Che cos’è l’inflazione salariale? Da parte dei salariati il recupero di una piccola parte del plusvalore estorto dai padroni agli operai. I padroni rispondono aumentando i prezzi delle merci e rendendo più cari i mezzi di sussistenza e di riproduzione della classe proletaria. In questo modo può innescarsi una spirale prezzi-salari, quindi l’inflazione che per i salari può trovare un argine nella cosiddetta scala mobile, ossia nel recupero almeno parziale del potere d’acquisto.
Ma ciò può avvenire solo se i proletari riconquistano un punto di vista alto, totale, in qualità e quantità, insomma all’altezza della lotta con il Capitale. In nessun programma politico degli ultimi decenni il partito erede del PCI aveva previsto il ripristino della scala mobile.
Ciò la dice lunga sul carattere di classe di questa sinistra liberale (sic!) e così di tutti gli altri partiti e movimenti politici che parlano in nome e per conto del “popolo”.
Quando la borghesia è riuscita a disarmare l’antagonismo proletario per prima cosa ha abolito la scala mobile (senza scala mobile l’inflazione è un’arma in mano ai padroni e ai loro governi). Come ha potuto farlo? Esistono sostanzialmente due versioni di questa storia. I media ci raccontano sempre la stessa versione, quella dei padroni e dei loro complici.
Non si deve mai dimenticare un fatto storico consolidato: la borghesia, che ha e mantiene il controllo della situazione, ogni volta che il proletariato alza la testa deve intervenire e sconfiggerlo per stabilire, nel modo più chiaro possibile, chi comanda e chi obbedisce, chi lavora e chi sfrutta il lavoro altrui (si chiamano rapporti sociali, di classe ovviamente).
Oggi, mentre la crisi e lo scollamento generale si aggrava e la borghesia avverte di non essere più in grado di mantenere il controllo della situazione con mezzi “normali”, si richiamano in servizio le forze più apertamente reazionarie.
La cosa non avviene a tavolino, non almeno nel senso del complotto ordito da pochi (le teorie complottistiche sono funzionali alla spettacolarizzazione). Per comprendere razionalmente lo svolgimento bisogna considerare che ciò avviene alla stregua di un processo naturale e spontaneo: laddove la volontà dei singoli agisce solo casualmente, l’intreccio di una molteplicità d’interessi convergenti garantisce per necessità che la possibilità di un certo tipo di risposta politica si traduca in realtà (*). E ciò ha come arena il mondo intero e tutti i grandi ambiti della vita sociale: l’economia, la politica, l’ideologia, la cultura, eccetera.
(*) Non solo le élite! Pensiamo alla presa del potere del fascismo. Vi erano interessati i grandi gruppi industriali, ma anche gli agrari, i latifondisti (come B. Croce), la piccola borghesia impiegatizia, i reduci di guerra che da civili non volevano più tornare al loro ruolo precedente, il Vaticano (non solo la reazione in tonaca ma anche per via della legge sulla nominatività dei titoli obbligazionari), quindi la monarchia e altri ancora. Mussolini aveva ben chiari questi interessi, per cui approfittò dello squagliamento dello Stato liberale, dell’ignavia della monarchia, della complicità degli apparati, dei danè degli industriali e della loro stampa, del marasma teorico e pratico della sinistra.
"In nessun programma politico degli ultimi decenni il partito erede del PCI aveva previsto il ripristino della scala mobile."
RispondiEliminaSe non sbaglio, il tanto decantato E. Berlinguer è stato responsabile ante litteram del l'abolizione della scala mobile.
Chiedeva sacrifici agli operai, insomma era un vero e proprio cavallo di Troia della borghesia altro che comunismo.
Non è così
EliminaCome ricorda sempre Sorgi, la stucchevole – anche dal punto di vista della classe dirigente del Belpaese – polemica sul carattere destrorso della prassi governativa dei sinistrorsi rimonta assai indietro nel tempo, e coinvolge addirittura il leader più amato dal mitico Popolo di Sinistra: Enrico Austerity Berlinguer. «Fu Enrico Berlinguer, l’ultimo grande segretario del Pci, e non certo un leader di destra, a lanciare la parola d’ordine dell’”austerità”, in un convegno al Teatro Eliseo di Roma del 1977. Senza quella svolta, Andreotti, alla guida, dal ’76 al ’79, dei governi di unità nazionale, con l’appoggio degli stessi comunisti, non avrebbe potuto bloccare la scala mobile e sostituirla, nelle buste paga, con buoni del Tesoro di cui si sviluppò, subito, negli uffici pubblici e privati, un fiorente mercato nero. E se certo non poteva essere considerato di sinistra il taglio della scala mobile, allo stesso modo non lo erano le grandi privatizzazioni (in qualche caso tra l’altro fatte a prezzi forse eccessivamente convenienti), avviate da Amato e Ciampi, e poi proseguite da Prodi e D’Alema nella prima metà degli Anni Novanta
Eliminahttps://sebastianoisaia.wordpress.com/?s=E.+Berlinguer&submit=Cerca
lei non si degna nemmeno di usare un nome qualsiasi, semplicemente vuole restare del tutto anonimo. quindi riproduce un brano di un post di altro blogger, che cita Marcello Sorgi, che è tutto dire, al solo scopo di sostenere che in definitiva l’abrogazione della scala mobile è tutta colpa di Berlinguer e del PCI. Non difendo e non assolvo il PCI, ma non va dimenticato che il PCI fu tra i pochi che si opposero a Craxi e promosse il referendum dell’85. Il clima sociale era cambiato, la composizione di classe era mutata, eccetera.
EliminaSecondo Fabio Vander, la storia del Pci, da Togliatti a Berlinguer, da Natta a Occhetto, fu parte integrante di quel moderatismo italiano, così incline all’arte del compromesso e alla politica trasformista, che da Cavour in poi rappresenta il vizio d’origine e la malattia della democrazia italiana. Una tesi che, sebbene da un punto di vista completamente diverso (direi opposto), mi sento in gran parte di condividere.
RispondiEliminaIl Pci, da Togliatti a Occhetto, non solo non fu mai un partito antiborghese, come da sempre sostiene – senza successo, mi duole riconoscerlo – chi scrive, ma non fu nemmeno un partito borghese “avanzato”, qualsiasi questo termine possa significare alle orecchie dell’intellettuale progressista. L’Occidente capitalisticamente sviluppato ha conosciuto partiti borghesi autenticamente riformisti e partiti borghesi autenticamente radicali; il Pci non fu mai né l’una n’è, tanto meno, l’altra cosa, o lo fu, tanto per essere anche noi inclini al compromesso, all’italiana, nell’accezione fortemente negativa che questa qualifica ha avuto e continua ad avere nel nostro Paese e all’estero.
https://sebastianoisaia.wordpress.com/2014/06/10/il-realismo-storico-e-politico-di-enrico-berlinguer/
ma lei è capace di scrivere qualcosa di suo? Non voglio commentare quello che scrive un altro blogger.
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