venerdì 14 ottobre 2011

L'éminence grise/4


[qui la terza parte]

L’ultimo discorso

Per il giorno dopo, 27 ottobre, era stata fissata la visita a Gagliano, dove era stato scoperto un giacimento che sul momento aveva aperto prospettive occupazionali e acceso grandi speranze tra gli abitanti del luogo. Nel 1956 fu effettuata una prima prospezione a più di 2000m senza esito, perciò l’ingegnere capo decise di chiudere e andare altrove. L’insistenza di alcuni collaboratori lo convinse a scavare più a fondo, e così incontrarono un giacimento di metano e petrolio che si presumeva di grande portata. Il presidente Mattei vi si stava recando per inaugurare il metanodotto e per rassicurare gli abitanti che tale ricchezza avrebbe avuto una contropartita, in cambio del gas e della gasolina l’Eni prometteva l’apertura di uno stabilimento tessile. I lavori iniziarono solo tre anni dopo e la Lebole di Gagliano aprì nel 1968 dando occupazione a 450 donne. L’opificio, dopo numerose traversie e passaggi di mano, chiuse definitivamente nel 1999.

Alle 7 l’elicottero del comandante Moroni era pronto, con Mattei presero posto anche il presidente della regione D’Angelo e il giornalista americano. Alle 7,30 l’Agusta-Bell si leva per destinazione Enna. McHale fa domande a Mattei che risponde affabilmente, gli prospetta come quella terra di miseria secolare presto troverà opportunità e lavoro, infrastrutture, benessere. Parla però anche della situazione internazionale, delle minacce di guerra scaturite con la crisi dei missili a Cuba. Il velivolo atterra una quarantina di minuti dopo, dietro il municipio. Ad attenderli ci sono le autorità di Enna, prefetto e sindaco, e i tecnici minerari. La folla saluta, poi una serie di oratori a dire la loro sull'industrializzazione dell'Ennese, sulla speranza delle popolazioni locali che vivono in miseria (la provincia è una delle più depresse d'Italia). Segue un piccolo rinfresco e si riparte per Gagliano Castelferrato, dove Mattei giunge poco dopo atterrando in uno spiazzo vicino alla centrale del metanodotto, in contrada “Ariazza”, per poi proseguire in auto fino al “Piano Puleo”. Su una rupe che sovrasta il luogo c’è un enorme striscione con “W Mattei”, una folla festante lo accoglie con lancio di coriandoli e perfino scoppio di petardi, le strade pavesate con striscioni di benvenuto. Che l’ingegnere fosse molto commosso, si può ben capire.

La gioiosa accoglienza si protrae oltre il previsto, poi, affacciato a un balcone sulla piazza principale del paese, il discorso del presidente Eni, introdotto dall’on. Lo Giudice. Fu l’ultimo discorso di Mattei, un discorso programmatico sul futuro dell’isola e di Galiano, senza risparmiare riferimenti alla volontà divina. Dalla piazza si levò una voce: «Così si può levare questa miseria da Gagliano». Mattei rispose a braccio dicendo che lui stesso era nato povero ed era stato costretto a emigrare (*). Ora, però, con gli impegni assunti dall’Eni, ci sarà bisogno di manodopera e la gente emigrata potrà rientrare.

A Catania, Bertuzzi aspetta il presidente per le 13, ma a Mattei si chiede di recarsi a Nicosia, poco lontano, perché anche lì la gente lo aspetta per festeggiarlo. L’ingegnere non sa dire di no. Si tratta di un fuori programma? La questione non è ben chiara. Si parte e dopo una decina di minuti l’elicottero atterra a Nicosia. Medesime scene d’entusiasmo, cui fa seguito la colazione e infine, con un Mattei affaticato, finalmente il decollo per Catania (**). Il comandante Moroni si rende conto che il presidente è provato e gli chiede come si senta. Bene, risponde il presidente, soggiungendo: speriamo di poter arrivare a Milano prima di sera. Per il 28 ottobre è previsto un incontro importante, con il ministro Tremelloni, e una visita alla nuova raffineria dell'Anic, a San Nazzaro de’ Burgondi, nel pavese (verrà inaugurata l’anno dopo e diventerà una delle raffinerie più efficienti d’Europa). Poi c'è da preparare la delicata spedizione in Usa per firmare la pace con le Sette Sorelle. Atterrano a Catania alle 16,45.

(*) Quando lui nacque, nel 1906, suo padre era un brigadiere dei reali carabinieri, gerarchicamente superiore ai due militi che nel 1901, in una campagna di Pesaro, nel territorio di Acqualagna, avevano catturato per caso Giuseppe Musolino, il bandito più famoso di allora. A quindici anni Enrico andò a lavorare in una piccola fabbrica di letti metallici a Matelica, presso Camerino: poiché era sveglio e volenteroso, dopo pochi mesi di apprendistato gli diedero la qualifica di verniciatore e un salario fisso. Un anno dopo fu assunto nella conceria Fabretti. Nel 1926 era capo reparto, poi direttore della fabbrica fino al 1929, quando chiuse. Quindi si trasferì a Milano e venne assunto come piazzista di vernici.

(**) Perciò non risponde al vero quanto racconta molti anni dopo Tommaso Buscetta, un pentito di mafia, secondo cui Mattei il 27 ottobre partecipò a una battuta di caccia organizzata dalla mafia. Tra l’altro l’ingegnere non andava a caccia, ma era altresì un patito della pesca alla trota, come testimonia Verzotto. Per il week-end Mattei correva nella sua casetta di Anterselva, in provincia di Bolzano, se ne stava lì, senza telefono a pescare trote nel laghetto vicino. Quando aveva più tempo, ci racconta Nico Perrone, le trote le andava a pescare in Canada. Come cacciatore egli cacciava solo cervelli. Particolari questi che Buscetta e i suoi ispiratori evidentemente sconoscevano.

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