mercoledì 28 febbraio 2024

A Netanyahu non serve appiccicargli i baffetti

 

È indispensabile definire nazista Benjamin Netanyahu per manifestare la nostra indignazione di fronte al massacro indiscriminato in corso nella Striscia di Gaza? Molte persone in tutto il mondo, rappresentanti politici, personaggi pubblici o semplici anime comuni, la pensano così.

Il presidente brasiliano Luis Inácio Lula da Silva è uno di questi. Lula avrebbe potuto scegliere altri crimini contro l’umanità ancora più recenti. Il massacro perpetrato in Cambogia dai Khmer rossi tra il 1975 e il 1979 (tra 1,5 e 2 milioni di morti), per esempio. O, più vicino a noi, il genocidio dei tutsi in Ruanda, commesso tra il 7 aprile e il 17 luglio 1994 (tra 800.000 e 1 milione di morti). I misfatti degli Stati Uniti dal dopoguerra ad oggi in molte parti del mondo. Dunque, per denunciare i crimini commessi dal governo israeliano non è necessario invocare il nazismo.

E allora perché viene tracciato tale parallelismo? Perché nell’inconscio collettivo del secondo dopoguerra i nazisti sono l’incarnazione del male per eccellenza. Paragonando Netanyahu a Hitler, Lula usa un paragone comprensibile a tutti. Esagera? Personalmente quando vedo le immagini di Gaza mi vengono in mente istintivamente quelle di Varsavia. Con tutti i distinguo del caso, ma questa è precisamente l’immagine evocata.

Certo che Netanyahu non è Hitler, ma anche senza appiccicargli i baffetti il suo progetto è molto simile a quello del dittatore nazista. Hitler voleva includere nel Reich tutti coloro che secondo lui appartenevano alla stirpe germanica, qualunque cosa ciò potesse significare sul piano sia concettuale e sia concreto. Anche le minoranze ladine del bellunese, per dire. Il suo progetto era la costruzione del grande Reich germanico.

Netanyahu è pronto a ridurre in polvere la Striscia di Gaza e con essa gran parte della sua popolazione (e occupare quanto più possibile la Cisgiordania). Vuole trasformare un’impresa di conquista coloniale e territoriale in uno omicidio di massa della popolazione palestinese, non in risposta alle uccisioni terroristiche del 7 ottobre, fatto che gli serve come pretesto, ma perché egli e i suoi sostenitori puntano alla creazione della “Grande Israele”.

Come la storia dell’occupazione israeliana della Palestina conferma da quasi un secolo, che da parte dei sionisti (non solo i più estremisti) tale progetto esista e venga posto in essere con caparbietà, non è una fola. In Israele lo sanno tutti, favorevoli e contrari. Solo i sionisti e i filosionisti fuori di Israele fingono di non saperlo oppure lo negano. Del resto una opzione basata sulla coesistenza pacifica ed equa di israeliani e palestinesi, nello stesso Stato o in due Stati separati, è stata sepolta con Rabin e Arafat, che certo non sono morti di raffreddore.

1 commento:

  1. Oppure avrebbe potuto nominare uno qualsiasi dei dittatori sudamericani però la reductio ad hitlerum è più sbrigativa
    Pietro

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