Gli “esperti” di carestia e il “metodo rigoroso”, certo. Apprezzo il lavoro rigoroso della simpatica Cecilia Sala, che dimostra di saper far di conto. Del resto un po’ di ragioneria non fa male, specie se applicata a popolazioni che vivono tra resort di lusso e spiagge bianche. Lo so, lei c’è stata da quelle parti, mentre io gioco semplicemente con la tastiera. Tuttavia mi consentirà di dire la mia a mezzo di questo innocente trastullo.
Sicuramente a Zamzam, in Somalia, non se la passano meglio che nei campi profughi palestinesi. E magari anche da qualche altra parte del pianeta non se la passano troppo bene. Non si muore letteralmente d’inedia a Gaza, questo precisa Cecilia. E nemmeno di freddo, posso aggiungere a mia volta. Come molti bambini israeliani non sono morti dal ridere quando hanno visto quelli di Hamas, così migliaia e migliaia di bambini palestinesi non sono morti per aver ingerito troppo cibo.
Esistono molti modi per distruggere un popolo, per sterminare il nemico. La cosa più semplice è ovviamente quella di eliminare gli umani. Ma possiamo anche (in aggiunta) umiliarli, radere al suolo i loro ospedali, le loro strade e le loro scuole. Queste cose Cecilia le conosce meglio di me, forse come nessun altro, tranne i diretti interessati. Dunque, per quanto mi riguarda è importante sapere anche quanti sono morti di miseria, di mancanza di cure, oppure quanti hanno esagerato con la Nutella. Ma evitiamo di esagerare nel dettaglio contabile da expertise.
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Negarne la cultura, chiamarli arabi e non palestinesi, per esempio, come fanno certi giornalisti. Dire che Gaza non ha una storia, distruggerne intenzionalmente i numerosissimi siti storici. Situata all’incrocio delle rotte che dall’Egitto e dall’Arabia conducono alla Siria, è stata teatro di numerose invasioni: da parte dei Cananei (2.000 anni prima della nostra era), dei Filistei, degli Assiri, dei Babilonesi, degli Egiziani, dei Persiani, dei Greci, dei Romani, dei Bizantini, degli Arabi (nel VII secolo), dei Curdi, dei Turchi, dei Mamelucchi, degli Ottomani, eccetera. Certo, ci furono innumerevoli distruzioni ben prima della creazione di Israele, e ogni volta gli edifici venivano distrutti, poi ricostruiti, e ancora distrutti e ricostruiti. Sognavano di radere al suolo Gaza e ci sono riusciti. Di cacciarne gli abitanti, ma c’è un grande attaccamento degli abitanti di Gaza a questo patrimonio storico. Perciò, desumo, i sionisti hanno deciso di ridurre drasticamente il loro numero. Come già i nazisti.
Un’occhiata al rapporto pubblicato dall’UNESCO dall’inizio del conflitto e regolarmente aggiornato, le immagini satellitari, ecc. Attualmente sono almeno 88 i siti storici distrutti, tra cui il porto di Antedone, dove sono stati ritrovati resti i più antichi dei quali risalgono al IX secolo a.C., e il suk di Al-Qissariya, costruito nel XIV secolo. Purtroppo l’elenco è lungi dall’essere completo. Ci parli con rigore e precisione anche di questo, cara Cecilia. Resto in ascolto.
Mi viene in mente "La burocratizzazione del mondo" di Bruno Rizzi. La carestia sottoposta al vaglio dei parametri di qualche burocrate dell'ONU. Se non supera l'asticella, stiamo tranquilli che non è carestia, e pensiamo al campionato di calcio.
RispondiEliminaNaturalmente Rizzi non parlava di questo, e soprattutto non immaginava la località. Ma a volte i titoli hanno valenze dilatabili. Il fatto è che il termine "burocrazia" sta smettendo di essere usato per definire il complesso dei burocrati, per riassumere il significato etimologico: governo dei burocrati. Specie se seduti negli organismi sovranazionali.
Molti decenni fa abbiamo frequentato la stessa letteratura 🙂
EliminaCredo che Sala volesse semplicemente far notare che non esiste solo Gaza, peraltro non è certamente giornalista che lesina in servizi incentrati sulla guerra in medio oriente.
RispondiEliminacerto
EliminaSì, è incinta, ma solo un poco.
RispondiEliminabuona questa
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