sabato 9 ottobre 2021

Dite a Agamben di stare tranquillo


Il coronavirus non è stato appositamente inventato e diffuso per accelerare i processi che progressivamente stanno riducendo le libertà individuali e collettive, come possono credere dei paranoidi, tuttavia si dove tener presente che l’attuale pandemia sta effettivamente dando una forte spinta a questo tipo di processi già in atto da tempo.

Ne abbiamo un esempio con quanto successo a Giorgio Agamben, reo di aver esposto la propria opinione sul green pass (non sulla vaccinazione, che comunque è di buon diritto di poter criticare) in Commissione affari costituzionali del Senato, non in un “covo” di no- vax.

Quei poveretti in carne ossa che controllano Facebook hanno deciso d’impedire la condivisione dei contenuti tutt’altro che esplosivi del video, con la seguente delirante motivazione: «Il tuo post viola i nostri standard della community in materia di disinformazione che potrebbe causare violenza fisica».

Che cosa aveva affermato Agamben di così pericoloso da poter “causare violenza fisica”? «Il vaccino è un mezzo per costringere la gente ad avere un green pass, cioè un dispositivo che permette di controllare e tracciare i cittadini».

Personalmente non sono d’accordo, per il motivo che non c’è bisogno del green pass per controllare e tracciare chicchessia. Basta qualunque smartphone: possono tranquillamente identificarci nello spazio e nel tempo. Ma questo è solo il primo livello di tracciabilità.

E poi: «I politologi sanno che le nostre società sono passate dal modello di «società di disciplina» al modello «società di controllo». Società fondate sul «controllo digitale virtualmente illimitato dei comportamenti individuali, che diventano così quantificabili con un algoritmo».

Osservo: per quanto riguarda identità digitale e sorveglianza totale tutto ciò esiste da molti anni, non c’è bisogno del green pass. Potremmo farcelo spiegare dai cinesi, dagli indiani, però non più che dagli statunitensi, così come da qualsiasi inserzionista che voglia vendere la propria merce.

È sufficiente collegarsi con un motore di ricerca, che oggi sono il crocevia attraverso il quale noi entriamo in relazione con informazioni, documenti, situazioni, indirizzi ecc.. Ti offrono uno spazio apparentemente gratis in una piattaforma, e tu in cambio gli dai i tuoi dati, cioè i contenuti che carichi e tutto ciò che riguarda il tempo, il giorno, l’ora, il dispositivo con cui fai queste operazioni, foto e messaggi personali.

Sul luogo di lavoro vesto un’identità, con gli amici un’altra, nel privato ancora un’altra e sui media non ne parliamo. Su Facebook ci sono 200 milioni di profili inesistenti, falsi, costruiti solo per fare operazioni, così come il 20% di quelli su Twitter. Al momento non gl’interessano i giochetti identitari che le persone fanno tra di loro, né fino a che punto stai giocando.

Quello che gli interessa è l’IP da cui partono i messaggi. Non solo ti portano via il tempo e i dati, ma iniziano a conoscerti. Tracciare il tuo profilo reale, catalogarti secondo opinioni politiche, gusti e tendenze sessuali (se continuo a comprare libri su Marx avrò un certo tipo di orientamento e se compro i libri su Hitler ne avrò un altro, e ciò vale per i film, gli acquisti di qualsiasi merce, ecc.) e tutto ciò che consegue viene in automatico.

Stia tranquillo Agamben, che è dotato di una sensibilità particolare ed è un fine conoscitore della composizione sociologica: al 90% tutto l’ambaradan attorno a queste cose è a scopo di lucro più che dipendere della volontà repressiva. Il suo è un piccolo e divertente momento di paranoia. Faccia come me nel momento stesso in cui penso a queste cose: ci sono qui a Venezia delle palline di gelato che si stanno sciogliendo sulle cosce rosa di una turista obesa.

Non hanno bisogno del green pass per esercitare un effettivo e largo controllo sociale. Non devono aspettare che una persona rubi una mela se attraverso il monitoraggio dei profili possono individuare delle categorie di rischio che sono quelle che più probabilmente entreranno furtivamente in un frutteto.

Ciò che vale per i “criminali” che rubano le frutta o da Bulgari, vale per qualsiasi altra forma di potenziale “criminalità” marginale, compresi quelli che si oppongono, ormai solo a parole, al nuovo totalitarismo. I “poteri” non si curano, tranne gli idioti di Facebook, dell’antagonismo blando e soporifero di un Agamben, un simpatico signore preso dal fuoco del polemista di sinistra che riscopre le sue ossessioni e le comunica in Commissione affari costituzionali del Senato, né possono aver serie preoccupazioni di siti adornati con i loghi di facebook, twitter e instagram.

Paradossalmente, ciò che li preoccupa di più è che gli elettori non vadano a votare! Vorrà pur dire qualcosa. Se per un po’ di elezioni ciò dovesse ripetersi, escogiteranno qualcosa a tale proposito. Non accadrà perché i meccanismi sono ben oliati. Ne va della stessa reputazione degli specialisti.

Noi viviamo in una democrazia libera e liberale. Su questo non ci possono essere dubbi, e ogni sforzo è teso a mantenerci in questa radicata convinzione e approssimativa realtà. Non possiamo forse dire, fare e baciare ciò che vogliamo? C’è molta differenza con la situazione cinese o russa, chi potrebbe metterlo in dubbio? È una questione di approccio, di retaggio storico-culturale e altro. Certe cose da noi non si fanno, non sarebbero permesse alla luce del sole, almeno fino a quando le circostanze lo consentiranno.


6 commenti:

  1. concordo, il Green Pass italiano è solo demagogia.
    Da questo punto di vista è già un sopperire alla mancanza di partecipazione elettorale. Dal voto di scambio al vaccino di scambio.

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  2. Va bene, Giorgio Agamben non è aggiornato sui progressi tecnologici della Società Della Sorveglianza. Ma il salto di qualità verificatosi con il GP è effettivamente macroscopico, e non ha molta rilevanza che, volendo, il potere avesse i mezzi per farlo anche prima. Prima non si azzardava, questa è la novità. Del resto, che ci sia un salto di qualità (e di quantità) è reso evidente da almeno due fattori: primo, si va a toccare l'area sacra del posto di lavoro, senza bisogno di tanti job act. Secondo, e mi scuso per la tautologia, per la prima volta la faccenda è chiara a tutti, anche a un vecchio filosofo.
    Per spiegarmi meglio: ancora vent'anni fa il customer profiling si limitava, appunto, ai customers, e procedeva per vie induttive: per esempio, la Telecom profilava i clienti in base al traffico telefonico, ricavandone rozzi ritratti limitati al reddito probabile e alle categotrie di utenti contattati. Poi intervenne Rodotà ("perché non Rodotà?" strillavano i coglioni) e la privacy invase le nostre case sotto forma di moduli da firmare e di pop-up cui acquiescere, mentre nulla della nostra vera privacy veniva risparmiato. Agamben non se n'era accorto? E chi se ne frega: se n'è accorto nel momento che il pitale è traboccato, la quale evenienza è pur sempre preoccupante.

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    1. Si va toccare il lavoro ma anche altri diritti.
      "Acquiescere" mi ha turbato ;)

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  3. siamo tutti "liberi" nella caverna

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  4. Splendido post. Allora, se è consentito baciare chi vogliamo...Olympe, sto arrivando.

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