Marx ed Engels ebbero modo di rendersi ben conto che
le leggi dello sviluppo storico si fanno beffe delle nostre utopie, ossia che
la storia non fa salti. Nella prima prefazione al Capitale Marx scrisse:
In
sé e per sé, non si tratta del grado maggiore o minore di sviluppo degli
antagonismi sociali derivanti dalle leggi
naturali della produzione capitalistica, ma proprio di tali leggi, di tali
tendenze operanti ed effettuantisi con bronzea necessità. Il paese
industrialmente più sviluppato non fa che mostrare a quello meno sviluppato
l'immagine del suo avvenire.
E però Marx pose in chiaro:
A
un dato punto del loro sviluppo, le
forze produttive materiali della società entrano in contraddizione con i
rapporti di produzione esistenti, cioè con i rapporti di proprietà (che ne
sono soltanto l'espressione giuridica) dentro i quali tali forze per l’innanzi
s’erano mosse. Questi rapporti, da forme di sviluppo delle forze produttive, si
convertono in loro catene. E allora subentra un’epoca di rivoluzione sociale.
Con il cambiamento della base economica si
sconvolge più o meno rapidamente tutta la gigantesca sovrastruttura.
Questa contraddizione ha un carattere oggettivo, ed è alla base della crisi
generale del modo di produzione capitalistico, alla radice dei fenomeni che
accompagnano la crisi della società borghese.
Si possono escogitare tutte le riforme della
manualistica borghese, vuoi della fiscalità, delle pensioni, del lavoro e del
welfare in generale, ma si tratta in definitiva, nel tempo lungo (ma non tanto),
di palliativi. Ripeto: tale contraddizione ha un carattere oggettivo ed esplica i suoi effetti indipendentemente dai vani
tentativi di arginarne la dinamica storica.
C’è un altro fatto di cui va tenuto massimo conto. Non c’è analogia possibile con il passato.
Tutte le trasformazioni avvenute nei modi di produzione precedenti non hanno
mutato sostanzialmente i rapporti di produzione, limitandosi a sostituire una
forma di proprietà ad un’altra, una forma di sfruttamento con un’altra. Dalla
proprietà schiavista, alla proprietà feudale, a quella capitalista (*).
Ciò che sta avvenendo nella nostra epoca rivela un
carattere completamente diverso: non si tratta più di sostituire una classe
dominante con un’altra. Sulla base delle possibilità raggiunte dalla tecnologia
e dalla scienza, dalla concentrazione degli assetti industriali e finanziari,
la rivoluzione che sta avvenendo sotto i nostri occhi ha un carattere
radicalmente diverso rispetto al passato, poiché da un lato sta mutando
radicalmente i rapporti di proprietà e dall’altro promuove un processo di
produzione dove il lavoro ha un ruolo sempre più marginale.
È il capitale stesso che sta abbattendo la proprietà
privata; è lo sviluppo stesso delle forze produttive che mette in crisi i
tradizionali rapporti di produzione. Anche se non in
forma pienamente diretta e meccanica, tale contraddizione è destinata a
produrre già nei prossimi lustri, al massimo in un paio di decenni, tali drammatici
sconquassi di ordine sociale e politico, d’instabilità strategica tra le
potenze, che le attuali mene per cavare dal cilindro una figura terza (?!), da mettere
assisa a palazzo Chigi, ci sembreranno ancor più ridicole di quanto lo siano
adesso. Sempre che il famoso "contratto" vada in porto e poi non sorgano, di giorno in giorno, di ora in ora, altri e nuovi contrasti "interpretativi".
(*) Gaetano Mosca, Robert Michels, Max Weber e tutta
la sociologia politica, non hanno fatto altro che registrare ciò che l’evidenza
poneva loro sotto gli occhi. Quanto alle cause
di tali fenomeni politici, ebbene si tratta di tutt’altro paio di maniche. Il
ragionamento analogico, se può essere un utile strumento di pensiero, tuttavia
non è di per sé prova di verità.
«Ciò che sta avvenendo nella nostra epoca rivela un carattere completamente diverso: non si tratta più di sostituire una classe dominante con un’altra.»
RispondiEliminaÈ questo l'«inedito» che alcuna forza politica (o sociale) non riesce ancora a capire.
non frega nulla a nessuno, oggi è la giornata di berlusconi, domani e i prossimi quella del "terzo uomo", poi quella dei ministri, poi quella dei "cento giorni" (ferie permettendo), ecc.
Eliminatra l'altro, hai notato che a parlare del '68 sono i 40-50enni e sempre i maschi e di un certo orientamento? pensa se il prossimo 25 aprile a celebrare sarà chiamato (scegli tu)
Gentile Olympe, la disturbo per chiederle un parere sulla trasmissione de
RispondiEliminaI conti della belva dedicata in parte a Marx, fra gli altri intervengono Fulvio Cammarano, Alberto Martinelli e Marco Gervasoni...
le allego il link e la ringrazio
maurizio
http://www.radio24.ilsole24ore.com/programma/conti-belva/disoccupazione-ricollocazione-marx-anni-180739-gSLA9kdYfC