Centocinquanta anni or sono, il 5 marzo 1871, nasceva Rosa Luxemburg, una delle più importanti figure rivoluzionarie della storia moderna. Luxemburg ha svolto un ruolo di primo piano nella Seconda Internazionale. Durante la prima guerra mondiale ha combattuto, insieme a Karl Liebknecht, contro la politica di guerra dell’SPD, e fu protagonista della Lega di Spartacus nella Rivoluzione del 1918, quando, il 9 novembre, durante una manifestazione di massa, fu proclamata la freie sozialistische republik (libera repubblica socialista) di Germania.
Gustav Noske, il ministro responsabile della Reichswehr e uno dei principali membri dell’SPD, incoraggiò l’azione di gruppi paramilitari ultranazionalisti e ordinò che la divisione Garde-Kavallerie-Schützen, nota per la sua spietatezza, fosse schierata a Berlino contro i lavoratori che manifestavano. Durante il “natale di sangue” del 1918, le truppe spararono con l’artiglieria contro i marinai in rivolta che avevano occupato il castello di Berlino e repressero brutalmente la rivolta di Spartaco.
La fragile Rosa Luxemburg fu sequestrata con Karl Liebknecht, colpita con il calcio di un fucile nell’atrio dell’Hotel Eden e portata in un’auto dove le spararono. Il suo corpo fu gettato nel canale Landwehr, dove fu recuperato solo mesi dopo. Liebknecht fu assassinato a sua volta con tre colpi da distanza ravvicinata nel Tiergarten. La stampa successivamente scrisse che Liebknecht era stato colpito mentre cercava di fuggire e che Luxemburg era stata linciata da una folla indignata.
Luxemburg è stata la leader teorica indiscussa dell’ala rivoluzionaria della SPD, contro il revisionismo di Eduard Bernstein e il centrismo di Karl Kautsky. Lenin, per esempio, aveva nella sua biblioteca moltissime opere di Luxemburg, e 12 di queste nella sua stanza di lavoro, ossia tra i volumi che teneva a portata di mano.
Franz Mehring, studioso e biografo di Marx, scriveva in una rivista diretta da Kautsky, considerato quasi unanimemente come l’interprete più autorevole del marxismo, che Rosa era “il cervello più geniale fra gli eredi scientifici di Marx ed Engels”. Un giudizio analogo lo troviamo nella prefazione che György Lukács scrisse nel 1922 per una raccolta, laddove definisce Rosa come “la sola discepola di Marx che abbia prolungato realmente l’opera della sua vita sia sul piano dei fatti economici che sul piano del metodo economico”.
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Rosa Luxemburg è nota, a livello teorico, per la sua posizione originale riguardo la teoria dell’accumulazione, segnatamente sul cosiddetto “problema della realizzazione”.
Tale “problema” è sempre stato in cima ai pensieri dei teorici borghesi e dei riformisti di ogni tempo e stampo sulla base della constatazione di un fatto oggettivo, ossia che il mercato non riesce ad assorbire la totalità delle merci prodotte. Da tale “disarmonia” conseguirebbero le crisi.
Da questa impostazione apparentemente oggettiva deriva un’interpretazione delle crisi come crisi di “sproporzionalità”, dovute cioè al fatto che si è prodotto troppo rispetto alla domanda (in dettaglio: la sproporzione nella produzione di capitale fisso e circolante è una delle cause che gli economisti adducono di preferenza per spiegare le crisi).
Contrapponendosi alle tesi riformiste dominanti a suo tempo nel partito socialdemocratico tedesco, e dunque al tentativo di deformare il pensiero di Marx, Rosa Luxemburg fornì una sua risposta al “problema della realizzazione”. In un suo lavoro afferma correttamente che la sproporzionalità è inseparabile dal modo di produzione capitalistico, denotando questa sproporzionalità come assoluta.
Sostiene che l’accumulazione in un ambiente esclusivamente capitalistico diventa impossibile, ovvero che è possibile solo fino a quando esistono i presupposti per il “processo di ricambio organico svolgentesi fra il modo di produzione capitalistico e quelli non capitalistici”. In altri termini fino a quando esistono aree economiche non capitalistiche con le quali poter scambiare il plusvalore eccedente, ma in tal modo distruggendo come tali le formazioni non capitalistiche.
Da questa analisi trae la conclusione che il capitalismo del suo tempo, avendo ormai occupato quasi tutta l’area mondiale, era vicinissimo al punto in cui non avrebbe più avuto mercati di sbocco per l’eccedenza, per cui l’accumulazione non sarebbe più stata possibile e quindi il sistema sarebbe crollato.
Rosa definisce l’imperialismo come “l’espressione politica del processo di accumulazione del capitale nella sua lotta di concorrenza intorno ai residui ambienti non-capitalistici non ancora posti sotto sequestro” (L’accumulazione del capitale, Einaudi, 1974, p. 447). Si tratta di una definizione restrittiva e parziale dell’imperialismo.
A questa tesi, storicamente chiamata “teoria del crollo”, si sono ricollegati per lungo tempo e più o meno esplicitamente tutte le interpretazioni di “sinistra” della teoria marxista della crisi.
In tal modo Luxemburg, anche se sottolinea sempre che il suo è da considerarsi un contributo all’analisi marxista e non una revisione, mette in discussione tutta la “teoria della realizzazione” di Marx, il quale, ne Il Capitale, parte sempre dal presupposto che vi sia “il dominio generale ed esclusivo del capitalismo” e che, in tale sistema, l’accumulazione possa avvenire (per non appesantire, ometto in questa sede le molte possibili citazioni marxiane al riguardo).
Due sono gli errori commessi da Rosa Luxemburg.
In primo luogo, di considerare il capitale sociale come un capitale unico e il saggio generale di profitto con saggio unico del profitto. Con queste premesse è chiaro che l’accumulazione in ambiente esclusivamente capitalistico non possa realizzarsi.
Per contro, l’accumulazione, in un ambiente capitalistico, avviene proprio perché il capitale è una molteplicità di capitali e il saggio generale di profitto è la media dei vari saggi particolari di profitto.
In tal modo, attraverso la lotta di concorrenza tra i vari capitali si attua l’accumulazione del capitale sociale nel suo complesso (quelli a composizione organica più elevata realizzano, a danno dei capitali a più bassa composizione organica, il valore contenuto nelle loro merci ed anche un solo sovrapprofitto).
Pertanto, non solo l’accumulazione continua ad avvenire nella fase del dominio generale assoluto del capitale, ma in questa fase essa avviene su una base produttiva più estesa, anche se tra contraddizioni crescenti.
Proprio nel concentrarsi di queste contraddizioni e dal fatto che esse non possono più essere contenute all’interno dei rapporti economici esistenti, non solo nascono le crisi, ma esse si presentano sempre più distruttive e ravvicinate, tanto che si può parlare, paradossalmente nel momento del suo massimo trionfo, di una crisi generale storica del modo di produzione borghese.
Il secondo errore di Rosa, strettamente connesso a quello precedente, è di individuare, come contraddizione principale del modo di produzione capitalistico, quella tra produzione e consumo, e di assolutizzarla. Per Rosa, infatti, la crisi di sovrapproduzione è semplicemente “crisi di sovrapproduzione di merci”, determinata dalla mancanza di sbocchi sul mercato; in ultima analisi, crisi di sottoconsumo.
Anche in questo caso, il fenomeno estremamente complesso della crisi capitalistica viene ridotto ad un suo aspetto, ad un suo lato, perdendo in tal modo la possibilità di individuarne le cause reali profonde. Tra tutte le contraddizioni, quella tra produzione e consumo, sulla base dei rapporti capitalistici, è certamente molto importante. È essa, infatti, che costituisce la condizione della sovrapproduzione e quindi racchiude già la possibilità delle crisi. Tuttavia si tratta della possibilità, ma non della necessità, che va ricercata nella produzione di plusvalore e non nella sua realizzazione.
Interpretare le crisi come “crisi di sottoconsumo” ed individuare così la contraddizione principale non nella produzione, ma nella circolazione, implica pertanto la possibilità di compiere un errore gravissimo: ritenere eliminabili le crisi intervenendo sulla circolazione, cioè sul “movimento del denaro”, per cui sarebbe sufficiente aumentare la massa monetaria in circolazione e il problema sarebbe risolto, lasciando inalterato il modo di produzione capitalistico. Questa è anche l’illusione che sta dietro alle varie teorie anticicliche più alla moda.
È vero che la crisi capitalistica si manifesta come crisi di “sproporzionalità”, ossia come sproporzionalità tra i diversi settori della produzione, e tra questa e il mercato, tuttavia la “sproporzionalità” non può essere considerata la causa della crisi. Ne costituisce solo un aspetto, un fenomeno, determinato a monte dalla produzione di plusvalore per il plusvalore. Per questo motivo, ogni piano, ogni programmazione nella produzione sociale in regime capitalistico può ridursi solo, inevitabilmente, a dei palliativi.
La differenza tra la posizione dei riformisti e Rosa Luxemburg su questo tema è riassumibile così: i primi pensano che questa contraddizione fondamentale sia risolvibile all’interno del capitalismo stesso, mentre Rosa la vedeva come assoluta e mai risolta. Entrambe queste posizioni sono adialettiche. Per chi volesse approfondire segnalo, tra gli altri, questo post.
Insomma, le crisi ci sono e minacciano continuamente il sistema, per farvi fronte si “stampano” fantatrilioni di euro e di dollari, tuttavia la resa dei conti sui debiti pubblici e privati è solo rinviata. Tuttavia quando scoppierà il bubbone non ci sarà nessun “crollo” del sistema capitalistico (altro discorso riguarda gli assetti politici e istituzionali, perlatro già compromessi).
Che cosa succederà in dettaglio? Nessuno lo sa. Personalmente guardo con interesse alla teoria degli equilibri punteggiati enunciata da Stephen Jay Gould e Niles Eldredge. Non propongo alcuna sovrapposizioni diretta tra natura e società, ma rilevo che senza una forte pressione selettiva, anche mutazioni vantaggiose potrebbero non diventare dominanti in una popolazione, a causa dei capricci della riproduzione (deriva genetica).
Ottimo commento, sarebbe utile chiarire la teoria dell'evoluzione punteggiata e il suo legame con l'evoluzione economica.
RispondiEliminaOttimo commento, ma nel caso dell'evoluzione anche il caso spesso decide le mutazioni!
RispondiEliminahttps://diciottobrumaio.blogspot.com/2019/12/che-centra-lacetone-con-la-questione.html
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