Questa è la storiellina di un traditore e puttaniere. Non fu un traditore e puttaniere qualsiasi, ma il più infame e lercio dei traditori e puttanieri della sua epoca, e anche prete e vescovo, deputato e ministro, gran ciambellano e presidente di un governo, di nuovo ministro e altre cose ancora. Visse tra il XVIII secolo e quello successivo, il suo nome completo era Charles-Maurice de Talleyrand-Périgord.
Un simile Congresso di Vienna non è mai esistito.
Leggo da Wikipedia: “Tecnicamente, il Congresso di Vienna non si svolse come un normale congresso, dato che non si riunì mai in sessione plenaria, e la maggior parte delle discussioni avvenne in sessioni informali tra le grandi potenze”.
Non è completamente esatto, come spesso accade con la pur utilissima Wikipedia: a Vienna una riunione plenaria ufficiale si tenne il 9 giugno 1815, quando nel castello di Schönbrunn fu ratificato l’Atto finale (*).
Il Congresso non farà che stabilire le clausole di applicazione del Trattato di Parigi (31 maggio 1814), che regolava i rapporti tra la Francia e l’Europa, riproducendo le clausole dell’armistizio (23 aprile), le quali prevedevano che la Francia tornasse ai confini del 1792, perdendo così tutte le conquiste della Rivoluzione.
L’atto forse più importante firmato a Vienna, fu un trattato segreto del 3 gennaio 1815, col quale Inghilterra, Francia e Austria s’impegnano ad agire, per far applicare il trattato di Parigi, di concerto in un’alleanza difensiva contro la Russia e la Prussia.
Tutta l’abilità diplomatica di Talleyrand però non impedisce che la Prussia si stabilisca sul Reno, mangiandosi la Renania, assecondando così la volontà inglese di mettere un cane da guardia alla frontiera francese. Poi verrà Bismarck, Sodowa, Sedan, l’annessione dell’Alsazia-Lorena, il 1914-’18, eccetera. Alla fine a guadagnarci saranno gli ... Stati Uniti.
Già tempo prima che si aprisse ufficialmente il Congresso (1° novembre) intercorse un fitto scambio di memoranda tra le parti, di riunioni private, non poche ai tavoli da gioco, nelle sale da ballo, nelle passeggiate per i viali, nei quadri viventi disegnati da Isabey, nelle sonate di Salieri, nei caroselli stile Luigi XIV, nelle cene e soprattutto nei tête-à-ête nelle camere da letto, in uno sfarzo gioioso ed erotico che i ricchi opulenti di oggi non possono nemmeno immaginare, poveri di creative fantasie e di libertà autentica come lo siamo tutti.
Tuttavia si trattava di un’esibizione di ricchezze, raffinatezza e potenza declinanti rispetto al passato recente, tanto che Talleyrand, rappresentante della Francia, poteva affermare: “Qui n’a pas vécu les années voisines de 1789, ne sait pas ce que c’est la douceur de vivre”. Basta leggere Taine per comprendere a che cosa alludesse Talleyrand.
Talleyrand, chi fu costui? I libri di scuola lo citano ma non dicono che fu un traditore, puttaniere e grande ladro. Fu il diplomatico europeo più pigro della sua epoca, ma anche di maggior spicco. Durante il periodo napoleonico ebbe un ruolo, non solo diplomatico, superiore a quello di Metternich e Castlereagh, che non erano poca cosa (**).
Le certezze e le passioni della sua gioventù non abbandonarono mai Talleyrand, soprattutto quelle galanti, dell’intrigo e del gioco d’azzardo. Come canonico fu nominato agente generale per il clero di Francia (salvo poi mettere all’asta i beni del clero!), come vescovo di Autun rappresentò il clero agli Stati Generali, come spretato fu nominato presiedette l’Assemblea nazionale. Nel periodo dei primi massacri preferì essere incaricato d’affari a Londra, in quello del Terrore esule negli Stati Uniti. Rientrato in Francia divenne ministre des Affaires étrangères durante il Consolato e l’Impero, intimo di Napoleone, fautore del concordato col Vaticano, nel 1814 presidente del governo provvisorio (intascando “somme astronomiche”), quindi ministre des Relations Extérieures, rappresentante, come detto, della Francia a Vienna a nome dei Borbone, e poi altro ancora fin quasi alla fine dei suoi giorni (1838).
Bon vivant alla stregua di un satrapo orientale, dette il meglio di sé come doppiogiochista, tanto da meritarsi di essere definito da Napoleone come una “merda in calze di seta”, oppure “letame in calze di seta”, per dirla moderatamente col ministro di polizia Fouché, che fu un altro scarabeo stercorario di gran lignaggio (***).
Per dare un’idea degli intrecci di alleanze e di tradimenti, del torbido in cui ci si muoveva, cito qualche esempio rivelatore. La moglie di Bonaparte, Joséphine, della quale notizie biografiche si possono leggere qui, era una confidente del ministro di polizia Fouché. Resa vedova del primo marito visconte di Beauharnais a opera del “rasoio nazionale”, divenne amica dell’ex apostolo della ghigliottina, Fouché appunto, al quale confidava, quando non era a letto con Paul Barras o con Hippolyte Charles, ogni notizia e gli leggeva le lettere provenienti dal generale suo sposo, da molti mesi lontano.
Fouché, la cui singolare figura meriterebbe un post tutto suo, aveva spie dappertutto: faccendieri, prostitute, lacchè, maggiordomi, precettori e studiosi, ex giacobini, ministri e diplomatici, porporati e abati, famosi intellettuali e celebri artisti. Anche il cuoco di Luigi XVIII, che sarà sul trono nel 1814 e poi definitivamente l’anno dopo, è sul libro paga di Fouché. Sorveglia anche l’Imperatore, al quale ebbe la faccia tosta di rammentargli le visite notturne in incognito nella abitazione parigina della cantante Giuseppina Grassini, con la quale il padrone d’Europa aveva una liaison fin dai tempi di Milano.
Lo stesso Metternich, oltre che avvalersi di Talleyrand, che compensa lautamente, si avvale anche di servigi di un’altra spia titolata, la sua amante Carolina Murat, sorella di Napoleone, moglie del maresciallo di Francia e re di Napoli. Costei farebbe qualunque cosa pur di conservare il trono e garantirsi l’alleato austriaco.
Si deve tener presente che Talleyrand e Fouché, al momento opportuno, distrussero quantità enormi di lettere e di dossier compromettenti.
Talleyrand, fatto principe di Benevanto da Napoleone, al Congresso riceve dal re di Sassonia, che teme di perdere il trono, 6 milioni; Murat, per lo stesso motivo, gli invia 800mila franchi, ma Ferdinando IV di Borbone, per occupare quello stesso trono, gliene manda 3,7 milioni, mentre il margravio del Baden lo gratifica di un milione. Eccetera.
Talleyrand e Metternich allacciano storie sentimentali di ogni genere. Il secondo con la duchessa di Segan, amante dello zar e sorella di Dorotea, a sua volta amante di Talleyrand che ha avuto una lunga storia con la di lei madre, ecc. ecc. ecc..
Talleyrand e Metternich si mossero entrambi nei salotti alla moda con lo stesso innegabile e garbato fascino, tessendo le sottili reti della diplomazia, con quella tortuosità che è simbolo di sicurezza, in un mondo in cui tutti comprendono allo stesso modo le sfumature inespresse. Altro che il cinguettare odierno.
Entrambi predicavano lo stesso principio: quello dell’equilibrio, della sicurezza fondata sui rapporti tra gli Stati e non sull’estensione territoriale. Anche se la Francia e l’Austria mai avrebbero accettato di abbandonare spontaneamente la presa sulla preda più polposa: l’Italia.
Talleyrand era sazio di gloria e di onori, ansioso, al pari di Fouché, di godere indisturbato il compenso, come del resto la maggior parte dei francesi che dalle guerre di Napoleone avevano tratto benefici che volevano godersi in santa pace.
Per Napoleone, invece, ogni conquista e usurpazione diventava una garanzia della sua forza e della sua esistenza. Fu principalmente questo il motivo per cui Talleyrand tradì, passando informazioni preziose allo zar Alessandro e a Metternich. L’unica differenza che il primo si rifiutò sempre di pagarlo.
Napoleone intuiva e sospettava il tradimento di Talleyrand, poi divenne palese. Tuttavia non seppe mai probabilmente da quanto tempo e quanto vasta fosse l’infedeltà del suo ministro degli Esteri, e quanto incise sulla crisi del suo impero e infine sulla sconfitta.
La forza dei traditori è data dal non voltarsi mai indietro, nel non provare vergogna e disgusto di sé, nel non avere memoria se non dei benefici futuri, come dimostra spesso anche la cronaca dei nostri giorni. Non a caso Dante condannò i traditori a patire nei gironi più bassi del suo inferno. Magra nostra consolazione.
(*) “On 9 June, 1815, the Final Acts of Vienna were ratified by Europe assembled in congress. It was the only meeting of the Congresso of Vienna” (Henry Alfred Kissinger, A World Restored, Boston-Cambridge, 1957, pp. 171-72).
(**) Robert Stewart Castlereagh, visconte, fu il diplomatico britannico al Congresso di Vienna e principale autore del trattato di Chaumont (marzo 1814), sul quale si basarono poi le determinazioni del congresso austriaco. Il trattato di Chaumont, anche se non entrò in vigore perché respinto da Napoleone, un uomo che da tempo aveva perso il senso della realtà e della misura, divenne la pietra angolare dell’equilibrio europeo per decenni. Castlereagh fu anche leader della Camera dei Comuni, nel governo di lord Liverpool, dal 1812 fino al suo suicidio (1822).
(***) Talleyrand scriverà le sue Memoires, che verranno pubblicate solo nel 1891-’92 da Albert duca di Broglie, che era divenuto il depositario del manoscritto. Delle 1962 pagine del manoscritto, pubblicato in cinque volumi, solo due pagine sono autografe, tutto il resto è scrittura di Adolphe de Bacourt, segretario di Talleyrand all’ambasciata di Londra. È stato dimostrato, sulla base di frammenti inediti di mano di T., che il testo pubblicato in non poche sue parti è stato variato e interpolato. Tuttavia non tutto è manipolato o rimaneggiato. Per esempio, a partire dal Congresso di Vienna, le memorie si compongono di documenti annessi e lettere ricopiate da de Bacourt; inoltre, il periodo corrispondente agli inizi del 1754-1791, pare sia autentico, e così per altre periodi. Per ragguagli, cfr. le Notizie sulle Memorie di Talleyrand, nella spledida edizione delle Memorie curata da Vito Sorbello per la Aragno, vol. I, pp. XXXI-XXXIV.
Grazie per questo sapido articolo e per avermi ricordato quello che diceva sempre il mio prof, che "la storia si fa con due semplici ingredienti: sangue e merda".
RispondiElimina(Peppe)
anche denaro (tanto) e tradimento (alquanto)
Eliminaciao
Nel mio piccolo, le spie con cui ho avuto a che fare me le ricordo tutte. Dalle elementari in su.
RispondiEliminaLe più infestanti le conosci già all'asilo, e ti potrei fare nomi e cognomi
EliminaBuonasera, consiglio cinematografico Le souper in italiano A cena con il Diavolo 1992 ….
RispondiEliminaSe non lo ha già visto
Silver
grazie Silver
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