giovedì 1 febbraio 2024

Il mondo nuovo di Michele Santoro

 

Il ritiro dei finanziamenti all’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi (UNRWA) da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati/servi esemplifica la loro collusione diretta con il regime di Netanyahu nel bombardare e affamare i palestinesi a Gaza, con l’obiettivo di rendere possibile a Israele d’impossessarsi anche di quel territorio. Il progetto sionista va avanti, chi non lo vede vuol dire che è in malafede, piccoli personaggi che non meritano nemmeno più di essere presi in considerazione, talmente sono pavidi, disonesti, cinici e satolli di odio preconcetto.

La sospensione dei finanziamenti avrà un impatto sull’assistenza salvavita per oltre due milioni di civili, più della metà dei quali sono bambini e adolescenti, che dipendono dagli aiuti dell’UNRWA a Gaza. La popolazione si trova ad affrontare la fame, la carestia incombente e l’epidemia di malattie a causa dei continui bombardamenti indiscriminati e della deliberata privazione degli aiuti a Gaza da parte di Israele.


Palestinesi in fila per un pasto a Rafah, nella Striscia di Gaza.

E veniamo ai casi nostri, che comunque hanno un rapporto con ciò che sta accadendo nel mondo, ossia con il fatto che non solo si stanno preparando alla guerra, ma ci stanno preparando alla guerra, che ormai non è più tabù. Solo il quando e il come è ancora da decidere, e tutto potrebbe essere affidato al caso.

Michele Santoro è tra i pochi personaggi mediatici di spessore che si stanno impegnando a favore della pace. Merita il nostro rispetto, anche se alcune domande, almeno per quanto mi riguarda, me le pongo. Egli auspica «un nuovo mondo possibile fondato sul rispetto di tutti i popoli e su pace, terra e dignità. Un mondo in cui ogni bambino, ogni donna, ogni uomo abbia diritto ad avere cibo, medicine a sufficienza e a sperare in un futuro migliore».

Come non essere d’accordo. Salvo eccepire: come fare per raggiungere tale obiettivo? Altri direbbero che è impossibile a causa di Putin, dell’imperialismo cinese, di chissà che altro. Non certo a causa del loro imperialismo economico e militare: esportano solo civiltà e democrazia, diritti umani e benessere per tutti. Si riconoscono come i benefattori dell’umanità.

La maggior parte degli americani pensa di non avere un impero. Il fatto di negare di avere un impero, cioè i fatti costitutivi dell’imperialismo, fa parte della definizione stessa di impero (*). La parola deriva dal latino imperium, designa la combinazione del potere politico e militare. L’uso moderno del termine aggiunge una dimensione geografica: è il potere esercitato da un centro su una periferia. Possiamo quindi definire un impero come un sistema centralizzato e gerarchico stabilito e perpetuato dall’esercizio di un vincolo mediante il quale un centro impone il suo dominio sulle periferie, di cui media le interazioni e all’interno delle quali organizza la circolazione delle risorse (vedi la vicenda del petrolio prima e del gas oggi, con la distruzione del gasdotto Nord Stream 2).

Tutte le strade portavano a Roma, tutto l’oro del nuovo mondo convergeva a Cadice, tutti i piani quinquennali venivano elaborati a Mosca, mentre oggi si parte da due città, Washington (la capitale dell’occidente e non solo) e New York (la capitale del capitale), da dove l’Impero americano esercita la sua autorità.

Torniamo a Michele Santoro ricordando una frase di un lord inglese che disse, riguardo all’Impero britannico: «Noi non governiamo l’Egitto, governiamo soltanto i governatori dell’Egitto». Come pensa il buon Michele sia possibile costruire un nuovo mondo fondato sul rispetto di tutti i popoli e su pace, terra e dignità, senza porre fine al sistema degli Stati nazionali e con essi al capitalismo e all’imperialismo?

Dunque ci siamo già arresi, l’ideale di un mondo senza padroni è giù nel cesso, sogniamo un nuovo mondo fondato su pace, terra e dignità mantenendo intonsi gli attuali rapporti sociali (anzitutto quelli di proprietà) che sono il fondamento del vecchio mondo così come di quello attuale e prevedibilmente di quello del prossimo futuro.

Capiamoci bene: ciò che è passato per essere il “comunismo” ha dato una pessima (eufemismo) prova di sé; ma che cosa si poteva sperare in quelle condizioni di partenza, in quella situazione di arretratezza interna e di stabile minaccia internazionale, di costruire davvero una società socialista in un angolo del pianeta? Che bastasse la statalizzazione dei famosi mezzi di produzione? Allora sarebbe bastato un decreto legge. La questione è dunque un po’ più complessa di come fu presentata a suo tempo.

La pervasività bulimica del capitale, che non ha altro scopo se non quello dell’accumulazione per l’accumulazione, con a fronte i bisogni di 8-10 miliardi di persone e tutti i problemi, vecchi e nuovi, che stanno affliggendo le nostre società e mettendo in crisi la sostenibilità del pianeta; per contro l’incapacità del capitalismo di vendere tutto ciò che produce e però alimenta un sistema finanziario di là di ogni limite razionale; la sempre più palese sconfitta dell’uguaglianza, la ricchezza accumularsi in poche mani, il debito pubblico di tutti gli Stati raggiungere livelli abnormi.

È possibile conciliare tutto ciò e il ferreo sostegno dell’ideologia neoliberista con l’ideale di un nuovo mondo fondato sul rispetto di tutti i popoli e su pace, terra e dignità? E pensa il nostro giornalista di poter condurre quale battaglia dalla tribuna di un parlamento europeo vuoto di ogni potere? Quella economica con nuove tasse sui profitti? Quella della pace anelando a quali principi rispetto a un complesso militare industriale che fattura migliaia di miliardi l’anno?

Michele Santoro e tanti come lui puntano a costruire un “nuovo mondo” mantenendo in piedi il capitalismo! Eppure sono ben consapevoli che non sarà possibile nessun nuovo mondo se non si esce dalle sabbie mobili di quello attuale. Come? Non è una ricetta di cucina che ci si passa l’un l’altro! Ancora una volta sarà la Dea Necessità a condurre per mano i ciechi e a spintonare quelli a cui oggi è ancora comodo girarsi dall’altra parte.

Scrivevano Marx ed Engels in chiusa al Manifesto: «I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Dichiarano apertamente che i loro fini possono esser raggiunti soltanto col rovesciamento violento di tutto l’ordinamento sociale finora esistente».

(*) Coercizione o diplomazia esercitata per imporre condizioni di libero scambio a una società più debole, contro la sua volontà o i suoi interessi; prestiti esteri, sostegno militare o diplomatico per indebolire gli Stati in cambio di concessioni economiche o di un’alleanza politica; intervento diretto o influenza del settore commerciale sulla politica interna degli Stati più deboli in nome del commercio internazionale e degli interessi strategici; infine, l’appropriazione da parte di trust finanziari, industriali e commerciali di alcuni settori economici di uno Stato più debole.

Anche minaccia e intervento della forza militare. Gli Stati Uniti hanno applicato lo stesso metodo nel loro emisfero con la “diplomazia del dollaro”. Tra il 1898 e il 1930 intervennero militarmente 31 volte, ovvero una volta all’anno. Si trattava di interventi militari diretti, senza formazione di colonie. Furono ripresi dopo la seconda guerra mondiale, soprattutto in Corea e Vietnam, e più occasionalmente in altri paesi. Gli Stati Uniti hanno quindi creato una rete globale di basi militari destinate a intimidire i nemici e i paesi neutrali durante la Guerra Fredda. Com’è noto, c’è stata una forte ripresa di questa politica a partire dal 2001.

5 commenti:

  1. "Capiamoci bene: ciò che è passato per essere il “comunismo” ha dato una pessima (eufemismo) prova di sé; ma che cosa si poteva sperare in quelle condizioni di partenza, in quella situazione di arretratezza interna e di stabile minaccia internazionale, di costruire davvero una società socialista in un angolo del pianeta? Che bastasse la statalizzazione dei famosi mezzi di produzione? Allora sarebbe bastato un decreto legge. La questione è dunque un po’ più complessa di come fu presentata a suo tempo"

    Dunque, Lenin sbaglió i tempi in cui realizzare il comunismo!
    La mia è una osservazione, constatazione.

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  2. Umilmente, la farei più semplice.
    Quanto prende al mese il parlamentare europeo, considerando tutti i benefits a cui ha diritto?
    E: pensa il nostro giornalista di poter condurre quale battaglia dalla tribuna di un parlamento europeo vuoto di ogni potere?
    Perché il punto è questo e Santoro ne è consapevole porcavacca!

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  3. Non ci resta che assistere sgomenti all'inesorabile corsa verso la catastrofe. Forse è proprio Necessità a guidare.
    Pietro

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    1. finché continueremo a comportarci come una colonia di topi

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  4. Santoro parla bene, esprime concetti logici ma rimane un furbetto.
    Già in passato utilizzò le elezioni europee per fini personali, venne cacciato dalla Rai dallo statista di Arcore e ne fece una battaglia contro la censura. Venne eletto a furor di popolo salvo poi abbandonare ben presto lo scranno europeo una volta reintegrato in Rai.
    Per transizione logica, il voto a Santoro alle prossime europee (se si presenterà alle elezioni) è totalmente buttato, di protesta, chiamatelo come volete ma dopo esserci messi d'accordo sull'etichetta rimane il suo un peso specifico nullo.
    Spicca nel dibattito pubblico perché argomenta, analizza, prova a spiegare la sequenza delle azioni che hanno portato l'Europa nel caos politico/economico sempre più nero.
    A nessun oratore vengono chieste soluzioni pratiche ma bellissime utopie a cui credere il giusto tempo di una scrollata in Instagram.

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