venerdì 5 ottobre 2018

Sulla differenza tra calendario giuliano e gregoriano


[Seguono qui due versioni: la prima, molto sintetica e adatta magari a un copia-incolla, la seconda un po’ più storico-scientifica, per chi avesse maggiore curiosità per i dettagli].

Il calendario è uno strumento per misurare il tempo. Caio Giulio Cesare riformò il calendario civile romano, che con le modifiche apportate nel 1582 regnante papa Gregorio XIII, ancora oggi regola l'alternarsi degli anni ordinari e di quelli bisestili.

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Fin dalla più remota antichità storica si pose il problema di far coincidere l’anno civile (ossia quello del calendario) con l’anno tropico, ossia solare. I calcoli effettuati furono molto accurati per l’epoca. Si stabilì che l’anno solare aveva una durata media di 365 giorni e un quarto (ossia quando la Terra torni esattamente in linea con l'equinozio). Non potendo stabilire la durata dell’anno civile a 365,25 giorni, ovvero 365 giorni e sei ore, si adottò la soluzione di farlo durare 365 giorni, aggiungendo però un giorno intercalare (detto “bisestile”) ogni quattro anni (quelli divisibili per 4). Questa fu la riforma adottata da Giulio Cesare, da cui il nome di calendario giuliano.

Per quanto fosse accurato il calcolo, nella realtà l’anno solare ha una durata media di 365 giorni, 5 ore, 48 minuti e 46 secondi. La differenza annuale di 11’ e 14’’, vale a dire di circa un centesimo di giorno, non aveva, nel breve periodo, alcun effetto pratico. Nel lungo periodo, vale a dire ogni 128 anni, la discrepanza dava luogo all’allungamento di un giorno rispetto al ciclo astronomico. Dopo secoli, il calendario civile si trovò più avanti di ben 10 giorni rispetto a quello astronomico, cosa che creava problemi un po’ a tutti, soprattutto nel calcolo religioso della pasqua, che non coincideva secondo quanto stabilito dal Concilio di Nicea, nel 325, ossia che doveva essere celebrata la domenica seguente il plenilunio dopo l’equinozio di primavera.

Cosicché, dopo lungo dibattito, la Chiesa cattolica decise di adottare un nuovo sistema di calcolo del giorno bisestile, in modo da far coincidere la pasqua secondo quanto stabilito a Nicea, e affinché la differenza tra anno civile e quello solare non dovesse riprodurre la storica sfasatura, fu decretato che, pur mantenendo la regola giuliana dell’introduzione di un anno bisestile ogni 4 anni (cioè di 366 giorni), si cancellassero 3 giorni ogni 400 anni, ossia gli anni secolari, che nel calendario giuliano erano tutti bisestili.

Gli anni secolari, come detto fino allora tutti bisestili, divennero anni comuni di 365 giorni, tranne quelli divisibili per 400 (vedi nota più avanti per il dettaglio), che rimasero bisestili. In tal modo l’anno civile medio risulta quasi esatto a quello tropico, cioè a quello solare medio (l’eccedenza ammonterà a un giorno soltanto dopo 3.323 anni).

In conclusione, i giorni dell'anno sono 365, più uno ogni quattro anni, meno tre giorni ogni quattro secoli (gli anni centenari non divisibili per 400) e meno tre giorni ogni diecimila anni circa. 

Inoltre si stabilì di recuperare i giorni accumulati in più fino allora: il 5 ottobre del 1582 divenne il 15 ottobre. Tale riforma, decretata da papa Gregorio XIII con propria bolla, prese il nome di calendario gregoriano.

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Calcolare il tempo con la maggiore accuratezza possibile è stato per ogni civiltà uno scopo fondamentale. Più la società si sviluppava e più cresceva la richiesta di precisione, in modo da poter organizzare le varie attività, non ultime quelle religiose. 

Il problema di ogni sistema di datazione è quello di far coincidere l’anno civile con quello solare, ossia con l’anno astronomico o tropico (è il periodo di tempo che intercorre tra due ritorni consecutivi del Sole allo stesso punto equinoziale: 365 gg., 5 ore, 48 minuti e 46 secondi).

Il criterio informatore della riforma di Cesare fu quello di far coincidere l’anno civile quanto più esattamente possibile con l’anno tropico, la cui differenza era ritenuta di poco differente da 365,25 giorni.

Anche prima della riforma di Cesare, i Romani davano all’anno civile la lunghezza media di 365,25; però raggiungevano questo valore ogni 24 anni con una compensazione saltuaria e complicata che non sempre veniva seguita regolarmente. Il Collegio dei Pontefici infatti ebbe facoltà di variarla, specialmente per evitare che le nundinae (giorni di mercato che cadevano ogni nove giorni) coincidessero col primo gennaio, coincidenza ritenuta infausta per la repubblica (*).

Va peraltro accennato che questo non fu il solo motivo delle intercalazioni per così dire ballerine, ma vi fu molto di arbitrario, tanto che l’autorizzazione dei Pontefici a intercalare diventò un mezzo della lotta politica contro cui naufragarono tutti i tentativi di riforma fino a Cesare, il quale vi fu costretto poiché tale arbitrio provocava un vero e proprio caos.   

Assumendo il suddetto valore come lunghezza dell’anno civile, Cesare stabilì che in ogni quadriennio vi fossero tre anni di 365 e un anno di 366 giorni, inserendo il giorno in eccesso nel mese di febbraio, tra le feste Terminali, che cadevano il VII kal: mart., e il Regifugium, che cadeva il VI kal. mart., onde il giorno intercalato si disse bis VI kalendas martias, e l’anno fu detto bisestile (**).

Cesare promulga il nuovo calendario nellanno del suo terzo mandato consolare, vale a dire nel 708 ab urbe condita (46 a. C.). Lanno venne suddiviso in 12 parti di durata compresa tra 28 e 31 giorni. Linizio dellanno fu portato al 1° gennaio. Nel Medioevo il primo giorno dellanno cambiò spesso.

Fatto rimarchevole fu l’introduzione del mese, un’unità di conto astratta, indipendente dall’astronomia, dalla religione e dall’economia per cui il sistema d’orientamento nel tempo divenne, caso unico nella storia, uno strumento per muoversi in un universo quantificato. Infatti, il ciclo annuale è imposto dalla rivoluzione della Terra, il mese lunare è legato ai moti del satellite, quella che chiamiamo settimana, di cinque, di sette, otto o dieci giorni è ancorata nelle diverse culture al ritmo della liturgia o del mercato, il giorno è identificato dal sorgere e tramontare del sole, la divisione dellanno in dodici parti è invece solo una misura.

Va detto che sulla riforma di Cesare non ci è pervenuto alcun documento ufficiale autentico e nessuna attestazione di contemporanei. Poche e non concordi notizie si hanno da scrittori posteriori di almeno un secolo, i quali sembra ne abbiano scritto raccogliendo dalla tradizione. I cronologisti, dallo Scaligero fino a Ginzel, hanno potuto perciò ricostruire la riforma nelle sue fasi soltanto attraverso lavori di critica più o meno congetturale (vedi Rendiconti della R. Accademia Naz. dei Lincei, Nota di Lorenzo Caldo, relazione presentata dal socio Filippo Angelitti e pubblicata nel vol. XII, serie 6a, fasc. 3-4, agosto 1930). 

Stabilito bisestile un anno ogni quattro, in tal modo la durata media dell’anno giuliano risultava di 365 giorni e un quarto. Ne consegue che il calendario giuliano è ciclico ogni 4 anni, equivalenti a 365 × 4 + 1 = 1.461 giorni. Considerando anche i giorni della settimana, il calendario giuliano è ciclico ogni 1.461 × 7 = 10.227 giorni che equivalgono a 4 × 7 = 28 anni (questo perché 1.461 non è divisibile per 7). La differenza con l’anno tropico risulta così di soli 11 minuti e 14 secondi circa, una precisione molto accurata per l’epoca.

Questa differenza di 11’ e 14’, pari a circa un centesimo di giorno, si accumulava col passare dei secoli, per cui la data dinizio delle stagioni (gli equinozi) si spostava man mano allindietro, perdendo un giorno ogni 128 anni circa (86.400" : 674" = 128,18). Conseguenza, ad esempio, fu che la primavera, in base alle osservazioni astronomiche, non risultava più cominciare il 21 marzo, ma già l’11 marzo nel 1582, quando fu introdotta la riforma gregoriana.

Papa Gregorio XIII, subito dopo il suo insediamento, s’impegnò di attuare i decreti varati dalle varie sezioni del Concilio di Trento, tra i quali uno di essi richiamava quanto stabilito dal Concilio di Nicea, nel 325, ossia che la Pasqua si celebrasse la domenica seguente il plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Fino ad allora, per effetto del calendario giuliano, la Pasqua veniva a cadere nella data sbagliata, e di conseguenza erano sbagliati anche i periodi liturgici collegati alla Pasqua, e cioè la Quaresima e la Pentecoste.

La commissione vaticana incaricata di riformare il calendario, la scuola di matematica del Collegio Romano, della quale facevano parte, tra gli altri, Cristoforo Clavio e Giuseppe Moleti, si concentrò su un ingegnoso progetto di riforma del calendario che era stato elaborato da Luigi Lilio. Il progetto, presentato dal fratello Antonio, permetteva di mantenere l’equinozio di primavera in una data fissa e certa, il 21 marzo, consentendo di determinare con precisione la data della Pasqua.

Gregorio XIII, a Mondragone, con la bolla Inter gravissimas pastoralis officii nostri curas, promulgò il nuovo calendario il 24 febbraio 1582. 

La sostanziale differenza tra il calendario giuliano e quello gregoriano non è altro che una nuova (e semplice da comprendere) regola delle intercalazioni.

Fu decretato che si mantenesse la regola giuliana dell'introduzione di un anno bisestile ogni 4 anni (cioè di 366 giorni), ma che si cancellassero 3 giorni ogni 400 anni, ossia gli anni secolari, che nel calendario giuliano erano tutti bisestili, per compensare quella critica differenza di 11’ e 14’ tra l’anno solare e quello civile. Tali anni secolari divennero anni comuni di 365 giorni, tranne quelli divisibili per 400, che rimasero bisestili. In tal modo l’anno civile medio è quasi esattamente uguale a quello tropico (***), cioè a quello solare medio (l’eccedenza ammonterà a un giorno soltanto dopo 3.323 anni). 

Tranne questa “omissione” – introdotta nell’ottobre 1582, per cui si andò a dormire la notte di giovedì 4 ottobre 1582 e ci si risvegliò all’alba di venerdì 15 ottobre –, il nostro calendario è rimasto quello attribuito a Giulio Cesare e corretto sotto Augusto (****).

Il vecchio calendario giuliano rimase in vigore fino al 1700 nella Germania luterana, fino al 1751 nell’Inghilterra anglicana (quando furono tolti gli ultimi 11 gg. di febbraio 1752), e fino al 1917 in Russia, nonostante nel XVIII sec. Caterina II fosse stata consigliata di adottare quello gregoriano (*****).

Il calendario giudaico contempla un embolismo “perfetto”, ossia l'intercalazione di un mese lunare al terzo, al quinto e all'ottavo anno di un periodo di diciotto anni (ciclo metonico), per far coincidere gli anni lunari con quelli solari.

Le relative voci di Wikipedia sono accurate, e si legge che il calendario sovietico era più preciso di quello gregoriano. Poco noto, invece, che la datazione “avanti Cristo” è stata introdotta piuttosto di recente, vale a dire solo nel XVIII secolo. Una scala del tempo usata in archeologia, geologia e altre discipline scientifiche per calcolare la datazione degli eventi nel passato, è quella espressa con “BP”, in inglese before present, ossia prima del (tempo) presente. Siccome il “tempo presente” muta continuamente, si è adottata la convenzione di fissare l’anno 1950 come punto di partenza della scala (di un'era, o periodo o epoca). Per esempio, 1500 BP significa 1500 anni prima del 1950, vale a dire l'anno 450. 

(*) La lunghezza dell’anno tropico era nota agli Egizi; inoltre Th. Mommsen trova che presso i Romani, accanto all’anno ufficiale vi fosse un anno agricolo” di giorni 365,25 col ciclo quadriennale di tre anni di 365 e un anno di 366 giorni, giacché agli agricoltori non poteva essere di alcun vantaggio l’anno ufficiale così vagamente oscillante comera quello del calendario romano precedente la riforma di Cesare; sicché la riforma, sotto questo aspetto, non avrebbe fatto altro che rendere ufficiale un anno già in uso presso gli agricoltori.

(**) Sul modo di come fu attuata nei primi anni la riforma, Solino e Macrobio Teodosio (Saturnali., I, 14-4) riferiscono che dopo la morte di Cesare, i Pontefici, invece d’intercalare il bisesto ogni quattro anni, lo intercalarono ogni tre e ciò fecero per 36 anni, periodo durante il quale intercalarono 12 bisesti anziché 9. Scoperto l’errore, sotto Augusto, per 12 anni non fu intercalato alcun bisesto, affinché fossero riassorbiti i tre intercalari in eccesso, quindi si riprese con gli intercalari ogni 4 anni secondo l’ordinamento di Cesare. Anche Plinio accenna ai 12 anni lasciati correre senza intercalazione, ma lascia intravvedere che ciò si fece per correggere l’errore che sarebbe stato della stessa riforma.

(***) «Secondo la nuova regola, gli anni la cui numerazione è multipla di 100 sono bisestili soltanto se essa è anche multipla di 400 [o le prime due cifre siano divisibili per 4]. Vale a dire: sono bisestili gli anni 1600, 2000, 2400 [...] mentre non lo sono gli anni 1700, 1800, 1900, 2100, 2200, 2300 [...]. Tutti gli altri anni la cui numerazione è multipla di 4, rimangono bisestili. Per i secoli precedenti resta valido il calendario giuliano, quindi anche gli anni 1500, 1400, 1300 sono tutti bisestili.»

(***) Nel 525 l’abate Dionigi il Piccolo suggerì alla Chiesa romana una tavola più completa in sostituzione di quella usata fino ad allora. La tavola di Dionigi (Tabella di Pasqua) introdusse la datazione ab incarnatione Domini, eguagliano l’anno 248 di Diocleziano al 532 di Cristo. La sua èra, insieme alla sua tavola, divenne molto tempo dopo, cioè con Beda, nell’anno 731, d’uso comune in Occidente. Pertanto, è solo in base a questa motivazione che la datazione, anziché far capo da Diocleziano, venne fissata sulla supposta natività di Cristo ad opera di Dionigi il Piccolo nel VI secolo. 

(*****) Sulla conversazione su questo tema tra Caterina II e Giacomo Casanova, v. la sua Storia della mia vita, Meridiani Mondadori, vol. III, pp. 244-45.

L’opera più completa e precisa, benché usi fonti di seconda mano, sulla cronologia in uso presso i diversi popoli è quella di Friedrich Karl Ginzel, Handbuch der mathematischen und technischen Chronologie, edito a Lipsia in 3 voll., 1906-1914. Essa ha lo stesso titolo di un’altra opera, della quale è autore Ludwig Ideler, Handbuch der mathematischen und technischen Chronologie, 2 voll., Berlino, 1825-1826 (si può scaricare in internet). Benché antiquata, offre il miglior quadro generale. In traduzione italiana è disponibile un libro eccellente, scritto da un grande storico: Elias Joseph Bickerman, La cronologia nel mondo antico, La Nuova Italia, 1963.


10 commenti:

  1. Grazie mille, articolo veramente utile! Avrò letto almeno 5 articoli in cui non si capisce la differenza tra i due calendari

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    1. La differenza è minima eppure sostanziale. Prossimamente scrivro' del calendario rivoluzionario francese

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  2. Per un articolo che sto scrivendo, mi servirebbe sapere esattamente che giorno fosse nel resto dell'Europa quando in Russia era il 17 febbraio 1869 (Giuliano).
    Perché con i bisetstili mi confondo...
    Se mi puoi aiutare, te ne sarei grato.
    Luigi

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    1. bisogna AGGIUNGERE 12 giorni
      dal 1901 AGGIUNGERE 13 giorni
      quindi il 17 febbraio 1869 a Mosca era il primo marzo in occidente, un lunedì

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  3. Ciao, ma è vero che dicono che in realtà ora sia il 2012 e che la fine del mondo dei Maya sia prossima? Grazie

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  4. Ciao, bell'articolo. Mi è sorto un dubbio. Ho letto la vita di Cellini che scrive espressamente di esser nato nel 1500. Mi chiedo come potesse indicare un anno gregoriano 82 anni prima della sua adozione... O forse il calendario era già usato prima da chi voleva? E se sì, da quanto? Hai una risposta in merito?

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  5. Articolo super. Un chiarimento per favore. Gli anni secolari cancellano tre giorni, cadono ogni 400 anni, quindi 1982 e 2382 e così via sono anni di 362 giorni?

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  6. Ok, ho capito. Gli anni secolari non di visibili per quattro non non diventano bisestile. Grazie

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