lunedì 1 marzo 2021

Marx, inventore delle classi sociali


Porre le questioni sul piano etico e morale, su quello della responsabilità individuale, vuol dire avere interesse a deformare le questioni. Non dobbiamo dimenticare che abbiamo ricevuto tutto il nostro patrimonio “razionale” verbale e terminologico dalla classe socialmente egemone. La lettura e la comprensione di questo patrimonio, la struttura e il contesto associativo che le accompagnano, corrispondono coerentemente all’ideologia e all’impostazione di chi ha tutto l’interesse che le cose rimangano sostanzialmente come sono.

La povertà e lo sfruttamento, così come la ricchezza, non sono una condizione meramente sociologica o psicologica, dei concetti astrattamente contemplativi, mero ambito della critica dei comportamenti sociali, siano essi soggettivi o di massa. Le ideologie economiche, giuridiche, politiche, morali, etiche, religiose ci presentano un mondo a testa in giù, e in tal modo dissimulano le cause reali dei fatti sociali.

Fin dalla nascita siamo esposti all’influenza ideologica della classe economicamente dominante, di cui interiorizziamo e assimiliamo i rapporti sociali, i comandi e le ingiunzioni fino a restarne profondamente segnati nel corpo e nella psiche. In fondo di ciascuno di noi c’è un padrone, un giudice, uno sbirro, un prete che tiranneggiano quelle che ci appaiono essere le nostre decisioni e le nostre scelte. Ecco perché, torno a ripetere ancora una volta, la lotta ideologica è una determinazione essenziale della lotta di classe.

Oggi è negata l’esistenza stessa delle classi sociali, così come m’è occorso di sentire da ultimo ieri mattina nella trasmissione radiofonica “Prima Pagina” su Radiotre, quando il giornalista di turno, in risposta ad un ascoltatore, affermava che, pur sussistendo ancora “disuguaglianze distributive, le classi sociali di Marx non esistono più”. Come se fosse stato Marx ad inventarsi le classi sociali e le loro lotte!

In tal modo le ragioni della cosiddetta “disuguaglianza distributiva” sono eluse nella loro realtà effettiva, concreta e storica. Non basta di per sé tirare in ballo la ricchezza e la sua distribuzione, dichiararsi contro la povertà”. C'è qualcuno a favore della povertà? dunque siamo tutti democratici”!

Come se fosse questione di miglioramenti di status, di bonus e politiche dei redditi, compreso quello di “cittadinanza”, come predicano i sacerdoti del liberalsocialismo, che hanno “sconfitto la povertà”, o i burocrati del liberalcomunismo che hanno sconfitto quella “estrema”.

Si demanda alla responsabilità individuale, al senso civico, al buon cuore, alla politica dei parlamenti o del partito-stato, dissimulando la realtà dei rapporti sociali dominanti, i rapporti di produzione, alias i rapporti di proprietà, che sono alla base del bisogno e dello sfruttamento di questo sistema sociale. 

10 commenti:

  1. Non vorrei confondermi con il figlio di Sergio Romano, visto che il padre mi è bastato e avanzato. Tuttavia, non posso neanche sottoscrivere la definitività del pensiero di Marx, ciò che mi parrebbe fideistico. Supposto che la delineazione delle classi sociali fatta da Marx nella seconda metà del secolo XIX fosse corretta, questo non significa che da allora la storia si sia fermata. Il mondo di oggi assomiglia sempre meno all'Inghilterra della seconda rivoluzione industriale, e io mi domando: se lo stesso Marx delineava un procedere storico delle società umane per stadi evolutivi, perché fermarsi al 1880 con un rien ne va plus?
    Ho letto di recente The new class war di Michael Lind. L'autore individua una nuova classe dominante chiamata Metropolitan élite. Si tratta della nuova borghesia urbana, che va dal finanziere al professionista al manager, cui aggiungerei i burocrati. Il concetto di "capitalista" non scompare ma vi si stempera, principalmente per il fatto che la produzione di "merci" si va rarefacendo. D'altra parte, è significativo come quest'ultima produzione sia migrata ormai stabilmente nell'ex terzo mondo. Mentre resta da capire come classificare le società diverse da quella euroamericana, si delinea (con foto ancora un po' mossa) la classe sottostante, che non a caso viene sempre più presa in carico dalle destre. Si tratta di una massa enorme e sempre più globalizzata, per la quale non è ben chiaro come si definiranno i mezzi di sussistenza. Questa enorme massa di sudditi è avvicinabile, a mio parere, ai servi della gleba, là dove il concetto di "gleba" non è più territoriale. Forse è una boutade, ma la gleba potrebbe essere il web. La contraddizione esplosiva sta nella progressiva inutilità sociale dei nuovi servi della gleba, salvo per la funzione di acquistare i beni e servizi proposti dall'élite. Ma con quali soldi?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. I lettori di questo blog hanno il braccino corto per quanto riguarda i commenti, anche troppo corto. I tuoi commenti valgono almeno per 10 o 20. E questo non è solo un apprezzamento, poiché ci vuole un certo impegno per risponderti. Dici cose molto giuste ma le mischi assai e le risposte non possono essere né semplici né brevi, soprattutto nella fase postprandiale e dopo un paio di bicchierini.

      Sergio Romano è una delle rare (rare!) persone di quel mondo che apprezzo. Quanto alla “definitività del pensiero di Marx”, nulla può essere più lontano da Marx stesso. Nella lettera a Sombart dell’11 marzo 1895, Engels ebbe così ad esprimersi: “l’intera concezione di Marx non è una dottrina, bensì un metodo. Non dà nessun dogma già pronto, ma punti di appoggio per un’ulteriore indagine e il metodo per questa indagine” (MEOC, L, 461).

      In generale: se per caso qualcuno crede ancora che Marx parlasse del capitalismo dell’Inghilterra dell’800, si sbaglia di grosso. Marx ha scoperto le leggi di movimento del modo di produzione capitalistico; non semplicemente le leggi di ieri, del neo capitalismo, bensì le leggi immanenti, quelle storiche, di sempre.

      Per quanto riguarda le classi sociali: credo sia indubbio che la società attuale si divida in due grandi classi: quella di chi possiede la grande proprietà o la controlla, cioè la classe dei padroni del mondo, e le classe sociale di tutti gli altri. Compresi quei ceti e gruppi sociali benestanti e liberalsocialisti, per esempio, che di fatto reggono il moccolo ai padroni del mondo, e pure quelle greppie sociali che vanno, come suggerisci tu, dal professionista al manager.

      L’appartenenza a una data classe sociale non è data meramente dal patrimonio. È vero che ad un esame puramente fenomenico noi troviamo dei gruppi di status (patrizi e plebei determinati soggettivamente e dunque psicologicamente dalle motivazioni più disparate, ma queste aggregazioni, essendo potenzialmente infinite quanto lo sono gli individui, possono essere sciolte da un’infinità di fatti casuali.

      Per fortuna ci soccorre Beppe Grillo, ovvero un suo ghostwriter, che in un post del noto blog scriveva: “Una classe sociale secondo Marx è un insieme di individui con lo stesso rapporto con i mezzi di produzione”. Come si fa a dargli torto? Scopiazzatura letterale da Wikipedia alla voce “classi sociali”. È lampante che l’appartenenza degli individui a una classe sociale sia determinata dal rapporto che essi hanno con i mezzi di produzione, ovvero, per dirla meno grezzamente, dalla loro posizione nell’ambito dei rapporti sociali di produzione.

      Ma questa definizione può accontentare Grillo e i mentori. Se però per appartenere a una determinata classe sociale bastasse avere un determinato rapporto con i mezzi di produzione, ciò varrebbe a dire che chi non possiede i mezzi di produzione appartiene al proletariato (o, se piace di più, all’evanescente classe media), e chi, per contro, di tali mezzi di produzione è proprietario, appartiene invece alla classe dei capitalisti, alla borghesia. E ciò, ripeto, sembra esatto, ma di per sé non è sufficiente e porta fuori strada, cioè nel fosso dell’ideologia borghese.

      Chi di noi può negare che un artigiano, un idraulico, un falegname, un elettricista, un meccanico d’auto o un gommista, non siano proprietari dei loro mezzi di produzione? Oppure un piccolo contadino proprietario di un appezzamento di terra? Appartengono oggettivamente alla classe sociale dei capitalisti e dei borghesi? Certamente, stando alla definizione che Grillo e Wikipedia attribuiscono a Marx, essendo essi proprietari di mezzi di produzione. Evidentemente la questione è un po’ più complessa. Eccetera.

      Che poi “la produzione di merci si vada rarefacendo” ne possiamo dubitare fortemente, poiché siamo sommersi letteralmente dalle merci. Oltretutto mai come oggi ci sono stati nel globo tanti produttori diretti di merci.

      Ti abbraccio (con mascherina Nexus 6).

      Elimina
    2. Forse la produzione di merci si sta rarefacendo solo in apparenza essendosi spostata altrove. In quest'ottica la "Metropolitan élite", non sarebbe altro che un gruppo tra i più privilegiati all'interno di una classe dominante che si è globalizzata essendo divenuto possibile controllare le condizioni del lavoro che si svolge dalla parte opposta del mondo comodamente seduti nel proprio ufficio di Londra o Milano: e tutto questo senza che vi sia bisogno di conoscere ciò che realmente avviene nelle fabbriche che si "comandano". Ovviamente questo non significa che anche qui nella vecchia Europa i proletari siano scomparsi, anzi, solo che questi operano sempre in condizioni diverse: dal lavoratore on-demand che ci porta il panino caldo faticando in bicicletta fino al salariato "privilegiato" che può lavorare dal salotto di casa propria seduto comodo comodo sul divano a tre piazze in regìme di tele-lavoro: questi due "operai" non si riconosceranno mai l'uno nell'altro. Io, per esempio, come semplice metalmeccanico specializzato sto nel mezzo, potendo godere di un buon salario (anche superiore a quello di molti giovani ingegneri) rischiando però ogni giorno un infortunìo o la malattia da Covid-19. Quindi, per concludere questo pippone non richiesto da nessuno in effetti, e del quale mi scuso con Olympe e tutti i suoi ospiti, non potremmo concludere che le classi sociali descritte da Smith e riprese da Marx, sotto sotto, abbiano solo moltiplicato gli strati nei quali sono suddivise al loro interno e che si siano distribuite geograficamente sull'intero globo in un modo tale che se le si osserva dal proprio personalissimo, e per questo limitato, punto di vista può sembrare persino che le altre siano sparite?
      Chiedo scusa per eventuali errori ma non sono bravo con le parole.
      Buona giornata a tutti.

      A.R.

      Elimina
    3. Sono stato ellittico parlando della rarefazione della produzione di merci. Intendevo dire che se ne producono sempre meno in occidente. Tutto il mio precedente commento riguarda le società cosiddette occidentali. Dubito che Marx avesse in mente la Cina e l'India (simbolicamente, aggiungerei il Vietnam); tuttavia, se volesse oggi cercare conferma alle sue argomentazioni, lì dovrebbe andare. Parlo sempre per prevalenza quantitativa: non sto negando che esistano imprese manifatturiere in Italia o in Inghilterra o negli USA, dico che la bilancia si è largamente spostata verso il terzo mondo. Poiché, volenti o nolenti, siamo noi in occidente la cultura trainante, uno spostamento dei pesi come quello al quale abbiamo assistito negli ultimi 50 anni trasforma la quantità in qualità. Perciò, se vuoi applicare a realtà estensive la teoria del plusvalore, ti dovresti trasfere in estremo oriente. Non nego che si possa applicare anche ai residui manifatturieri presenti in Inghilterra, ma sarebbe esercizio matematico più che sociologico.
      A me pare che si possa guardare avanti, forse un po' più in là dell'arco della nostra esistenza, ma non tanto più in là. Le domande a cui rispondere sono: 1. come descriviamo i rapporti sociali ed economici in una società dove la manodopera è sostituita al 90% dall'automazione? 2. Chi mantiene i disoccupati? 2bis. Con quali soldi i disoccupati comprano prodotti e servizi? 3. Che significa il mondo diviso in tre (neo-borghesia e neo-proletariato in occidente, capitalismo vecchio stampo in oriente, povertà e corruzione in Africa e America Latina)? 4.Chi se ne frega della proprietà dei mezzi di produzione? Ossia, mettiamo che in Cina le fabbriche siano statali: che cazzo cambia?

      Elimina
    4. per A.R.
      grazie per il commento.

      Ciò che anzitutto distingue le classi è il loro posto nella produzione sociale, ossia il loro posto nella divisione sociale del lavoro, e non semplicisticamente il loro rapporto con i mezzi della produzione.

      Un elettricista è proprietario del cacciavite con il quale lavora tutto il giorno, dunque in strettissimo rapporto col proprio mezzo di produzione, ma oggettivamente non appartiene alla classe dei capitalisti. E nemmeno un idraulico con il suo giratubi può essere classificato come borghese, per quanto egli possa sforzarsi di apparire tale nei suoi atteggiamenti e sfrecci su un fuoristrada inseguito da Equitalia.

      Viceversa, l’AD di un'industria o altra società può anche non possedere nemmeno un grammo della proprietà della società che dirige, eppure egli ha un ruolo che non è quello degli operai della stessa fabbrica ed è per questa sua diversa posizione nella divisione del lavoro, e quindi non solo per il suo sproporzionato reddito, che egli non appartiene alla classe degli operai.

      Perciò dire: “il criterio fondamentale che distingue le classi è il loro posto nella produzione sociale …”, allude a una determinazione reale e concettuale essenziale. La divisione sociale del lavoro, ossia il posto che in essa il singolo individuo o la massa degli individui della stessa condizione occupano, determina inoltre le modalità dell’appropriazione della ricchezza socialmente prodotta.

      Riassumendo: i proletari, quantunque possano sentirsi soggettivamente di non appartenere al proletariato e di far parte invece di una non meglio definita “classe media”, restano incatenati a una sfera di attività determinata ed esclusiva che è loro imposta quasi “naturalmente” e dalla quale non possono sfuggire se non vogliono perdere i mezzi per vivere.

      Pertanto, il prius su cui s’innesta la divisione in classi è dato dalla divisione sociale del lavoro e non, meramente, dallo status (vero o presunto), dal reddito, frequentazioni, posto di lavoro e luogo di abitazione, rapporti di vicinanza o lontananza dai partiti e dal potere.

      Elimina
    5. per Erasmo

      da un punto di vista giuridico, la mera proprietà dei mezzi di produzione non implica ancora quale movimento reale è dato dai rapporti di proprietà nel processo produttivo (vedi la vicenda dell’Urss, ecc.). Questo va da sé, poiché nel caso fosse sufficiente mutare gli assetti proprietari, un nuovo ordine economico e sociale potrebbe essere deciso per semplice decreto.

      Perciò, la risposta "Chi se ne frega della proprietà dei mezzi di produzione", sarà sempre la più gradita da chi li controlla al momento.

      Elimina
  2. Grazie per questi bellissimi commenti e risposte. Erasmo pone domande che spesso mi pongo anche io. Concordo sul discorso di Olympe riguardo al sistema di Marx come metodo di indagine.

    Trovo invece aderente a molti miei dubbi l'obiezione, sempre di Erasmo, riguardo all'estrazione di plusvalore le cui dinamiche si sono talmente spalmate geograficamente da rendere difficile seguire il processo di valorizzazione del capitale.

    Darei un mignolo per poter vedere uno studio serio e quantitativo in merito, capace di mettere alla prova dei numeri la legge del valore di Marx e i processi di valorizzazione del capitale nel mondo di oggi.
    Quando compro un bellissimo rasoio di sicurezza in metallo su AliExpress e lo pago 6 euro spedito in Italia e penso a tutto quello che mi ha permesso partire la click e arrivare al pacconl in casa mia........ Rimango sempre basito

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Forse scriverò qualcosa in proposito in occasione del 150 anniversario di Rosa. Non dovrai rinunciare al tuo mignolo

      Elimina
    2. Quanta grazia!
      Ti devo un mignolo :-P

      Elimina
    3. Concordo, Peperin. Continuo a pensare che i numeri siano l'unica cosa seria. E che riempire le formule di cifre sia la cosa più convincente.

      Elimina