Aggiornato alle 23,40 del 2 marzo.
Questa mattina leggendo notizie sui dazi doganali mi sono venute in mente certe letture che oggi non sono più citate nemmeno per sbaglio. In particolare un libro di John Atkinson Hobson, ai tempi suoi molto noto, tanto da essere molto considerato da Lenin. Qui propongo un passo del libro su un tema che non ha nulla a che fare con questioni di dazi doganali, perciò tranquilli, la lettura fila via liscia.
Questa mattina leggendo notizie sui dazi doganali mi sono venute in mente certe letture che oggi non sono più citate nemmeno per sbaglio. In particolare un libro di John Atkinson Hobson, ai tempi suoi molto noto, tanto da essere molto considerato da Lenin. Qui propongo un passo del libro su un tema che non ha nulla a che fare con questioni di dazi doganali, perciò tranquilli, la lettura fila via liscia.
Fu
un comunista, oppure un socialista, questo Hobson? Macché. Un keynesiano ante
litteram? Fu un fabiano, fondatore del Rainbow Circle, docente universitario e giornalista d’ispirazione
liberale, anche se aveva una qualche ragione Schumpeter a considerarlo l’”arcieretico”
dell’economia politica anglosassone. Infatti, seppur in chiave moralistica (la vaghezza del suo concetto di surplus) e
non marxista (l'approccio borghese di H. fu evidente a Lenin), sottolineò lo sbocco imperialistico del capitalismo e la
connessione tra la sperequata distribuzione delle ricchezze e la
disoccupazione.
Hobson fu un pacifista molto attivo, tanto che nell'estate del 1914 s'oppose all'entrata in guerra della G.B. e fu contro le restrizioni delle libertà civili imposte dal governo in nome dello sforzo bellico. Fu contrario al trattato di Versailles, in particolare per quanto riguarda le disposizioni economiche come le riparazioni di guerra. Nel 1940, nel suo ultimo scritto, auspicò l'immediato intervento degli U.S.A. nel conflitto.
Hobson fu un pacifista molto attivo, tanto che nell'estate del 1914 s'oppose all'entrata in guerra della G.B. e fu contro le restrizioni delle libertà civili imposte dal governo in nome dello sforzo bellico. Fu contrario al trattato di Versailles, in particolare per quanto riguarda le disposizioni economiche come le riparazioni di guerra. Nel 1940, nel suo ultimo scritto, auspicò l'immediato intervento degli U.S.A. nel conflitto.
Durante
la sua lunga vita di scrittore, John pubblicò ben 43 opere, oltre a un numero
imprecisato di opuscoli, di saggi apparsi su diverse riviste di economia,
sociologia e politica. Inoltre un numero sterminato di articoli su quotidiani
quali The Nation, The Manchester
Guardian, The Speaker, ecc..
Cosa
interessante, per quanto riporterò in seguito, è data dal fatto che John Hobson
era figlio e nipote di proprietari di giornali. Suo padre, William (1825-1897),
era proprietario del Derbyshire
Advertiser, e aveva sposato Josephine, sorella del dottor James Atkinson,
di Rotherham. Ecco dunque che il cognome Atkinson viene a John dalla propria
madre.
Non solo, John era fratello di Henry (1861-1921), terzo editore e proprietario del Derbyshire Advertiser, il quale sposò una figlia del dottor Atkinson. Inoltre, sempre John, era fratello anche dell’insigne matematico Ernest William Hobson (1856 - 1933), il cui figlio fu l'eminente giornalista sir Oscar Rudolf Hobson (1886-1961), editor-in-chef del Financial News (1929-34) e del News Chronicle (1935-1959). Da notare che pure Oscar sposò un discendente del dottor Atkinson (*).
Insomma, tutto questo intreccio di parentele, per dire che John A. Hobson aveva una buona e diretta frequentazione con i giornali, i relativi direttori ed editori. Della stampa così ebbe a scrivere, tra l’altro, nella sua opera più importante:
[…]
l’influenza diretta esercitata dalle
grandi aziende finanziare sull’”alta politica” è sostenuta dal controllo che
esse esercitano sul corpo dell’opinione pubblica attraverso la stampa, che in
ogni paese “civile” sta diventando sempre di più un loro obbediente strumento.
Mentre i giornali finanziari specializzati impongono “fatti” e “opinioni” alla
comunità degli affari, la maggior parte della stampa passa sempre più sotto il
dominio consapevole o inconsapevole dei finanzieri. […] A Berlino, Vienna e Parigi molti giornali
influenti appartengono alle aziende finanziarie, che non li usano
principalmente per trarne profitti, ma per suscitare nell’opinione pubblica
credenze e sentimenti tali da influenzare la politica nazionale e di
conseguenza anche il mercato del denaro. In Gran Bretagna questa politica non è
andata ancora molto lontano, ma l’alleanza della stampa con la finanza cresce
ogni anno […]. A parte la stampa
finanziaria e la proprietà finanziaria della stampa in generale, è noto che la
City esercita un’influenza sottile e durevole sui principali giornali di
Londra, e attraverso questi sulla maggior parte della stampa provinciale; d’altra
parte, il fatto che la stampa dipenda interamente per i suoi profitti dalle
colonne della pubblicità, ha creato una riluttanza peculiare a opporsi ai
gruppi finanziari organizzati che hanno il controllo di una parte molto grande
di essa. Si aggiunga a ciò la naturale simpatia per un giornalismo a sensazione
che la stampa a buon mercato ha sempre dimostrato, e diventa evidente perché la
stampa abbia una forte inclinazione verso l’imperialismo, e perché essa si
presti con grande facilità a seguire i consigli degli imperialisti finanziari o
politici che desiderano fomentare il patriottismo […] (Imperialism. A study, 1902, ediz. it. ISEDI, 1974, pp. 54, 55).
(*)
Una famiglia notevole quella degli Hobson. Cinque anni dopo la laurea, John A.
Hobson si è sposato con Florence Edgar (autrice di Shifting Scene (1906), un'opera tutt'ora ristampata; Ideals true and false (1912), di New York. Il loro figlio, Harold
Hobson, sarà direttore generale della Central
Electricity Generating Board, caposaldo dell'industria elettrica
britannica prima della privatizzazione negli anni '90. Forse varrà la pena in
futuro di fare qualche ricerca anche sugli Atkinson di Rotherham (South
Yorkshire), oggi tristemente nota per gli stupri di bimbi.
P.S. : il 4 aprile uscirà questo film. Scommettiamo che non sarà candidato a nulla, specie se sarà un buon film, ossia un film "onesto"?
Davvero interessante questo punto di vista dal passato.
RispondiEliminaA me queste affermazioni sembrano quasi ovvie, ma la maggior parte delle persone è ancora convinta che giornali e televisione facciano informazione. Nel mio piccolo ho praticamente smesso di informarmi attraverso i canali mainstream ed è incredibile come questo ti porti a cambiare il tuo punto di vista sul mondo. Addirittura quello che sento (scelta lessicale molto ponderata) è di avere uno sguardo diverso ed estremamente lucido, chiaro, sulle cose. Alla fine le dinamiche politiche ed economiche sono molto più semplici di quello che si possa pensare.
Il bombardamento mediatico invece impedisce il pensiero lucido, distrae, e crea infinite false credenze.
©Paperin
RispondiEliminaCondivido in pieno il suo commento, e quindi il percorso che mi ha portato alle medesime conseguenze.
Confortante !
Giorgio.
Grazie (come sempre) per questo post, particolarmente interessante in quanto centrato su una figura largamente ignota ai più (io ne conoscevo a malapena il nome, associato ad una specie di socialismo filantropico e moderato, all'uso britannico).
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