[Seguono qui due versioni: la prima, molto sintetica e adatta magari a un copia-incolla, la
seconda un po’ più storico-scientifica, per chi avesse maggiore curiosità per i dettagli].
Il calendario è uno strumento per misurare il tempo. Caio Giulio Cesare riformò il calendario civile romano, che con le modifiche apportate nel 1582 regnante papa Gregorio XIII, ancora oggi regola l'alternarsi degli anni ordinari e di quelli bisestili.
*
Fin dalla più remota antichità si pose il problema di far coincidere l’anno civile (ossia quello del
calendario) con l’anno tropico, ossia l’anno solare. I calcoli effettuati furono molto accurati per
l’epoca. Si stabilì che l’anno solare aveva una durata media di 365 giorni e un quarto (ossia quando
la Terra torna esattamente in linea con l’equinozio). Non potendo stabilire la durata dell’anno civile
a 365,25 giorni, ovvero 365 giorni e sei ore, si adottò la soluzione di farlo durare 365 giorni,
aggiungendo però un giorno intercalare (detto “bisestile”) ogni quattro anni (quelli divisibili per 4).
Questa fu la riforma adottata da Giulio Cesare, da cui il nome di calendario giuliano.
Essendo calcolato l’anno civile medio (calendario) in 365,25 giorni (compresi gli anni bisestili) ed
invece quello solare in 365,2422 giorni, l’anno civile risulta più lungo di circa 11’ e 13,92”, dunque
con uno scostamento di 673,92 secondi ogni anno, il calendario giuliano registra un ritardo rispetto
a quello solare di un giorno ogni 128 anni (86.400” diviso 673,92” = 128,20). Nel XV secolo, tale
ritardo del calendario giuliano rispetto all’equinozio di primavera ammontava a 10 giorni, ovvero
segnava la data dell’11 marzo anziché del 21 marzo. Quando il calendario giuliano segnava la data
del 21 marzo, l’anno solare reale era già al 31 marzo, e dunque anche la Pasqua, che deve cadere dopo
l’equinozio di primavera (vedi Concilio di Nicea), si spostava di 10 giorni verso l’estate e così tutto
il calendario liturgico cristiano. Pertanto, anche il 25 dicembre cadeva (e nel calendario liturgico
ortodosso continua a cadere) nel successivo gennaio (oggi con uno scostamento di 13 giorni).
Calendario solare giuliano (45 a.C.).
365,25 giorni, ovvero 365 1⁄4, ovvero 365 giorni e 6 ore.
Per colmare lo scostamento di sei ore tra il calendario civile e quello solare, ogni quattro anni veniva
intercalato a febbraio un giorno in più, per cui quell’anno era costituito di 366 giorni. L’anno veniva
definito bisestile.
365 x 3 + 366 = 1.461 : 4 = 365,25
Durata dell’anno tropico: 365d 5h 48’ 46,08”
Differenza con il calendario civile: 11’ 13,92”, ossia 660” + 13,92” = 673,92”
Durata dell’anno civile: 365,2500
Durata dell’anno tropico: 365,2422
Differenza: 0,0078 giorni
86.400” x 0,0078 giorni = 673,92”
86.400” giornalieri diviso 673,92” di scostamento annuale tra l’anno solare e il calendario giuliano = 128,20 anni.
Ogni 128 anni il calendario giuliano si scosta di un giorno intero rispetto all’equinozio solare.
Nel 1582, anno della riforma gregoriana del calendario giuliano, lo scostamento ammontava a 10
giorni. Vale a dire che l’equinozio reale del 21 marzo non corrispondeva al 21 marzo del calendario
giuliano, che invece in tale giorno segnava l’11 marzo. Quando il calendario giuliano arrivava a
segnare il 21 marzo, l'anno solare reale era già al 31 marzo. Per questo motivo la data della
Pasqua veniva calcolata con 10 giorni di ritardo rispetto all’equinozio reale, per cui tutto il calendario
liturgico si spostava all’indietro di 10 giorni rispetto all’anno solare effettivo, tanto che la Pasqua poteva cadere, per esempio, il 25 aprile dell’anno giuliano, corrispondente al 5 maggio di quello solare. Oggi, lo scostamento tra il calendario gregoriano e quello giuliano è di 13 giorni, per cui la Pasqua più alta, secondo il calendario liturgico ortodosso ancora in uso in Russia, può cadere fino all'8 maggio del calendario gregoriano (25 aprile di quello giuliano).
La Chiesa cattolica decise di adottare un nuovo sistema di
calcolo del giorno bisestile, in modo da far coincidere la pasqua secondo quanto stabilito a
Nicea e in rapporto all'equinozio reale, e affinché la differenza tra anno civile e quello solare non dovesse riprodurre lo storico scostamento, fu decretato che, pur mantenendo la regola giuliana dell’introduzione di
un anno bisestile ogni 4 anni (cioè di 366 giorni), si cancellassero 3 giorni bisestili ogni 400 anni,
ossia quelli degli anni secolari non divisibili per 400, che nel calendario giuliano erano tutti bisestili.
Agli effetti pratici, gli anni secolari (1700, 1800, 1900 ...), come detto fino allora tutti bisestili, divennero anni comuni di 365 giorni,
tranne quelli divisibili per 400 (vedi nota più avanti per il dettaglio), che rimasero bisestili. In tal modo l’anno civile medio
risulta quasi esatto a quello tropico, cioè a quello solare medio (l’eccedenza ammonterà a
un giorno soltanto dopo 3.323 anni).
In conclusione, i giorni dell'anno sono 365, più uno ogni quattro anni, meno tre giorni ogni quattro secoli (gli anni centenari non divisibili per 400) e meno tre giorni ogni diecimila anni circa.
Inoltre si stabilì di recuperare i giorni di ritardo fino ad allora: il 5 ottobre del 1582
divenne il 15 ottobre. Tale riforma, decretata da papa Gregorio XIII con propria bolla,
prese il nome di calendario gregoriano.
*
Calcolare il tempo con la maggiore accuratezza possibile è stato per ogni civiltà uno scopo
fondamentale. Più la società si sviluppava e più cresceva la richiesta di precisione, in modo da poter organizzare le varie attività, non ultime quelle religiose.
Il problema di ogni sistema di datazione è quello di far coincidere l’anno civile con
quello solare, ossia con l’anno astronomico o tropico; è il periodo di tempo che intercorre tra due ritorni consecutivi del Sole allo stesso punto equinoziale: 365 gg., 5 ore, 48 minuti e 46 secondi (arrotondati).
Il criterio informatore della riforma di Cesare fu quello di far coincidere l’anno civile quanto più esattamente possibile con l’anno tropico, la cui differenza era ritenuta di poco differente da 365,25 giorni.
Anche prima della riforma di Cesare, i Romani davano all’anno civile la lunghezza media di 365,25; però raggiungevano questo valore con un calendario lunare in un ciclo di 24 anni con una compensazione saltuaria e complicata che non sempre veniva seguita regolarmente. Il Collegio dei Pontefici infatti ebbe facoltà di variarla, specialmente per evitare che le nundinae (giorni di mercato che cadevano ogni nove giorni) coincidessero col primo gennaio, coincidenza ritenuta infausta per la repubblica (*).
Assumendo il suddetto valore come lunghezza dell’anno civile, si stabilì che in ogni quadriennio vi fossero tre anni di 365 e un anno di 366 giorni, inserendo il giorno intercalare nel mese di febbraio, tra le feste Terminali, che cadevano il VII kalendas martias, e il Regifugium, che cadeva il VI kalendas martias (ovvero tra il 24 e il 25 febbraio), onde il giorno intercalato si disse bis sexstus kalendas martias, da cui l’anno prende il nome di bisestile (**).
Il nuovo calendario fu promulgato nell’anno del terzo mandato consolare, vale a dire nel 708 ab urbe condita (45 a. C.). L’anno venne suddiviso in 12 parti di durata compresa tra 28 e 31 giorni. L’inizio dell’anno era già stato portato al 1° gennaio nel 153 a.C., congiuntamente alla nomina annuale dei consoli. Nel Medioevo il primo giorno dell’anno cambiò spesso.
Fatto rimarchevole fu l’introduzione del mese, un’unità di conto astratta, indipendente dall’astronomia, dalla religione e dall’economia per cui il sistema d’orientamento nel tempo divenne, caso unico nella storia, uno strumento per muoversi in un universo quantificato. Infatti, il ciclo annuale è imposto dalla rivoluzione della Terra, il mese lunare è legato ai moti del satellite, quella che chiamiamo settimana, di cinque, di sette, otto o dieci giorni è ancorata nelle diverse culture al ritmo della liturgia o del mercato, il giorno è identificato dal sorgere e tramontare del sole, la divisione dell’anno in dodici parti è invece solo una misura.
Va detto che sulla riforma di Cesare non ci è pervenuto alcun documento ufficiale autentico e nessuna attestazione di contemporanei. Poche e non concordi notizie si hanno da scrittori posteriori di almeno un secolo, i quali sembra ne abbiano scritto raccogliendo dalla tradizione. I cronologisti, dallo Scaligero fino a Ginzel, hanno potuto perciò ricostruire la riforma nelle sue fasi soltanto attraverso lavori di critica più o meno congetturale (vedi Rendiconti della R. Accademia Naz. dei Lincei, Nota di Lorenzo Caldo, relazione presentata dal socio Filippo Angelitti e pubblicata nel vol. XII, serie 6a, fasc. 3-4, agosto 1930).
Stabilito bisestile un anno ogni quattro, in tal modo la durata media dell’anno giuliano risultava di 365 giorni e un
quarto. Ne consegue che il calendario giuliano è ciclico ogni 4 anni, equivalenti a 365 × 4 + 1 = 1.461 giorni. Considerando anche i giorni della
settimana, il calendario giuliano è ciclico ogni 1.461 × 7 = 10.227
giorni che equivalgono a 4 × 7 = 28 anni (questo perché 1.461 non è divisibile
per 7). La differenza con l’anno tropico risulta così di soli 11 minuti e 14
secondi circa, una precisione molto accurata per l’epoca. (secondo le tavole alfonsine del 1252, l'anno tropico sarebbe di 365 gg. 5 ore 49' e 16").
Questa differenza di 11’ e 14’’, (complessivamente 674 secondi) pari a poco più di un centesimo di
giorno, si accumulava col passare dei secoli, per cui la data d’inizio
delle stagioni (gli equinozi e i solstizi) si spostava man mano in avanti, perdendo un giorno ogni 128
anni circa (secondi in un giorno 86.400 : 674 = 128,18). Conseguenza, ad esempio, fu che l’equinozio reale, in base alle
osservazioni astronomiche, 21 marzo, nel calendario risultava ancora il giorno 11 marzo 1582, con un ritardo di 10 giorni.
Papa Gregorio XIII, subito dopo il suo insediamento, s’impegnò di attuare i decreti varati dalle
varie sezioni del Concilio di Trento, tra i quali uno di essi richiamava quanto stabilito dal Concilio
di Nicea, nel 325, ossia che la Pasqua si celebrasse la domenica seguente il plenilunio
dopo l’equinozio di primavera. Fino ad allora, per effetto del calendario giuliano, la Pasqua veniva a cadere nella data sbagliata, e di
conseguenza erano sbagliati anche i periodi liturgici collegati alla Pasqua, e
cioè la Quaresima e la Pentecoste.
La commissione vaticana incaricata di riformare il calendario, la scuola di matematica del Collegio Romano, della quale facevano parte, tra gli
altri, Cristoforo Clavio e Giuseppe Moleti, si concentrò su un ingegnoso progetto di riforma del
calendario che era stato elaborato da Luigi Lilio. Il progetto, presentato dal fratello Antonio,
permetteva di mantenere l’equinozio di primavera (nel calendario) in una data fissa e certa, il 21 marzo, consentendo di determinare con precisione la data della Pasqua.
Gregorio XIII, a Mondragone, con la bolla Inter gravissimas pastoralis officii nostri curas, promulgò il nuovo
calendario il 24 febbraio 1582.
La sostanziale
differenza tra il calendario giuliano e quello gregoriano non è altro che una nuova regola degli anni bisestili.
Fu decretato che si mantenesse la regola giuliana
dell'introduzione di un anno bisestile ogni 4 anni (cioè di 366 giorni), ma che si cancellassero 3
giorni ogni 400 anni, ossia gli anni secolari, che nel calendario giuliano erano tutti bisestili, per compensare quella critica differenza di 11’ e 14’’ tra l’anno solare e quello civile. Tali
anni secolari divennero anni comuni di 365 giorni, tranne quelli divisibili per 400, che
rimasero bisestili. In tal modo l’anno civile medio è quasi esattamente uguale a quello tropico
(***), cioè a quello solare medio (l’eccedenza ammonterà a un giorno soltanto dopo 3.323 anni).
Tranne questa riforma – introdotta nell’ottobre 1582, per cui si andò a dormire la notte di giovedì 4 ottobre 1582 e ci si risvegliò all’alba di venerdì 15 ottobre –, il nostro calendario è rimasto quello attribuito a Giulio Cesare e corretto sotto Augusto (****).
Il vecchio calendario giuliano rimase in vigore fino al 1700 nella Germania luterana, fino al 1751 nell’Inghilterra anglicana (quando furono tolti gli ultimi 11 gg. di febbraio 1752), e fino al 1917 in Russia, nonostante nel XVIII sec. Caterina II fosse stata consigliata di adottare quello gregoriano (*****).
Il calendario giudaico contempla un embolismo “perfetto”, ossia l'intercalazione di un mese lunare al terzo, al quinto e all'ottavo anno di un periodo di diciotto anni (ciclo metonico), per far coincidere gli anni lunari con quelli solari.
Le relative voci di Wikipedia sono accurate, e si
legge che il calendario sovietico era più preciso di quello gregoriano. Una scala del tempo usata in
archeologia, geologia e altre discipline scientifiche per calcolare la datazione degli eventi del passato, è quella espressa con “BP”, in inglese before present, ossia prima del (tempo)
presente. Siccome il “tempo presente” muta continuamente, si è adottata la
convenzione di fissare l’anno 1950 come punto di partenza della scala (di
un'era, o periodo o epoca). Per esempio, 1500 BP significa 1500 anni prima del
1950, vale a dire l'anno 450.
(*) La lunghezza dell’anno tropico era nota agli Egizi; inoltre Th. Mommsen trova che presso i Romani, accanto all’anno ufficiale vi fosse un “anno agricolo” di giorni 365,25 col ciclo quadriennale di tre anni di 365 e un anno di 366 giorni, giacché agli agricoltori non poteva essere di alcun vantaggio l’anno ufficiale così vagamente oscillante com’era quello del calendario romano precedente la riforma di Cesare; sicché la riforma, sotto questo aspetto, non avrebbe fatto altro che rendere ufficiale un anno già in uso presso gli agricoltori.
(**) Sul modo di come fu attuata nei primi anni la riforma, Solino e Macrobio Teodosio (Saturnali., I, 14-4) riferiscono che dopo la morte di Cesare, i Pontefici, invece d’intercalare il bisesto ogni quattro anni, lo intercalarono ogni tre e ciò fecero per 36 anni, periodo durante il quale intercalarono 12 bisesti anziché 9. Scoperto l’errore, sotto Augusto, per 12 anni non fu intercalato alcun bisesto, affinché fossero riassorbiti i tre intercalari in eccesso, quindi si riprese con gli intercalari ogni 4 anni secondo l’ordinamento di Cesare. Anche Plinio accenna ai 12 anni lasciati correre senza intercalazione, ma lascia intravvedere che ciò si fece per correggere l’errore che sarebbe stato della stessa riforma.
(***) «Secondo la nuova regola, gli anni la cui
numerazione è multipla di 100 sono bisestili soltanto se essa è anche multipla
di 400 [o le prime due cifre siano divisibili per 4]. Vale a dire: sono bisestili gli anni 1600, 2000, 2400 [...] mentre non lo
sono gli anni 1700, 1800, 1900, 2100, 2200, 2300 [...]. Tutti gli altri anni la
cui numerazione è multipla di 4, rimangono bisestili. Per i secoli precedenti
resta valido il calendario giuliano, quindi anche gli anni 1500, 1400, 1300 sono
tutti bisestili.»
(***) Nel 525 l’abate Dionigi il Piccolo suggerì alla
Chiesa romana una tavola più completa in sostituzione di quella usata fino ad
allora. La tavola di Dionigi (Tabella di Pasqua) introdusse la
datazione ab incarnatione Domini,
eguagliano l’anno 248 di Diocleziano al 532 di Cristo. La sua èra, insieme alla
sua tavola, divenne molto tempo dopo e progressivamente, cioè con Beda nell’anno 731, d’uso
comune in Occidente. Pertanto, è solo in base a questa motivazione che la
datazione, anziché far capo da Diocleziano, venne fissata sulla supposta natività
di Cristo ad opera di Dionigi il Piccolo nel VI secolo.
(*****) Sulla conversazione su questo tema tra Caterina II e Giacomo Casanova, v. la sua Storia della mia vita, Meridiani Mondadori, vol. III, pp. 244-45.
L’opera più completa e precisa, benché usi fonti di seconda mano, sulla cronologia in uso
presso i diversi popoli è quella di Friedrich Karl Ginzel, Handbuch der mathematischen und
technischen Chronologie, edito a Lipsia in 3 voll., 1906-1914. Essa ha lo stesso titolo di un’altra
opera, della quale è autore Ludwig Ideler, Handbuch der mathematischen und technischen
Chronologie, 2 voll., Berlino, 1825-1826 (si può scaricare in internet). Benché antiquata, offre il
miglior quadro generale. In traduzione italiana è disponibile un libro eccellente, scritto da un grande storico: Elias Joseph Bickerman, La cronologia nel mondo
antico, La Nuova Italia, 1963.
Grazie mille, articolo veramente utile! Avrò letto almeno 5 articoli in cui non si capisce la differenza tra i due calendari
RispondiEliminaLa differenza è minima eppure sostanziale. Prossimamente scrivro' del calendario rivoluzionario francese
EliminaPer un articolo che sto scrivendo, mi servirebbe sapere esattamente che giorno fosse nel resto dell'Europa quando in Russia era il 17 febbraio 1869 (Giuliano).
RispondiEliminaPerché con i bisetstili mi confondo...
Se mi puoi aiutare, te ne sarei grato.
Luigi
bisogna AGGIUNGERE 12 giorni
Eliminadal 1901 AGGIUNGERE 13 giorni
quindi il 17 febbraio 1869 a Mosca era il primo marzo in occidente, un lunedì
Ciao, ma è vero che dicono che in realtà ora sia il 2012 e che la fine del mondo dei Maya sia prossima? Grazie
RispondiEliminaquant'è vero che la terra è piatta
EliminaCiao, bell'articolo. Mi è sorto un dubbio. Ho letto la vita di Cellini che scrive espressamente di esser nato nel 1500. Mi chiedo come potesse indicare un anno gregoriano 82 anni prima della sua adozione... O forse il calendario era già usato prima da chi voleva? E se sì, da quanto? Hai una risposta in merito?
RispondiEliminaArticolo super. Un chiarimento per favore. Gli anni secolari cancellano tre giorni, cadono ogni 400 anni, quindi 1982 e 2382 e così via sono anni di 362 giorni?
RispondiEliminaOk, ho capito. Gli anni secolari non di visibili per quattro non non diventano bisestile. Grazie
RispondiEliminaesatto, come scritto in nota **
Eliminaa che date corrispondono le date : VI calenda di dicembre e VII calenda di Febbraio?
RispondiEliminaGrazie
deve contare all'indietro dal primo giorno del mese
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