Per
farsi un’idea di quale sia stato l’effettivo impatto dell’influenza di Marx e
della sua opera fondamentale in Italia, e dunque presso i gruppi dirigenti socialisti
e poi comunisti, così come più in generale presso gli intellettuali di allora,
è sufficiente citare Wikipedia:
«La prima divulgazione in lingua
italiana del Capitale, sotto forma di
compendio del Libro I, fu opera dell'anarchico Carlo Cafiero. Il testo, che
constava di 10 brevi capitoli (126 pagine in tutto), fu terminato nel marzo del
1878 e pubblicato il 20 giugno 1879 col titolo: Il capitale di Carlo Marx
brevemente compendiato da Carlo Cafiero. Libro primo. Sviluppo della produzione
capitalista.
In seguito, il testo dell'opera fu
tradotto in italiano nel 1886 e pubblicato per la prima volta, seppur in versione incompleta,
dall'Unione Tipografico-Editrice di Torino (UTET) allora diretta dal genovese
Gerolamo Boccardo, che riunì 43 dispense pubblicate in precedenza. La prima
traduzione autorizzata da Karl Marx è però quella riassunta da Gabriele Deville su traduzione di Ettore Guindani
pubblicata nel 1893 a cura del giornale di Cremona "L'eco del
popolo"».
Precisazione:
in italiano la “prima traduzione autorizzata da Karl Marx” semplicemente non
esiste, non avendo Marx mai autorizzato un’edizione italiana, sia essa
integrale o semplicemente “riassunta”, tantomeno vent’anni dopo la sua morte.
In verità la prima edizione de Il Capitale è del 1886, esemplata sull’edizione francese di Roy che, in quanto
autorizzata da Marx (il quale fu tutt’altro che entusiasta della traduzione),
fu ritenuta preferibile ad una nuova versione dal tedesco.
Questa
prima traduzione, a cura di Gerolamo Boccardo, fu edita a Torino presso
l’Unione Tipografico-Editrice, via Carlo Alberto 33, Bibilioteca
dell’economista, terza serie, vol. IX/2, pp. 1-686. Traduttore si presume lo
stesso Boccardo, anche se la cosa non è certa poiché gli archivi dell’editore
sono andati distrutti. Il testo fu ripubblicato in edizione stereotipa (1916,
1924). Riapparso nell’edizione di Luigi Firpo del 1945 e in ristampe rivedute a
partire dal 1947. Nel 1974 la UTET decise di sostituire la vecchia edizione di
Boccardo con una nuova a cura di A. Macchioro, con traduzione di Bruno Maffi,
con riferimento alla IV edizione tedesca curata da Engels.
Nel
1915 si ebbe, per i tipi dell’Avanti!, come VII volume delle opere di
Marx-Engels-Lassalle (!), un’edizione fatta sul rimaneggiamento di quella
cosiddetta “popolare” di Kautsky.
Dalle
edizioni UTET in mio possesso, da un loro confronto con altre edizioni, non si
può dire che si tratti di cattivissime traduzioni, e però va tenuto conto che
oggi non è più possibile fare riferimento, per vari motivi, né esclusivamente
all’edizione tedesca e tantomeno a
quella francese.
La
terza traduzione in italiano, la più diffusa, fu quella di Delio Cantimori del
1951, per le edizioni Rinascita, poi riedita più volte dagli Editori Riuniti. È
la prima traduzione condotta con criteri moderni in quanto a fedeltà al testo,
sull’esemplare tedesco della IV edizione.
Pertanto
solo nel dopoguerra si ebbero in
italiano delle edizioni decenti del I Libro de Il Capitale. Critica dell’economia politica.
Sulle
diverse e quasi tutte cattive e infedeli traduzioni de Il Capitale nelle
diverse lingue sarebbe utile tradurre dei lavori specialistici. Ad
ogni modo non è casuale che nell’ottobre 1885 Engels si senta costretto a
scrivere l’articolo Come non deve essere
tradotto Marx, segnatamente con riferimento ai brani tradotti in inglese da
Hyndman, sotto lo pseudonimo di John Broadhause. Engels stigmatizzava i
moltissimi errori e totali fraintendimenti presenti in tale traduzione. Non fu
certo l’unico caso, tutt’altro.
Anche
nell’edizione italiana degli Editori Riuniti si possono rintracciare degli
svarioni, per esempio laddove l’espressione “valore d’uso” (Gebrauchswert) a volte è resa con
“valore di scambio”, ecc..
Per
un’edizione critica del I Libro del
Capitale, con le diverse varianti marxiane e altri manoscritti inerenti, si
dovrà attendere il XXI secolo, quale volume XXXI delle opere di Marx ed Engels,
però non nell’edizione della MEOC degli Editori Riuniti (abortita ben prima dei
50 volumi previsti), bensì per le Edizioni La Città del Sole, Napoli, 2011,
curata da Roberto Fineschi, con traduzioni di Cantimori, Fineschi e Giovanni
Sgrò.
Per
quanto riguarda invece il II e III Libro dell’opera di Marx, la loro traduzione
fu molto più tardiva rispetto al I Libro. Del resto, se il I Libro l’hanno
letto effettivamente in pochi (cioè non solo compulsato, sfogliato, letto di
seconda e terza mano, riassunto a mo’ di Bignami), il II e III Libro ha
interesatto solo uno sparuto gruppo di Mohicani, dei poveracci in via
d’estinzione, cioè quelli che davvero hanno studiato e non semplicemente
leggiucchiato Marx, in un paese, l’Italia, in cui è diffusissima la sicumera sui
limiti, l’inattualità e recentemente la riscoperta di Marx.
Per
chiudere, una curiosità che la dice lunga sulla disinvoltura dell’intellighenzia
italiota sul tema. Ho qui l’edizione del 1899 de Il Capitale – Estratti, a cura di Paolo Lafargue, lo stravagante
genero di Marx. Lo pubblica Remo Sandron editore, Milano-Palermo, facendo precedere
una “Introduzione critica” di quell’insulso assoluto che fu Vilfredo Pareto,
seguita dalla scolorita replica dello stesso Lafargue. Ebbene s’inizia così: “Carlo
Marx naque a Treviri il 2 maggio
1818”. L’insulso invece apre con alterigia: “La critica del libro di Carlo Marx
non ha più bisogno di essere fatta. Essa esiste, non solo nelle monografie
speciali che si sono pubblicate su questo argomento, ma ancora, e soprattutto,
nei perfezionamenti portati dall’economia politica alla teoria del valore”. Seguono
innumerevoli stronzate. Ciò che scrisse Engels su Achille Luria vale per
Pareto. Anzi, i due si completano.
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