La borghesia trova nello Stato, quale luogo di
massima condensazione del potere politico, e nell’insieme degli apparati
statuali, burocratici, economici, ideologici e repressivi, il mezzo naturale per
veicolare e imporre quelle pratiche essenziali e indispensabili alla
riproduzione della formazione economico-sociale capitalistica.
Paradossalmente è proprio il modo di produzione capitalistico,
che lo Stato s’incarica di garantire con l’imposizione della molteplicità di
quelle pratiche, la causa fondamentale delle contraddizioni che vengono in
superficie in modo devastante nella società e nelle istituzioni borghesi. In tal guisa, però, crisi economica e crisi dello Stato non stanno tra loro in una relazione
semplice di causa-effetto, dalla quale far discendere linearmente che basta armarsi
di pazienza e d’ironia perché passata l’una si risolva anche l’altra.
Siamo a un passaggio d’epoca cruciale, questo la
borghesia l’ha ben chiaro, così com’è evidente che il riformismo è stato
sconfitto dalle stringenti dinamiche di valorizzazione del capitale e dalla crisi del welfare. A
tal fine è sufficiente prendere atto di che cos’è accaduto in termini
elettorali in Francia, Germania, Austria e in Italia in meno di un anno.
Non c’è dubbio vi sia una tendenza accelerata e
irresistibile degli Stati a farsi apertamente illiberali, non più per stroncare
forze realmente antagoniste e autonome (missione compiuta), ma, come
ho rilevato in precedenti occasioni, per incanalare il malcontento e alzare una cortina fumogena atta a generare
confusione sulle reali dinamiche dei processi in atto, sui rapporti di potere,
di proprietà, di forza.
Bisogna tener conto che i tempi e gli obiettivi
più che imposti soggettivamente dalle élite sono determinati oggettivamente
dalla crisi (vedi le elezioni presidenziali negli Usa), dalla cadenza con cui
avvengono radicali mutamenti della struttura economica, dalla complessità e
inestricabilità dei problemi demografici, immigratori, dell'occupazione e di ordine internazionale (la guerra
daziaria non è questione da pigliare sottogamba).
Per contro, se la borghesia nel suo insieme avverte la necessità
di un cambio di rotta sul piano politico, tuttavia le sue componenti non sono unanimemente concordi sulla
strada da seguire, prima tra tutte quella dell’appoggio ai risorgenti movimenti
reazionari a carattere populista e nazionalista. Il livello dello
scontro politico e sociale, tanto più in forza dei risultati elettorali, sta imponendo anche alla frazione più
conservativa e “democratica” della borghesia di arrendersi all’evidenza dei
fatti.
In questo senso andrà letta l’inedita articolazione
del nuovo esecutivo che andrà a formarsi a seguito delle elezioni del 4 marzo
scorso nel laboratorio Italia.
la storia dei dazi commerciali la trovo particolarmente divertente per l' abilità (non ne farei una questione di stile, atteggiamento che gli europei con la puzza sotto al naso non sanno proprio levarsi) con cui Trump vuole portare alcuni dei principali partner a incontri bilaterali che gli permettano di ridurre l' enorme deficit commerciale americano
RispondiEliminavuole fare questa cosa ma non può spingerla fino in fondo, le dinamiche compatte dell'imperialismo mondiale gli impongono di continuare a essere il paese imperiale che consuma le merci di tutti gli altri, pena uno sconquassamento dello status quo dei commerci mondiali che per ora non conviene a nessuno.
il PIL americano è composto per 2/3 di consumi interni (alla faccia di chi pensa che lo stato/mercato interno sia depotenziato nell' era della globalizzazione) di merci importate, gli Usa sono l' unico paese al mondo in cui la lobby degli importatori è molto più forte di quella degli esportatori e i primi che soffrirebbero di una vera e propria trade war sarebbero Wall Street e il CME. Alle aste di titoli di stato della settimana scorsa (offerta molto superiore alla media, la riforma fiscale e il piano infrastrutturale di Trump pretendono il finanziamento) mi sarei aspettato che cinesi (e giapponesi, per questioni valutarie) mandassero un segnale di ritorsione, invece niente: venduto tutto.
le guerre commerciali si sa come cominciano ma non dove finiscono. negli anni Trenta la G.B. era il primo patner commerciale della Germania, per dire
Eliminalo scontro con la Cina non promette bene, e dall'altra parte c'è un Trump che non so davvero chi sia
Mala tempora currunt,....
RispondiEliminased peiora parantur.
non parlavo certo in nome della reciproca convenienza
RispondiEliminala cosa andrà a strappi, gli attori principali sono tutti abbastanza deboli e incasinati tranne i cinesi che politicamente sanno già cosa gli tocca