Tutti i processi naturali dipendono dal movimento della materia, ed è attraverso di esso che la materia prende forma. Questa è l’unica certezza assoluta che abbiamo.
La conoscenza delle diverse forme di movimento della materia, che la scienza può rappresentare mediante leggi, ci permette di riflettere la natura nella nostra coscienza.
La necessità dei processi naturali, nel loro complesso, avviene a partire dalla casualità degli infiniti movimenti dei singoli elementi materiali. La casualità originaria si rovescia dialetticamente in necessità.
Per esempio, l’evoluzione biologica non è soggetta solo a schemi di necessità, altrimenti sarebbe predeterminata e affidata a un continuo atto di creazione sovrannaturale; né possiamo considerare un’evoluzione affidata soltanto a eventi casuali, altrimenti sarebbe solo il caos.
Appena il caso, relativo ai singoli elementi materiali, si manifesta, esso produce complessi casuali che comportano la necessità, che si fissa e diventa la base di un successivo sviluppo, dando luogo a un processo globale senza sosta: dal big bang in poi.
Va però considerato un modo differente di operare della natura rispetto a quello degli esseri umani: se la natura, intesa come il complesso dei processi prodotti dalla lenta evoluzione della materia, opera in maniera incosciente e cieca, l’uomo, che rappresenta il più alto prodotto di questa evoluzione, è un essere cosciente che produce guidato da scopi (l’esempio dell’ape e dell’architetto), per raggiungere i quali si affida alla connessione di causa ed effetto.
Partendo da questa coscienza diretta e immediata, la riflessione ha posto l’uomo e la natura sullo stesso piano, quello immediatamente comprensibile, sostituendo la causa al caso, trasformando la necessità relativa dipendente dal caso in una necessità assoluta indipendente e sussistente in sé.
Ogni risultato dei processi naturali è stato considerato come effetto di una causa necessaria, anche se non in prima istanza. La necessità così diviene assoluta perché essa è nell’effetto e nella causa. E ciò che non rientra nella necessaria connessione di causa ed effetto è soltanto qualcosa di superfluo: il caso diviene in questo modo un puro accidente di nessuna importanza.
La scienza teorica moderna non si è ancora liberata del tutto da questa determinazione, a tal punto da poter equiparare gli oggetti prodotti dalla natura agli oggetti della produzione umana, così da applicare ai primi quella connessione diretta di causa ed effetto, verificata empiricamente sui secondi, dando luogo a tutta una serie di contraddizioni.
Se questa è per non pochi aspetti la situazione della scienza teorica, non deve destare meraviglia che nasca nel senso comune (ma non solo!) lo stereotipo sul virus molto intelligente o troppo stupido (ed è arduo assai far comprendere che non esiste il farmaco assoluto senza rischi). Eccetera.
Buongiorno! cosa c'entra l'asserzione finale sul "farmaco assoluto" con il ragionamento su caso e necessità? GS
RispondiEliminaè solo un inciso, una considerazione posta tra parentesi, non è il perno del ragionamento
EliminaPerché ritieni che "La scienza teorica moderna non si è ancora liberata del tutto da questa determinazione"?
RispondiEliminaNon ne fornisci alcuna evidenza.
La contrapposizione tra il determinismo di Einstein e l'indeterminismo di Bohr, oppure quella tra il determinismo di Dawkins e l'indeterminismo di Gould, per dire della fisica e della biologia. Come se caso e necessità procedessero singolarmente per proprio conto. Prendi Gould, che sostiene la casualità dell'evoluzione dalla cellula fino all’uomo cosciente. Se valesse solo il caso potremmo essere rimasti all’età della pietra, oppure ritornarci. Se valesse solo la necessità, tutto sarebbe già determinato e apparire come un miracolo divino. Lo scopo della conoscenza è di dimostrare come un evento casuale diventi appannaggio di una necessità non voluta e perciò cieca.
EliminaQuesto post forse è più chiaro:
http://diciottobrumaio.blogspot.com/2020/09/limpossibile-di-ilaria-capua-linaudito.html