari al fine di aumentare lo sfruttamento dei lavoratori americani e rendere l'impoverimento della classe operaia una caratteristica permanente della vita americana.
Nessuno degli altri paesi più industrializzati ha registrato un aumento dei profitti delle imprese a seguito del panico finanziario del settembre 2008 paragonabile a quella degli Stati Uniti. Non a caso, nessuno degli altri paesi occidentali è stato testimone di licenziamenti di massa su così vasta scala come è stato negli Usa.
In questa vicenda è stato essenziale il ruolo svolto dall’amministrazione Obama che, da un lato ha elargito centinaia di miliardi di dollari per il salvataggio degli speculatori, e dall’altro ha favorito un contesto economico di disoccupazione di massa permanente, cioè un’offensiva concentrica contro i salari e le condizioni dei lavoratori degli Stati Uniti, dapprima decretando la bancarotta di General Motors e Chrysler, per poi produrre decine di migliaia di licenziamenti e tagli salariali senza precedenti, come parte di un piano di salvataggio del governo in accordo con i padroni dell’auto.
Si tratta di un riallineamento fondamentale dei rapporti di classe sulla base di una drastica e permanente riduzione degli standard di vita delle classi salariate, e tuttavia le statistiche non possono fornire un’indicazione chiara della sofferenza umana e della devastazione sociale prodotta dall’arricchimento sempre più osceno della aristocrazia finanziaria che impone tutto il peso della crisi alla classe dei salariati.
Tale offensiva i padroni e la classe politica non potrebbero portarla a termine senza la collaborazione  birbantesca dei sindacati per contrastare in ogni modo l’opposizione dei salariati. Nel sindacato United Auto Workers e della AFL-CIO, l’amministrazione Obama e le élite aziendali hanno complici a cui è assicurata una partecipazione al bottino.
Sostanzialmente è quello che Marchionne vorrebbe fare in Italia, d’accordo non solo con Cisl e Uil ma anche con quel bell'imbusto del segretario CGIL.



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