C’è un fatto incontestabile nella proposta del
cosiddetto reddito di cittadinanza: gli oneri ricadrebbero sotto
una o più voci della spesa pubblica. Sarebbero dunque a carico delle fiscalità
generale. Domanda semplice: qual è la platea sulla quale grava la quasi totalità del gettito ed è costretta a pagare fino all’ultimo
centesimo?
Chi ha votato alle recenti elezioni per un programma
del genere può averlo fatto per due motivi, altrettanto semplici: è un potenziale beneficiario di tale
reddito a go-go, oppure, se appartiene ai ceti sociali costretti a versare
all’erario fino all’ultimo centesimo, è
un illuso.
Lasciate perdere i seggi elettorali, ci si condanna all'esistente in una società falsamente democratica.
Come ho avuto modo di osservare, il reddito di
cittadinanza in sé sarebbe una buona cosa, ma in una società dove il lavoro e
la ricchezza sociale ricadono sotto i rapporti di tipo capitalistico, questa
misura abbozza confusamente un neokeynesianismo attraverso reti parassitarie. È uno strumento in mano a chi governa a ogni livello da tiranno onorato l’ordine sanguinoso (sì,
sanguinoso) della sopravvivenza.
Nella società attuale, il bisogno degli schiavi di
vendere la propria forza-lavoro è il fondamento della società di classe, cioè quella
dominata dai padroni. In tale contesto il reddito di
cittadinanza serve a mantenere in essere tale condizione di base e sotto
controllo i meccanismi della riproduzione del sistema.
Forme universali
di reddito garantito dovrebbero invece costituire il fondamento di una società
dove gli individui non siano sottomessi e tormentati dal bisogno, dove
siano liberi di poter scegliere.
Infatti, solo chi può scegliere è realmente libero.
La liberazione dell’umanità richiede una completa rivoluzione del nostro intero
ordine sociale contemporaneo, ed è illusorio credere di poter trasformare
tale possibilità in realtà semplicemente seguendo lo sviluppo “naturale” e
“pacifico” della società borghese.
Scriveva Marx: «Ciò
che conta non è che cosa questo o quel proletario, o anche tutto il proletariato si rappresenta temporaneamente come fine. Ciò che conta è che cosa esso è e che
cosa sarà costretto storicamente a
fare in conformità a questo suo essere. Il suo fine e la sua azione storica
sono indicati in modo chiaro, in modo
irrevocabile, nella situazione della sua vita e in tutta l’organizzazione
della società civile moderna».
Anche un "poco" cretino !
RispondiEliminacaino
mi pare che basti illuso:
EliminaDi persona che s'illude su determinate cose o che si è formata della realtà un concetto errato, molto più roseo del vero: giovani i. sull'avvenire; sei un i. se speri che le cose possano cambiare; è un povero illuso.
Il problema è che i "rapporti di classe" esisteranno sempre .Anche nell' URSS i vertici del partito si costituirono subito come una nuova classe "padrona" in quanto "proprietaria collettiva " di tutti "mezzi" di potere ,compresi quelli di "produzione" .
RispondiEliminaLa sopracitata frase di marx è quindi giusta nel senso che oggettivamente in un società l' essere in molti "qualcosa" crea la classe di "qualcosa" e quelli " padroni di nulla" saranno sempre i "proletarii" ( se almeno " la prole" gli sarà lasciata).
La previsione che non torna è che i "proletarii" storicamente vogliano la rivoluzione più che il proprio miglioramento sociale. La "rivoluzione" invece è sempre solo l' obbiettivo, sotto varii pretesti a cominciare da quello della giustizia sociale , di una "minoranza organizzata " che quando raggiunge lo scopo si costituisce subito come nuova "classe dominante, e il cerchio si chiude.
ws
infatti la frase si riferisce al fatto che i proletari per liberare se stessi dovranno necessariamente liberare tutti, spezzando il secolare cerchio del dominio di classe su classe e non riproponendolo in forma diversa
RispondiEliminaquesta frase estrapolata dalle righe che la precedono spesso ha giustificato una liturgia storicista che con il materialismo storico non ha nulla a che fare
è una citazione abbastanza nota e un tempo non solo tra gli "addetti", però l'ho ritrovata in questi giorni in un certo contesto di una quarantina d'anni fa. gli anniversari servono almeno a a far prendere aria alle vecchie cose
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