martedì 8 maggio 2018

Maschere / 3



Tra le molte altre maschere, penso non a Fusaro Diego, al quale in questo blog ho dedicato fin troppo spazio, né a David Harvey, che tanto solluchero salivare produce negli “anticapitalisti”, ma altresì a quel bel tomo di Thomas Piketty, che con le sue robinsonate ha raggiunto notorietà universale.

“Ogni società ha bisogno di una grande storia per giustificare le sue disuguaglianze”, denuncia Piketty. “Nelle società contemporanee è la narrativa meritocratica: la disuguaglianza moderna deriva da un processo liberamente scelto in cui ognuno ha le stesse opportunità”. Segue la critica tagliente a questa narrazione: “Il problema è che c'è un abisso tra le proclamazioni meritocratiche ufficiali e la realtà”. Bene, e quali sarebbero? Piketty non ha dubbi e con un grafico corrobora il suo giudizio negativo sui nuovi criteri di selezione (Parcoursup) per l’accesso universitario in Francia.

La disuguaglianza moderna affonda le sue radici nella disparità delle opportunità, ci racconta Piketty. Se solo avessimo tutti le stesse opportunità, la schiavitù moderna svanirebbe d’incanto. Però resta indeterminato che cosa realmente e concretamente sia causa dell’ineguaglianza sul piano delle opportunità. Delle contraddizioni insite nei rapporti di produzione in fondo a questa gente importa nulla.

Mi faceva notare a suo tempo un lettore del blog che dobbiamo gratitudine a questi illuminati personaggi poiché si posizionano contro il capitalismo. S’è per questo anche la tenace genìa di CasaPound dichiara opposizione al capitalismo! Ogni tanto sarebbe bene “riannodare” le giunzioni sinaptiche, per esempio rileggendo cosa scriveva il giovane Marx a riguardo del socialismo reazionario e picco-borghese, rilevando così quanto quell’antico giudizio vesta perfettamente l’anticapitalismo tout court, di destra e di sinistra, moderato o intransigente.

Sarà un caso che Marx non si dichiarò mai anticapitalista? Contro la legge del valore, il saggio medio del profitto, e via dicendo? Contro la grande industria moderna, l’espansione dei mercati? Dichiararsi contro lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido è tipico di molti borghesi. La borghesia è sempre in lotta, se gli conviene anche contro di sé, come ci dimostra da secoli ormai.

Prendere realmente posizione contro lo stato di cose presenti, significa prima di tutto manifestare la propria determinazione per il comunismo. L’anticapitalismo di per sé non basta, non ci dice ancora nulla sulla nostra effettiva posizione politica e di classe.

È lo stesso economista, Piketty, che in un’intervista ammette candidamente di non aver mai veramente letto Marx perché “difficile” e “poco interessante”. Testuale (*). Come tanti l’avrà sfogliato, sarà arrivato a leggere forse le prime due pagine del primo capitolo. Evviva la franchezza.  Però, come già Achille Luria, non si esime:

«Marx pare voler fare a meno del tutto della contabilità nazionale che si sviluppa intorno a lui: un fatto increscioso, perché, se ne avesse tenuto conto, avrebbe potuto in una certa misura confermare le proprie intuizioni sull'enorme accumulo di capitale privato peculiare dell'epoca, e soprattutto avrebbe potuto chiarire meglio il proprio modello interpretativo».

Chiarire meglio il proprio modello interpretativo! Tipica idiozia. È proprio la mancata comprensione di tale aspetto, come di altri, che impedisce a quest’asino di Piketty di afferrare come la critica dell’economia marxiana non sia riducibile agli aspetti circolatori, finanziari e distributivi, né al particulare nazionale (tra l'altro assimila concetti come ricchezza privata e accumulazione di capitale).

Inoltre, quando Piketty afferma che Marx “come Ricardo intende concentrare il proprio lavoro nell’analisi delle contraddizioni logiche connotate al sistema capitalistico”, rivela che egli non sa nulla del metodo d’indagine marxiano, della vera e propria rottura epistemologica compiuta da Marx, che di per sé costituisce un altro suo merito scientifico e storico.


(*) Chotiner: Can you talk a little bit about the effect of Marx on your thinking and how you came to start reading him?
Piketty: Marx?
Chotiner: Yeah.
Piketty: I never managed really to read it. I mean I don’t know if you’ve tried to read it. Have you tried?
Chotiner: Some of his essays, but not the economics work.

Piketty: The Communist Manifesto of 1848 is a short and strong piece. Das Kapital, I think, is very difficult to read and for me it was not very influential.

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