Troppo facile e comodo stracciarsi le vesti ora. Né
di destra né di sinistra, le ideologie sono morte. Così si diceva, e serviva da
sponda per demolire tutto ciò che contrastava con le sorti magnifiche e
progressive del neoliberismo. Eludendo una contraddizione fondamentale: che se
da un lato la produzione è sociale, dall’altro la proprietà è privata. Quando
lunedì scorso scrivevo: “lo Stato ha perso ruolo quale regolatore del meccanismo della riproduzione sociale, di garante e interprete dei principi costituzionali e della loro estrinsecazione nella sfera della legislazione, lasciando esposto il lavoro alla condizione darwiniana del mercato”, proprio a questo alludevo. Bisogna
dare peso alle parole. Tutto ciò che sta succedendo sotto i nostri occhi da
molti anni, non solo in Italia, e di cui paghiamo sempre più le conseguenze, ha
a che fare con tale situazione e con l’ideologia che l’ha favorita. È sempre
dai rapporti di produzione, piaccia o no, che bisogna partire se si vuol
tentare di uscire dalle nebbie della mera analisi politologica, ossia se non ci
si vuole fermare alle ombre “misteriose” proiettate sul fondo della caverna.
Dal capitalismo in poi si chiamano rapporti di produzione, ma l'essenza è lo sfruttamento che il Potere fa delle persone tutte:sia lavoratori che nani, ballerine e intellettuali titillatori di movimenti peristaltici.Sfruttamento che avviene da 12.000 anni.
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