martedì 1 maggio 2018

Primo maggio: non c'è nulla da festeggiare


Alcuni giorni or sono, un alto prelato del disciolto Partito democratico è sortito con questa frase: “Il lavoro non è solo stipendio a fine mese”. Bravo, Matteo Orfini.

Dunque non di solo pane vive l’uomo, come ebbe a dettare Eusebio di Cesarea nel redigere i Vangeli canonici all’inizio del IV secolo. Non basta vivere di elemosine, siano queste nella specie del salario oppure di un reddito di cittadinanza, come predicano i nuovi evangelici.

A differenza degli altri animali l’uomo fa della sua attività vitale l’oggetto stesso del suo volere, mentre l’animale è tutt’uno con la sua attività vitale, non si distingue da essa; produce per sé e per i suoi nati, ossia produce parzialmente e per soddisfare il bisogno immediato. L’uomo produce universalmente, anche libero dal bisogno immediato. L’animale produce per sé stesso, mentre l’uomo riproduce l’intera natura. È appunto nel modo dell’attività vitale che si rintraccia l’intero carattere di una specie. L’attività consapevole è il carattere specifico dell’uomo. Eccetera.

Tanto più l’uomo è privato di questo suo carattere peculiare, tanto più diventa unilaterale e simile alla bestia. In fondo i nazisti, nel loro incipit concentrazionario, “Arbeit macht frei”, coglievano nel giusto. Il lavoro rende liberi, ma essi omettevano però di specificare la natura e i modi del lavoro cui costringevano i loro schiavi.

Succede la stessa cosa ad ogni buon o cattivo borghese che sia. Fa loro comodo non considerare il lavoro salariato per ciò che in realtà rappresenta, ossia il lavoro di schiavi moderni, lavoro sfruttato e alienato, e che come tale abbassa l’attività autonoma, la libera attività, ad un mezzo, riduce cioè il lavoro dell’uomo a mero mezzo della sua esistenza fisica, non molto diversamente da un animale da lavoro.

Ecco dunque che con il lavoro non si tratta solo di garantire pane e companatico, dunque un reddito, ma dovrebbe essere anche altro da ciò che effettivamente è essenzialmente ed esclusivamente in questa società, ossia merce e alienazione.

Perciò oggi non c’è proprio nulla da festeggiare, almeno nei modi e nelle parole con cui viene fatto di solito.

2 commenti:

  1. era iniziata come la festa del lavoro che si voleva liberare dal capitale e dal salario, o almeno i non molti lungimiranti così la intendevano

    giustamente festeggiano padroni, padroncini, capetti, autorità varie, cioè coloro che dall' estorsione di plusvalore sono mantenuti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. A Parigi qualcosa s'è fatto, ma ancora troppo, troppo poco. La festa doveva cominciare dall'eliseo ...

      Elimina