La Germania dovrà affrontare ciò che per molti era impensabile: un’estrema destra alle porte del potere, se non nazionale, almeno in alcune sue regioni. Il calendario elettorale fa paura. Il 9 giugno gli elettori non voteranno solo per il Parlamento europeo ma anche per le elezioni comunali, in 7 Lander. Poi a settembre Sassonia, Turingia e Brandeburgo, tre roccaforti del partito nazionalista Alternativa per la Germania (AfD), eleggeranno i loro parlamenti regionali.
E i sondaggi prevedono che l’AfD avrà la meglio: in Turingia con il 33% delle intenzioni di voto; il 34% in Sassonia e quasi il 30% nel Brandeburgo. Per le europee i sondaggi danno i conservatori della CDU al 30% e l’AfD al 23% mentre i socialdemocratici dell’SPD scendono sotto il 10%. Se oggi si tenessero le elezioni legislative, il risultato sarebbe lo stesso delle elezioni europee, solo che forse la “sinistra” resisterebbe un po’ meglio.
È in questo contesto che il 10 gennaio il media tedesco Correctiv ha pubblicato un’inchiesta scioccante, rivelando che il 25 novembre si è tenuto a Potsdam, vicino a Berlino, un incontro destinato a rimanere segreto. Ha riunito la consigliera personale di Alice Weidel, capo dell’AfD; tre funzionari eletti dal partito; un attivista di estrema destra, Gernot Mörig, figura centrale del movimento etnicista e nostalgico del Reich; alcuni uomini d’affari e senza dubbio finanziatori dell’estrema destra; dirigenti della Werte Union (Unione dei Valori), l’ala ultraconservatrice della CDU e il leader identitario austriaco Martin Sellner.
È stato proprio quest’ultimo a puntare i riflettori esponendo il suo piano di “remigrazione” (Remigration), un concetto che non è, ufficialmente, il progetto dell’AfD, che vuole, a suo dire, limitare drasticamente gli ingressi e il diritto di asilo. Sellner dice la verità: secondo lui ci sono tre gruppi di migranti che devono lasciare la Germania: i richiedenti asilo, gli stranieri illegali e i “cittadini non assimilati”. Ovviamente in Germania il termine “cittadini non assimilati” risuona un po’ come nel 1933.
La risposta non si è fatta attendere. Le manifestazioni contro l’estrema destra hanno riunito più di un milione di persone durante il fine settimana del 21 gennaio e più di 150.000 sabato 2 febbraio a Berlino. Il cancelliere Olaf Scholz, il presidente della Repubblica federale Frank- Walter Steinmeier, grandi nomi dell’economia tedesca e nomi noti del mondo del calcio hanno espresso il loro sostegno ai manifestanti. Poi è entrato in azione l’apparato statale: la Corte costituzionale ha sospeso per 6 anni il finanziamento pubblico al piccolo partito nazionalsocialista Die Heimat, ex NPD.
E questo su un voto congiunto del governo e dei due rami del Parlamento. Certamente Die Heimat pesa solo tra lo 0,1 e lo 0,3% dei voti, ma la decisione crea un precedente che un giorno potrebbe applicarsi all’AfD, una misura meno difficile da adottare rispetto alla messa fuori legge, ma non si avrà il coraggio e forse neanche l’interesse.
Il leader della CDU, Friedrich Merz, ha annunciato che presenterà al prossimo congresso, il 6 maggio, una mozione per vietare la doppia appartenenza alla frazione Unione dei Valori e al partito, il che equivale ad escludere gli ultraconservatori, cioè circa 4.000 attivisti, di cui l’85% dell’Unione Werte, la quale ha preso l’iniziativa e ha rotto con la CDU per diventare un partito politico a pieno titolo, presieduto dall’ex capo dei servizi segreti Hans-Georg Maasen! Da parte del leader conservatore si tratta di un dietrofront: nel luglio 2023, Merz face una sconvolgente affermazione: la CDU era in sostanza come l’AfD.
La vicenda dell’incontro segreto di Potsdam ha fatto una vittima collaterale: il Rassemblement National, che siede con l’AfD al Parlamento europeo nel gruppo Identità e Democrazia. Il 25 gennaio, Marine Le Pen ha dichiarato: “Non abbiamo mai difeso alcuna “remigrazione”, nel senso che la nazionalità francese non verrebbe revocata a persone che l’hanno acquisita, anche a condizioni da noi contestate”, e ha indicato che stava considerando di non condividere più gli stessi banchi dell’AfD, che oggi conta 9 deputati. Propaganda preelettorale.
Bene la risposta alla montante reazione nazista, ma mi chiedo come si concilia tutto ciò con il riarmo tedesco, con l’espansione della Nato ad est, con l’aver accettato il diktat americano sul Nord Stream 2, eccetera. Il progetto di Lebensraum germanico verso est, da condividere con gli altri briganti della Nato, in primis gli Stati Uniti, non è mai tramontato del tutto. E nemmeno la volontà di rivincita, che si pensa possa essere colta con la prossima guerra mondiale.
La famosa editorialista tedesca Ulrike Meinhof (quest’anno ricorre il 90o della nascita), nel 1961 scriveva in Konkret un articolo dal titolo Hitler in euch (Hitler in voi). In esso denunciava il tentativo di fare di 12 anni di storia tedesca un tabù. Ella riteneva che, rispetto alle nuove generazioni, tale tentativo fosse fallito. In realtà ben presto doveva ricredersi.
L’establishment tedesco adottò un certo paradigma per affrontare il suo passato, secondo cui l nazismo in sostanza è fatto apparire come un “enigma mistico”, “un episodio demoniaco” nella storia tedesca. In realtà, come constatiamo ancora di più oggi, sia in Germania che in Italia, lo spettro del nazismo e del fascismo non se ne è mai andato perché mai sono state eliminate le radici, non solo ideologiche, che alimentano quella mala pianta.
Sono rimaste famose anche le parole pronunciate da Gundrun Ensslin all’indomani dell’assasinio di Benno Ohnesorg: “Non si può parlare con quelli che hanno fatto Auschwitz” (Ihr könnt nicht mit Leuten reden, die Auschwitz gemacht). Né, soggiungo, si può interloquire con i loro eredi politici, come fa per esempio Pierluigi Bersani il quale evita, per indulgente tatticismo, di pronunciare la parola “fascisti”.
Purtroppo dobbiamo constatare che quanto più il passato nazista e fascista diventa uno strumento di confronto rispetto al quale valutare il presente, tanto più il lavoro approfondito e serio sul passato in quanto tale si fa raro fino a scomparire.
Il tempo passa più velocemente di quello che vorremmo, e Ulrike oggi ne avrebbe 90. La vicenda di questa editorialista e dei suoi compagni mi ha sempre interessato, perché ci fa cogliere alcune essenziali differenze fra tedeschi e italiani.
RispondiEliminaCorreggo grazie
EliminaConcordo pienamente
Anche Lei è caduta nell‘inganno mediatico. Da persona di sinistra, forse vecchio stile vivente (e lavorante) da quasi 20 anni in Germania, posso assicurare che non è tornatomnessun nazismo. Che l‘inchiesta di Correctiv è ampiamente montata ad arte, che i numeri delle manifestazioni sono gonfiati e che i manifestanti sono soldatini di partiti e ong tutt‘altro che autonomi. E ancora: che la Germania ha grossi problemi economici e sociali (di vecchia data e di nuova creazione per opera degli inetti fanatici dell‘attuale governo), per i quali i soldatini di cui sopra non sono chiamati a andare in strada. Perché? Perché aumenti salariali e dei prezzi di tutto, precarietà lavorativa ecc. sono problemi causati dalle élite europee, che, per distrarre, invocano i baubau: nazisti, populisti, putinisti, e via dicendo. Chi obietta un pochino su assurde politiche migratorie, sociali, economiche, chi vorrebbe si cessassero sostegno a Ucraina e trattative diplomatiche con la Russia, o una diversa visione del problema medio-orientale (per dire alcuni temi), viene messo subito messo al bando e catalogato come, appunto, „nazista. Mi dispiace aver letto questo post. Significa che la propaganda dei „padroni“ funziona. Vivo in uno dei Länder dove AfD ha molti consensi. Parlo con la gente. Le assicuro: nessuno è nazista, anche molti stranieri, non dico voterebbero AfD, ma condividono alcune posizioni critiche su questioni migratorie. AfD, per me, criticabile, per suo programma economico, non molto diversamente quello di CDU, fdp, Verdi, parte di spd. La linke sta estinguendosi, perché, da partito di sinistra sociale e economica, è diventato gruppuscolo estremista woke. Insomma: meglio guardare le cose ad ampio raggio. Sono, come sempre, più complesse. Saluti dalla,Germania in crisi, ma non per colpa dei presunti nazisti. Massimo
RispondiEliminalei sostiene che AfD non è un partito di estrema destra, che nessuno è nazista? dunque le mie, compresi i numeri che riporto, sono fantasie, inganni.
Eliminache poi vi siano problemi di vecchia e nuova data concordo, ed infatti ricordo nel post che tutto ciò mal si concilia con le politiche dei governi che si sono succeduti.
grazie per il commento, è sempre interessante ascoltare una voce che dissente da quello che scrivo.
Sì, mi dispiace: contesto i numeri sulle manifestazioni, anche perché, come giustamente qui in Germania fanno media alternativi, anche di sx, si possono paragonare queste manifestazioni a quelle di "regime" della DDR... (e dove vivo molti si ricordano quegli anni). Potrei anche aggiungere considerazioni sociologiche sui partecipanti a questa manifestazioni, persone che mai scenderebbero in piazza per difendere posti di lavoro, pensioni, lotta al caroprezzi, per aumentare sostegni alle famiglie e tutto quello che è sociale, quello che una volta era di "sinistra". Dove lavoro, tutti quelli che occupano posti sicuri (e non sempre meritati, abssit iniuria verbis) sono i più fanatici in questa presunta "difesa della democrazia contro la destra". Che poi si fonda su due soli temi: difesa dei temi woke, difesa dell´identitarismo regressivo della gran parte della comunità musulmana (di vecchia e nuova data). Come ho scritto prima, AfD è criticabile per tanti motivi, anche per i toni. Tra l´altro sono strenui difensori di Israle, quindi la clava dell´antisemitismo (tema identificativi per scovare i "nazisti") in questo caso è spuntata. Ma da qui a vederli come nuovo pericolo nazista è, non solo errato, ma anche fuorviante. Ancora più pericoloso è pensare a un divieto. Tra l´altro, la stessa Linke è in prima fila a sostenere questo orribile provvedimento, Linke che fino a poco tempo fa era sottoposta a controllo per la (presunta) dubbia democraticità (la componente Tedesco orientale era diretta erede della SED, partito di stato nella DDR). Ora, proprio perché si è accucciata su temi molto mainstream (difesa immigrati, soprattutto musulmani; wokismo; clima; insomma sinistrismo da salotto), la Linke è diventata "salonfähig" (per dirla in tedesca), cioè è stata in larga parte sdoganata dalla gente che conta (in politica, nei media, nelle stanze del potere, soprattutto economico). Ero molto vicino alla Linke, che ho pure votato (nelle uniche elezioni a cui ho potuto partecipare come straniere, quelle locali). Ora vedo non con dolore, ma con una certa soddisfazione la sua progressiva scomparsa. Sono grande estimatore di Sahra Wagenknecht, che, non a caso, per le sue posizioni poco "ortodosse" per l´attuale sinistra (anche in tema di guerra), è stata sempre più marginalizzata e ostracizzata. Questo dovrebbe essere un segnale per capire cosa sono e significano quelle manifestazioni.
EliminaCi sarebbe molto anche da dire sul deplorevole stato dei media e della cultura in Germania, ma già ho abusato della Sua pazienza.
Per un ulteriore dibattito sono sempre disponibile. Se vuole anche per e-mail. I contatti dall´Italia con persone gradevoli e intelligenti come Lei sono sempre graditi.
Cordiali saluti
Massimo
Caro Massimo, quello di Sahra Wagenknecht è un partito specchietto per le allodole. laddove le allodole sono gli elettori in fuga. dopo le elezioni regionali nella Germania orientale, questo partito, che programmaticamente si propone di salvare il capitalismo tedesco, entrerà nei governi di coalizione locale. Lo ha annunciato come possibilità la stessa Wagenknecht. Il vicepresidente del gruppo parlamentare BSW al Bundestag, Klaus Ernst, ha affermato nella conferenza stampa di presentazione dell’Alleanza Sahra Wagenknecht – Ragione e Giustizia, che non può essere esclusa la coalizione con i tre partiti che compongono l’attuale governo federale – socialdemocratici (SPD), liberali democratici (FDP), verdi – né con i cristiano-democratici dell’opposizione (CDU). In Germania il Bündnis Sahra Wagenknecht è considerato un partito populista.
EliminaL’8 gennaio, alla presentazione, c’era anche un italo-tedesco, Fabio De Masi, già membro del Parlamento europeo e a lungo compagno di Sahra (cosa strana, è laureato all’Università di Città del Capo). Poi c’è anche Amira Mohamed Ali, che ha lavorato nell’ufficio legale di un fornitore automobilistico ed è la prima donna musulmana a capo di un gruppo parlamentare al Bundestag. Finora si è occupata soprattutto di questioni relative alla tutela dei consumatori e degli animali: cibo migliore negli asili nido e nelle scuole, meno pesticidi in agricoltura, niente animali selvatici nei circhi. Tutto questo è molto meritorio, ma non riguarda il nocciolo della questione della sinistra, la questione sociale.
Bella roba insomma.
Ciao.