Trump si comporta come uno speculatore di borsa? Oppure, come scrive qualcuno, è un piccione sopra la scacchiera? A mio avviso stiamo trattando la cosa da un punto di vista troppo soggettivo. La decisione del rinvio dei dazi (resta in vigore la tariffa del 10 percento su tutte le merci che entrano negli Stati Uniti) è avvenuta in un momento in cui crescevano i segnali che l’intero sistema finanziario, in particolare il mercato dei titoli del Tesoro statunitense, era a pochi giorni o addirittura ore da un crollo della stessa portata delle crisi di settembre 2008, o potenzialmente anche maggiore.
La vendita massiccia dei titoli del Tesoro statunitensi – un pilastro del sistema finanziario globale – ha spinto i rendimenti in forte rialzo. Questa crescente turbolenza finanziaria è stata un fattore chiave nella decisione di Washington, che dopo la forte scossa non vuole però che la casa crolli.
Gli hedge fund e altri grandi investitori, scossi da perdite cumulative sul mercato azionario per centinaia di miliardi di dollari, si trovavano a fronteggiare richieste di margine da parte delle banche (vedi questo post), ovvero richieste di fornire fondi aggiuntivi come garanzia per mantenere le linee di credito essenziali per le loro operazioni speculative. Con il crollo dei mercati, l’unica fonte disponibile di liquidità aggiuntiva era la vendita di titoli del Tesoro.
C’erano anche segnali che gli hedge fund fossero costretti a smantellare le cosiddette “operazioni di base”, una strategia che trae profitto da piccole differenze tra il prezzo dei titoli del Tesoro e i corrispondenti contratti future. Poiché la differenza di prezzo è minima, queste operazioni si basano su una leva finanziaria gigantesca.
Va aggiunto, inoltre, che un dollaro troppo debole non può mantenere il suo ruolo di valuta di riserva globale.
Quella dei cosiddetti dazi reciproci è un’ulteriore conferma della crescente crisi economica e finanziaria dell’imperialismo americano e del suo Stato. Il nocciolo della questione relativa agli aumenti tariffari è la guerra economica contro la Cina, che tutte le fazioni dell’establishment politico e della grande borghesia statunitense considerano una minaccia all’egemonia globale americana, dunque una minaccia esistenziale, una questione di vita o di morte.
In un’epoca non lontana, un blocco economico simile a quello deciso da Washington sulle merci cinesi sarebbe stato considerato un atto di guerra. Ed è effettivamente un atto di guerra. Staremo a vedere.
il Donald si prefiggeva di risanare il bilancio federale? Tralasciando ogni considerazione morale, ha speso un miliardo di dollari in tre settimane per bombardare gli Houthi. Con risultati molto scadenti e qualche decina di civili morti, alla modica cifra di circa 18 milioni di dollari per ogni Houthi morto ammazzato. Sarà bene che almeno facciano due conti per simili imprese gloriose future.
RispondiEliminaMorvan
Hai ragione, ma a guadagnare è l'industria bellica americana. Ciao
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