martedì 27 marzo 2018

Ciò che conta


C’è un fatto incontestabile nella proposta del cosiddetto reddito di cittadinanza: gli oneri ricadrebbero sotto una o più voci della spesa pubblica. Sarebbero dunque a carico delle fiscalità generale. Domanda semplice: qual è la platea sulla quale grava la quasi totalità del gettito ed è costretta a pagare fino all’ultimo centesimo?

Chi ha votato alle recenti elezioni per un programma del genere può averlo fatto per due motivi, altrettanto semplici: è un potenziale beneficiario di tale reddito a go-go, oppure, se appartiene ai ceti sociali costretti a versare all’erario fino all’ultimo centesimo, è un illuso.

Lasciate perdere i seggi elettorali, ci si condanna all'esistente in una società falsamente democratica.

Come ho avuto modo di osservare, il reddito di cittadinanza in sé sarebbe una buona cosa, ma in una società dove il lavoro e la ricchezza sociale ricadono sotto i rapporti di tipo capitalistico, questa misura abbozza confusamente un neokeynesianismo attraverso reti parassitarie. È uno strumento in mano a chi governa a ogni livello da tiranno onorato l’ordine sanguinoso (sì, sanguinoso) della sopravvivenza.

Nella società attuale, il bisogno degli schiavi di vendere la propria forza-lavoro è il fondamento della società di classe, cioè quella dominata dai padroni. In tale contesto il reddito di cittadinanza serve a mantenere in essere tale condizione di base e sotto controllo i meccanismi della riproduzione del sistema.

Forme universali di reddito garantito dovrebbero invece costituire il fondamento di una società dove gli individui non siano sottomessi e tormentati dal bisogno, dove siano liberi di poter scegliere. Infatti, solo chi può scegliere è realmente libero.

La liberazione dell’umanità richiede una completa rivoluzione del nostro intero ordine sociale contemporaneo, ed è illusorio credere di poter trasformare tale possibilità in realtà semplicemente seguendo lo sviluppo “naturale” e “pacifico” della società borghese.

Scriveva Marx: «Ciò che conta non è che cosa questo o quel proletario, o anche tutto il proletariato si rappresenta temporaneamente come fine. Ciò che conta è che cosa esso è e che cosa sarà costretto storicamente a fare in conformità a questo suo essere. Il suo fine e la sua azione storica sono indicati in modo chiaro, in modo irrevocabile, nella situazione della sua vita e in tutta l’organizzazione della società civile moderna».

5 commenti:

  1. Anche un "poco" cretino !

    caino

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    1. mi pare che basti illuso:

      Di persona che s'illude su determinate cose o che si è formata della realtà un concetto errato, molto più roseo del vero: giovani i. sull'avvenire; sei un i. se speri che le cose possano cambiare; è un povero illuso.

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  2. Il problema è che i "rapporti di classe" esisteranno sempre .Anche nell' URSS i vertici del partito si costituirono subito come una nuova classe "padrona" in quanto "proprietaria collettiva " di tutti "mezzi" di potere ,compresi quelli di "produzione" .
    La sopracitata frase di marx è quindi giusta nel senso che oggettivamente in un società l' essere in molti "qualcosa" crea la classe di "qualcosa" e quelli " padroni di nulla" saranno sempre i "proletarii" ( se almeno " la prole" gli sarà lasciata).
    La previsione che non torna è che i "proletarii" storicamente vogliano la rivoluzione più che il proprio miglioramento sociale. La "rivoluzione" invece è sempre solo l' obbiettivo, sotto varii pretesti a cominciare da quello della giustizia sociale , di una "minoranza organizzata " che quando raggiunge lo scopo si costituisce subito come nuova "classe dominante, e il cerchio si chiude.
    ws

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  3. infatti la frase si riferisce al fatto che i proletari per liberare se stessi dovranno necessariamente liberare tutti, spezzando il secolare cerchio del dominio di classe su classe e non riproponendolo in forma diversa

    questa frase estrapolata dalle righe che la precedono spesso ha giustificato una liturgia storicista che con il materialismo storico non ha nulla a che fare

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    1. è una citazione abbastanza nota e un tempo non solo tra gli "addetti", però l'ho ritrovata in questi giorni in un certo contesto di una quarantina d'anni fa. gli anniversari servono almeno a a far prendere aria alle vecchie cose

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