lunedì 11 ottobre 2021

Uguaglianza dei diritti e disuguaglianza sociale

 

Tassare l’eredità è una cosa orribile: perdi una persona cara (beh, non necessariamente amata) e, per di più, devi pagare un’imposta. Atroce, ma teniamo duro contro chi propone di togliere un po’ di caviale agli eredi di milionari deceduti.

Per fortuna ci pensò il governo DAlema a sopprimere la progressività dellimposta, con la legge 342/2000,  e il mai troppo compianto Berlusconi finalmente cancellò limposta di successione nel 2001. Però quel comunista di Prodi, nellottobre 2006, reintrodusse limposta di successione. Poca roba, ma, come dicevo, si tratta pur sempre di una tassa iniqua sulla morte dei nostri cari.

Restava aperta la questione del cosiddetto coacervo, che non è il caso di spiegare qui nel dettaglio. Fatto sta che la Corte di Cassazione con ordinanza n. 22738/2020 ha espresso il principio di separazione tra donazioni in vita e successione. Per ciascun figlio c’è una franchigia di 1 milione per quanto ricevuto con donazioni e di 1 milione per quanto ereditato. In totale, la franchigia è di 2 milioni!

Del resto, la tassazione sull’eredità si oppone al primo comandamento del liberalismo, che è: “A ciascuno secondo il suo merito”. Perciò se sei un “liberale” sei contro la tassazione sull’eredità. Se invece pensi che quello che potremmo distribuire diversamente è il patrimonio, allora sei un nostalgico dell’Urss.

Se vuoi pagare meno tasse devi essere ricco, non è novità. Succede anche con l’iva: il barbone all’angolo della strada, quando compra una maglietta a 20 euro paga la stessa aliquota iva di un milionario che ne compra una da 500. Non si può fare diversamente, dicono, e però sul patrimonio? A causa delle molteplici possibilità legali di eludere l’imposta sul reddito, i molto ricchi spendono una quota minore del loro reddito in tasse rispetto al resto della popolazione.

Si comprende il terrore dei ricchi di vedersi tassare in misura maggiore la “roba” e i quattrini sopra uno o due milioni di franchigia, e però i più netti oppositori della tassazione sull’eredità sono le persone di normale condizione economica. Non si tratta di un paradosso, bensì della conferma di tutto il resto: per esempio del fatto che quasi il 60% dei contribuenti italiani versa – al netto del bonus Renzi – l’8,98% dell’irpef, cioè 15,4 miliardi. Tutti poveri, tutti bisognosi? Per le spese sanitarie di questo 57,72% di “meno abbienti” occorrono 50,325 miliardi.

Un sincretismo d’ignoranza e speranza: pensano che fin d’ora un aumento della tassazione possa interessarli direttamente e poi la diffusa speranza che tutti possano diventare ricchi e in tal caso a soffrirne sarebbero i loro eredi, ossia i figli, i nipotini amatissimi e il loro insostituibile cagnolino.

Eppure l’eredità è una delle ingiustizie più marcate in economia, perché favorisce soprattutto quelli che ne hanno meno bisogno. Vivremo sempre di più in una società di eredi. La gloriosa generazione del baby boom (alla quale appartengo, confesso battendomi il petto) ha beneficiato di decenni di piena occupazione, aumento del valore degli immobili e, avendo ereditato dai propri genitori, è la generazione mediamente più ricca che sia mai esistita.

Quando questa generazione emetterà l’ultimo respiro, i suoi eredi saranno meno numerosi di sempre, perciò il patrimonio ricevuto in eredità da ciascuno di loro sarà mediamente più cospicuo. L’aliquota fiscale media è solo del 4% per le trasmissioni in linea diretta, cioè da genitori a figli, poco più per gli altri parenti (tenuto conto delle franchigie di cui sopra). In Francia, per esempio, i scaglioni massimi sono fino al 45% a seconda del grado di parentela.

Introdurre un’aliquota fiscale progressiva come peraltro suggerirebbe la più bella costituzione del mondo? Magari tenendo conto dell’età degli eredi, di modo che non diventino degli annoiati rentiers già a trent’anni? Non scherziamo, abbiamo una vera passione per le disuguaglianze.

Alla fine di questo bonario discorso vorrei porre all’attenzione dei signori liberali il lato divertente di questa storia: ossia l’incompatibilità tra liberalismo – ufficialmente la retorica sul merito (la fede in una società dove le disuguaglianze si fondano più sul merito e sul lavoro che sul nome e la rendita), le pari opportunità e l’assenza di privilegi – e la bassissima tassazione sulle donazioni, le eredità e le polizze vita, ossia la marcata e reale disuguaglianza di opportunità che ciò comporta.

Tutto sta in una contraddizione di base perfino banale a dirsi: la proclamata uguaglianza dei diritti del cittadino contrasta singolarmente con la disuguaglianza reale delle condizioni sociali. Cosa alla quale non aveva fatto troppo caso il sociologo Émile Durkheim (1858-1917), classista e razzista, il quale tuttavia nella sua opera più nota, La divisione del lavoro sociale, scriveva: « [...] perfino la vita domestica, con l’ereditarietà dei beni che implica e con le disuguaglianze che ne derivano, è tra tutte le forme della vita sociale quella che dipende più strettamente da cause naturali – e noi abbiamo appena visto che queste sono la negazione stessa della libertà» (Ediz. di Comunità, pp. 375-76). Predisse addirittura che le moderne società democratiche non avrebbero sostenuto a lungo l’esistenza dell’eredità e avrebbero finito per restringere il diritto di proprietà in modo che il possesso si esaurisse con la morte delle persone. Comunista!


3 commenti:

  1. Sembra che qualcosa si stia muovendo

    https://youtu.be/CbsE_CWGBVM

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    1. vedremo se è solo un fuoco di paglia, certo che il malcontento si sta diffondendo

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  2. Era un po' che attendevo lo stimolo a una seria riflessione sull'eredità. Perché l'argomento sembra essere un tabù per tutti, diventano tutti sordi, ma, cambiando l'accento, ai "sordi", e detto in romanesco, eccoli mercificati a moneta "suonante".
    Grazie di cuore per la tua attenzione Olympe, mi piacerebbe dirlo con molte più parole, ma ne sono al momento sprovvisto, puoi immaginare
    bonste

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