Gli americani tornano sulla Luna. A più di cinquant’anni dall’ultima missione Apollo, cosa possono fare su questo grosso sasso in orbita attorno alla Terra e privo di atmosfera? Dimostrare come solito una buona dose di testosterone, ma è anche un modo di riempirsi le tasche con alcune delle sue risorse. In modalità cowboy nella nuova frontiera, ovviamente.
Ciò non mancherà di eccitare la sfera cospirativa, quella convinta che le missioni lunari non siano mai avvenute e siano state filmate in studio da Stanley Kubrick (un lavoraccio il suo). Dunque che cosa c’è di vero o almeno di verosimile in questo revival lunare?
Dopo un altro fallito lancio, il decollo dello Space Launch System (SLS) è stato posticipato. Questo razzo, il più potente mai costruito, dovrebbe spingere verso la Luna, e anche oltre, il modulo Orion, in parte progettato dagli europei. Nessun passeggero a bordo per questa missione dimostrativa Artemis-1: se tutto va bene, dopo quaranta giorni di viaggio intorno al sasso, Orion dovrebbe tornare e ammarare con i suoi paracadute nell’Oceano sempre meno Pacifico.
Questo evento dovrebbe segnare l’inizio del vasto programma Artemide, di colonizzazione, pardon, esplorazione, del nostro satellite naturale. Ma perché dopo mezzo secolo hanno deciso di stabilirvisi? Ciò non mancherà di eccitare un’altra tipologia cospirativa, e tuttavia a pensar male ... diceva il Gobbo. Non si tratta solo di pensar male, vi sono dati e fatti che portano dritti a di più di una mera ipotesi.
Le ragioni addotte, quelle nobili, fanno sognare. Leggo che Artemis I è il primo test integrato dei sistemi di esplorazione dello spazio profondo della NASA, il primo di una serie che fornirà una base per le esplorazioni umane dello spazio. Quindi i motivi prettamente scientifici, poiché anche dopo 17 missioni Apollo con sei allunaggi umani (neanche un giorno di ferie poteva prendersi Kubrick), la Luna custodisce ancora molti “misteri”.
Come si è formato il nostro satellite? Vi fu un impatto gigantesco 4,5 miliardi di anni fa tra la giovane Terra e una meteora delle dimensioni di Marte? Si dovranno prelevare rocce in profondità, quelle non alterate dall’azione dei raggi cosmici e dalle micrometeoriti che bombardano permanentemente la sua superficie.
Sulla Luna, così come su altri pianeti rocciosi, c’è la regolite (questo strato di polvere che ha immortalato i primi passi di Neil Armstrong nel 1969), che è anche una fotografia perfetta della storia del Sistema Solare e dell’attività della nostra stella. Tuttavia, polvere e sassolini non bastano più. Bisognerà andare in profondità, e già questo fatto ne fa sospettare altri.
Poi, la sacrosanta cooperazione scientifica. A differenza di quanto accaduto con Apollo, gli statunitensi andranno sulla Luna e dintorni con europei, giapponesi, canadesi, che hanno in programma di partecipare allo sforzo (anche economico), fino a realizzare, entro la fine del decennio, il Lunar Gateway, una vera e propria stazione orbitale, per succedere alla Stazione Spaziale Internazionale, essa stessa simbolo di cooperazione e pace tra popoli (stiamo vedendo!).
L’obiettivo finale: l’arrivo umano su Marte. Da parte mia, spero s’affrettino assai, non vorrei perdermi quel momento mentre sgranocchio pop-corn in poltrona davanti alla tv.
Le vere ragioni del ritorno sulla Luna sono meno esplicite: cooperazione, certo, ma a condizione di riaffermare la preminenza degli Stati Uniti nello spazio, tenendo a distanza la Cina e la Russia.
Le ambizioni spaziali del Regno di Mezzo stanno cominciando a stuzzicare l’imperialismo americano. Nel 2019, Chang’e-4 è stato il primo lancio di un orbiter, un lander e un rover per esplorare e analizzare il suolo e il sottosuolo nel lato nascosto della Luna. In un sito dove è stata rilevata in passato la presenza di acqua, un fattore determinante per i progetti di esplorazione umana e di sfruttamento delle risorse sulla Luna.
Di più: la Cina ha confermato già nel 2019 che intende costruire una stazione di ricerca scientifica nella zona del polo sud, due dei tre moduli della nuova stazione spaziale cinese sono stati assemblati in orbita bassa, e nel marzo 2021 i capi delle agenzie spaziali cinese e russa hanno firmato un accordo per lo sviluppo congiunto di una futura stazione attorno alla Luna, in concorrenza diretta con il Lunar Gateway.
Adesso i conti cominciano a tornare?
La Luna ha il buon gusto di contenere risorse che potrebbero giocare un ruolo essenziale nella nuova versione della corsa all’oro. Oltre all’abbondante ossigeno e ad alcuni metalli preziosi presenti nella regolite, la Luna custodisce imponenti riserve d’acqua, sotto forma di ghiaccio, ai poli e nei crateri rimasti in ombra. Ciò non solo permetterebbe agli equipaggi di bere e respirare sul satellite durante le lunghe missioni, ma anche di costruire infrastrutture in loco e usare le risorse presenti come carburante per rifornire di razzi. Questo tipo di stazione di servizio lunare ridurrebbe i costi di accesso allo spazio e la realizzazione di missioni esplorative più lontane, ad esempio, come detto, su Marte.
La risorsa lunare probabilmente più ambita è l’elio-3. Quasi inesistente sulla Terra, questa variante dell’atomo di elio usato per gonfiare i palloncini di compleanno potrebbe essere usata come combustibile per futuri reattori a fusione nucleare. La tecnica, ancora in fase di abbozzo, produrrebbe quattro volte l’energia dell’attuale fissione nucleare, senza generare scorie radioattive. Oggi, grazie ad applicazioni marginali, l’elio-3 è acquistato a caro prezzo e utilizzato nell’informatica, nelle tecnologie quantistiche, nella criogenia, nell’imaging biomedica, e può essere utilizzato anche per altri scopi, compresi quelli militari.
Grazie alle recenti missioni robotiche cinesi, le quantità di elio-3, presenti nella regolite, sono stimate in almeno 100.000 tonnellate, distribuite sull’intera superficie lunare. Abbastanza per fornire energia all’umanità per innumerevoli secoli e soprattutto riempire le tasche delle multinazionali minerarie.
Risultato: la lista dei candidati per l’”esplorazione” lunare non è mai stata così lunga. Le grandi potenze spaziali intendono mettere radici sulla Luna e alcune nazioni spaziali emergenti, come India, Corea del Sud, Israele ed Emirati Arabi Uniti, stanno facendo di tutto per entrare nel club. Una dozzina di società private investono in attività di sfruttamento delle risorse, e altre potrebbero seguire.
Nel 2020, gli Stati Uniti hanno redatto e offerto gli Accordi Artemis al resto del mondo, rifiutati ovviamente da Cina e Russia, che in tal caso sarebbero state messe in coda. Questa serie di principi e di regole dovrebbe inquadrare l’esplorazione e l’uso dello spazio extra-atmosferico, chiedendo in particolare che l’estrazione e l’impiego delle risorse siano “svolte in modo coerente con il trattato sullo spazio extra-atmosferico” del 1967. Quest’ultimo, tuttavia, vieta a chiunque di appropriarsi di materiali e oggetti celesti.
In palese contraddizione con ciò, nel 2015 gli Stati Uniti, attraverso un aggiornamento giuridico del proprio Space Act, hanno deciso di “intraprendere l’esplorazione commerciale e lo sfruttamento delle risorse spaziali”. È sempre stata la loro passione quella di far firmare trattati agli altri per poi raggirarli, come già successe fin da principio con i nativi americani e poi con molti altri.
Nessun commento:
Posta un commento