Tra le molte altre maschere, penso non a Fusaro
Diego, al quale in questo blog ho dedicato fin troppo spazio, né a David
Harvey, che tanto solluchero salivare produce negli “anticapitalisti”, ma
altresì a quel bel tomo di Thomas Piketty, che con le sue robinsonate ha
raggiunto notorietà universale.
“Ogni società ha bisogno di una grande storia per
giustificare le sue disuguaglianze”, denuncia Piketty. “Nelle società
contemporanee è la narrativa meritocratica: la disuguaglianza moderna deriva da
un processo liberamente scelto in cui ognuno ha le stesse opportunità”. Segue
la critica tagliente a questa narrazione: “Il problema è che c'è un abisso tra
le proclamazioni meritocratiche ufficiali e la realtà”. Bene, e quali
sarebbero? Piketty non ha dubbi e con un grafico corrobora il suo giudizio negativo
sui nuovi criteri di selezione (Parcoursup) per l’accesso universitario in
Francia.
La disuguaglianza moderna affonda le sue radici nella
disparità delle opportunità, ci racconta Piketty. Se solo avessimo tutti le
stesse opportunità, la schiavitù moderna svanirebbe d’incanto. Però resta
indeterminato che cosa realmente e concretamente sia causa dell’ineguaglianza
sul piano delle opportunità. Delle contraddizioni insite nei rapporti di
produzione in fondo a questa gente importa nulla.
Mi faceva notare a suo tempo un lettore del blog che dobbiamo
gratitudine a questi illuminati personaggi poiché si posizionano contro il capitalismo.
S’è per questo anche la tenace genìa di CasaPound dichiara opposizione al
capitalismo! Ogni tanto sarebbe bene “riannodare” le giunzioni sinaptiche, per
esempio rileggendo cosa scriveva il giovane Marx a riguardo del socialismo
reazionario e picco-borghese, rilevando così quanto quell’antico giudizio vesta
perfettamente l’anticapitalismo tout court, di destra e di sinistra, moderato o
intransigente.
Sarà un caso che Marx non si dichiarò mai
anticapitalista? Contro la legge del valore, il saggio medio del profitto, e
via dicendo? Contro la grande industria moderna, l’espansione dei mercati? Dichiararsi
contro lo sfruttamento aperto, spudorato, diretto e arido è tipico di molti borghesi.
La borghesia è sempre in lotta, se gli conviene anche contro di sé, come ci
dimostra da secoli ormai.
Prendere realmente posizione contro lo stato di cose
presenti, significa prima di tutto manifestare la propria determinazione per il comunismo. L’anticapitalismo di
per sé non basta, non ci dice ancora
nulla sulla nostra effettiva
posizione politica e di classe.
È lo stesso economista, Piketty, che in un’intervista
ammette candidamente di non aver mai veramente letto Marx perché “difficile” e
“poco interessante”. Testuale (*). Come tanti l’avrà sfogliato, sarà arrivato a
leggere forse le prime due pagine del primo capitolo. Evviva la franchezza. Però, come già Achille Luria, non si esime:
«Marx pare
voler fare a meno del tutto della contabilità nazionale che si sviluppa intorno
a lui: un fatto increscioso, perché, se ne avesse tenuto conto, avrebbe potuto
in una certa misura confermare le proprie intuizioni sull'enorme accumulo di
capitale privato peculiare dell'epoca, e soprattutto avrebbe potuto chiarire
meglio il proprio modello interpretativo».
Chiarire meglio il proprio modello interpretativo! Tipica idiozia. È proprio la mancata comprensione di tale aspetto,
come di altri, che impedisce a quest’asino di Piketty di afferrare come la
critica dell’economia marxiana non sia riducibile agli aspetti circolatori,
finanziari e distributivi, né al particulare
nazionale (tra l'altro assimila concetti come ricchezza privata e accumulazione
di capitale).
Inoltre, quando Piketty afferma che Marx “come
Ricardo intende concentrare il proprio lavoro nell’analisi delle contraddizioni
logiche connotate al sistema capitalistico”, rivela che egli non sa nulla del metodo d’indagine marxiano,
della vera e propria rottura epistemologica compiuta da Marx, che di per sé costituisce
un altro suo merito scientifico e storico.
(*) Chotiner: Can you talk a little bit about the
effect of Marx on your thinking and how you came to start reading him?
Piketty: Marx?
Chotiner: Yeah.
Piketty: I
never managed really to read it. I mean I don’t know if you’ve tried to
read it. Have you tried?
Chotiner: Some of his essays, but not the economics
work.
Piketty: The Communist Manifesto of 1848 is a short
and strong piece. Das Kapital, I think,
is very difficult to read and for me it was not very influential.
Chissà quale traduzione ha Xi Jinping
RispondiEliminami hai fatto morire :D
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