Sentendo la parola Culloden, alzi la mano chi sa a che cosa si riferisce, e chi non lo sa non abbozzi sorrisi. Gli scozzesi sanno bene di che cosa si tratta, anche se magari la chiamano, in gaelico, la battaglia di Blàr Chùil Lodair.
Nella storia di Scozia questa battaglia giocò un ruolo decisivo che portò alla sua sottomissione finale al dominio inglese nel 1746. La rivolta di Carlo Edoardo Stuart, detto Bonnie Prince Charlie, si concluse in un bagno di sangue a Culloden.
La fine dell’indipendenza scozzese ha a che fare anche con un famoso tedesco, Georg Friedrich Händel, il quale scrisse a Londra nel 1746 uno dei suoi migliori oratori, Judas Maccabaeus. Un inno alla vittoria del terzo figlio del re inglese Giorgio II, della casa di Hannover, quel Wilhelm August, duca di Cumberland, che aveva appena represso l’ultima rivolta degli scozzesi estinguendo le pretese della dinastia degli Stuart.
Anche l’arte vive di stipendi.
Wilhelm August Cumberland per l’efferatezza della repressione nei confronti dei giacobiti fu soprannominato Billy il Macellaio e come tale è ricordato nella tradizione scozzese.
Il 16 aprile 1746, in una brughiera non lontano da Inverness, l’esercito del principe Carlo Edoardo Stuart si scontrò con un esercito inglese di soldati professionisti e fu spazzato via in meno di mezz’ora. A nulla valsero i kilt e le cornamuse degli scozzesi contro avversari sperimentati in guerre impegnative sul continente europeo.
Culloden segna la fine di una storia complicata. Da una prospettiva scozzese, inizia con le scorrerie medievali degli eserciti inglesi nel nord delle isole britanniche. Da un punto di vista inglese, The forty-five, come viene anche chiamata la rivolta del 1745, significa l’eliminazione definitiva della dinastia Stuart e il consolidamento definitivo di ciò che era stato raggiunto con la Gloriosa Rivoluzione del 1689, ossia la sconfitta dei cattolici e il trionfo del protestantesimo.
Chiaro che dietro la disputa religiosa ci fosse dell’altro, che qui non è il caso di esaminare per le lunghe.
Al tempo di Giacomo II, i cattolici Stuart furono rovesciati. Con la presa del potere da parte Guglielmo d’Orange, genero e nipote di Giacomo II, il parlamento e il protestantesimo avevano trionfato e alla fine avevano spianato la strada per il trono ai Welfen, cioè i famosi Guelfi, di Hannover, ossia a quello che sarà il casato dei Brunswick, imparentati per via matrilineare con Capetingi, Wettin, Hohenstaufen, Ottoniani, Asburgo, Savoia, Ascanidi, Hohenzollern, Wittelsbach, Oldenburg, Romanov.
Con l’aristocrazia venale attuale, specie quella anglosassone, l’intreccio di parentele non è molto diverso e spesso non meno sorprendente di quello antico.
Sconfitti, ma non liquidati del tutto, i giacobiti, cioè i cattolici fedeli a Giacomo, erano ancora presenti nel regno. Un partito eterogeneo di scozzesi cattolici, ma anche irlandesi (gli scozzesi sono irlandesi) e di non inglesi, che vedeva nel re rovesciato e nei suoi discendenti i legittimi monarchi del Regno Unito. Questi pretendenti potevano sempre contare (o almeno lo credevano) sull’appoggio di due forze europee naturalmente avversarie dell’Inghilterra protestante: la Francia, eterna rivale, e il Papa, eterno come il Diavolo.
Dopo che il vecchio pretendente, il figlio di Giacomo II, James Edward, fallì nel 1715-‘16, suo figlio Charles Edward tentò di nuovo l’impresa trent’anni dopo. Il Bonnie Prince Charlie, come i suoi seguaci lo chiamavano affettuosamente, nato e vissuto negli agi di un palazzo romano, sbarcò in Scozia nell’agosto del 1745. Immediatamente fu raggiunto da 3.000 Highlanders, con i quali il giovane pretendente (The Young Pretender) prese Edimburgo. A dicembre, Charles Edward si trovò con 5.000 scozzesi belligeranti di fronte a Derby, a soli 150 chilometri da Londra, diffondendo il panico.
Se avesse vinto Charles Edward, oggi non ci sarebbe Harry e Meghan sulle prime pagine. Che Culloden hanno avuto.
L’atteso sostegno dei giacobiti inglesi non si concretizzò, così come non apparve un esercito francese, che il principe Charlie aveva atteso con tanta fiducia. A ciò si aggiungevano problemi climatici e di approvvigionamento, tanto che gli ufficiali di Charles Edward lo costrinsero a un “ripiegamento strategico”, una decisione che ancora oggi provoca accesi dibattiti in Scozia.
Il tempo è sempre uno dei fattori fondamentali nelle guerre, anche in quelle per i brevetti, come sapeva Alexander Graham Bell. Ciò diede tempo agli inglesi di organizzarsi e, nella primavera del 1746, il Cumberland principe di Hannover avanzò con 10.000 uomini nelle Highlands. Le sue truppe erano meglio equipaggiate rispetto agli affamati Highlanders, inoltre il principe di Hannover aveva acquisito esperienza nella guerra di successione austriaca e fece un uso intelligente delle strade e dei depositi che le autorità inglesi avevano predisposto in Scozia dopo la rivolta del 1715.
Cumberland utilizzò abilmente una risorsa che Londra gli diede in abbondanza: il denaro. Che in moltissime situazioni, non solo belliche, fa la differenza. Molti scozzesi erano passati da tempo al servizio delle potenze straniere in cambio di un salario. La metà dell’esercito del Cumberland a Culloden era composta di veterani scozzesi!
Tuttavia, i MacLeans, i MacLachlan e altri clan, sebbene in svantaggio numerico, attaccarono con il coraggio della disperazione, ma mancarono di coesione e organizzazione. Chiunque di loro sia sopravvissuto ai moschetti degli inglesi morì poi nel contrattacco all’arma bianca degli avversari. In meno di mezz’ora la battaglia finì, con la morte di più di 1200 giacobiti e solo circa 300 da parte inglese.
Bonnie Prince Charlie fuggì e vagò per le Highlands per cinque mesi. I suoi abitanti dimostrarono la loro lealtà non tradendolo nonostante una taglia di 30.000 sterline (cifra mostruosa). Travestito da donna, si dice si sia imbarcato su un legno che lo portò in Francia. Morì anni dopo a Roma e venne sepolto in Vaticano.
Gli scozzesi dovevano pagare il conto. Ancora sul campo di battaglia, furono giustiziati centinaia di prigionieri. Mentre Händel scriveva il suo oratorio per il “Comandante veramente saggio, valoroso e virtuoso”, le truppe inglesi stavano saccheggiando e assassinando le Highlands. I clan furono disarmati, i loro castelli, bandiere e kilt furono bruciati. The Butcher fece un ottimo lavoro, senza risparmio.
In guerra non basta l’audacia, ma servono operazioni strategicamente ben congegnate, senza tuttavia farsi prendere dall’ossessione dell’organizzazione, poiché tutta la storia militare, dai greci antichi alla nostra epoca, dimostra come non siano i particolari di un ordinamento, e talvolta neppure la superiorità delle armi, i veri ed esclusivi determinanti del successo.
Lo stesso accade nel buon governo delle società: non basta il prestigio personale degli ottimati per sopperire ai difetti dell’organizzazione, alle deficienze materiali e ad altre manchevolezze se viene a mancare la forza morale data dalla comune consapevolezza che i sacrifici richiesti sono equamente distribuiti per il conseguimento di uno scopo riconoscibile e superiore.
Buonasera,
RispondiEliminaio alzo la mano.
quaranta anni fa vidi lo splendido film "Culloden" di Peter Watkins un genio della regia .
Se non lo avete visto cercate di farlo, il film è del 1964 ma il taglio documentaristico era appassionate ed assolutamente nuovo per l'epoca.
Silver
buonasera,
Eliminaio non l'ho visto, grazie!