Quando scrivo, come nel post precedente, che eccezione
fatta per sparuti gruppi politici semiclandestini, o singoli soggetti isolati,
nessuno mette più in dubbio i fondamenti sui quali poggia il capitalismo, pur
criticandone alcune sue proprie manifestazioni, ciò non significa che le
contraddizioni che stanno alla base del sistema non continuino ad operare con
la forza immanente della necessità, e dunque a pregiudicare non solo la stabilità del
sistema sociale ma ponendo anche a rischio le possibilità e le condizioni di vita su
questo pianeta. Non è questione di maggioranza/minoranza.
La tragedia verso la quale stiamo precipitando – e a
tal fine abbiamo tutti i mezzi di controllo e previsione per misurare con
esattezza e in anticipo dove ci sta conducendo – è già perfettamente dimostrata
nella tendenza, e dunque la
questione del capitalismo si pone e si porrà nostro malgrado come il problema stesso della possibilità
materiale di esistenza dell’umanità. Non bruscolini.
*
Per quanto riguarda l’aspetto propriamente politico e
sociale, c’è da chiedersi quali siano i motivi per i quali da un lato si
assiste al declino del riformismo e
dall’altro perché la crisi non abbia sviluppato un movimento antagonista di
tipo classico e abbia invece favorito i
cosiddetti “populismi”.
In tutto ciò si possono ravvisare delle marcate analogie
con gli anni Trenta del secolo scorso (compresa la questione del protezionismo
che oggi, come già allora, può deflagrare), e però con una differenza sostanziale, ossia la presenza per un lungo tratto del
Novecento di un forte e organizzato movimento di opposizione che guardava
all’Unione sovietica come a un modello.
Poco importa che l’Urss fosse nella realtà storica
tutt’altro da ciò che una grossa parte del proletariato presumeva, e nulla vale che i
dirigenti dei partiti comunisti europei puntassero ognuno a una propria via al
socialismo. Contava ciò che l’Ottobre e l’Urss rappresentavano nell’idea e nel
sentimento generale. Ed è precisamente
ciò che manca oggi, cioè un programma
di lotta e un modello alternativo di società al quale
riferirsi.
Poi vi fu un cambiamento, graduale e progressivo, non
senza tensioni e lacerazioni. La crisi del modello pseudo-socialista e del suo
mito data da molto prima del 1989, e lasciava posto al riformismo nelle sue
varianti nazionali. La borghesia non stava scomparendo, il numero di persone
abbienti era in aumento e non in diminuzione, il capitale non si concentrava in
pochissime mani, un nuovo ciclo economico espansivo favoriva anche le classi
lavoratrici che raggiungevano in quegli anni condizioni di diffuso benessere e
un accesso ai consumi dapprima sconosciuto.
Si radicava l’idea che il riformismo fosse la strada
più adatta per progredire verso una società più giusta, che il capitalismo, se
ben diretto e regolato, rappresentasse l’opzione
migliore.
Pochi decenni, e gli effetti della globalizzazione,
della crisi e delle nuove tecnologie hanno revocato non solo in dubbio, ma
polverizzato le aspettative sul piano delle opportunità e del welfare. Le nuove
generazioni si trovano ad affrontare una situazione economica e sociale ben
diversa da quella che ha accompagnato, in sviluppo, le generazioni del secondo
dopoguerra.
Ritenere che il riformismo ne esca screditato perché
non ha saputo ben dirigere e regolare i processi in atto è solo una parte della
verità e nemmeno la parte di verità più decisiva per spiegare una sconfitta storica.
Il riformismo, variamente denominato, è una forma di
opportunismo mascherato da realismo politico, che, pur non negando le
contraddizioni del sistema, sostiene che esse possono essere negoziate e
gestite sul piano politico-programmatico.
Negli effetti, la vittoria momentanea del riformismo,
quale espressione politica, e quella dell’anti-marxismo, quale fondamento
teorico, è stata tutta nella misura in cui la collaborazione con la borghesia è
servita a rendere la classe dominante più forte e il suo potere assoluto.
Ciò che gli apologeti del sistema non possono
occultare della realtà del modo di produzione capitalistico, sono gli effetti
della contraddizione fondamentale che sta alla base del processo di
valorizzazione del capitale. Il disorientamento in cui è piombato
l’establishment politico e il fallimento di ogni previsione degli economisti
borghesi ne costituiscono una conferma.
Solo alla luce del marxismo le cause e i fenomeni politici
e sociali che accompagnano la crisi del modo di produzione capitalistico
trovano risposta sul piano scientifico. Marx ha dimostrato, tra l’altro, come
risulti insuperabile nell’ambito del capitalismo la contraddizione fondamentale
tra sviluppo delle forze produttive e l’ordinamento dei rapporti di produzione
in cui domina l’appropriazione privata della ricchezza. That is the question.
Pensare di ricostruire “la sinistra” su un programma
riformista che lo stato delle cose smentisce nei fatti salienti, cioè nei modi
della globalizzazione e nel mutamento della struttura sociale e di classe,
significa alimentare amene illusioni e false speranze, significa andare
incontro a nuove sconfitte. Ed è
esattamente ciò che milioni di proletari hanno capito, salvo farsi
lusingare dalle promesse elettorali della vandea poujadista.
Pertanto la sinistra può essere ricostruita solo
sulla base della critica radicale della società borghese in tutti i suoi
aspetti di dominio e mistificazione, solo
sull’antagonismo reale degli sfruttati contro gli sfruttatori, dunque solo come sinistra di
classe nella prospettiva del comunismo, senza compromissioni con la borghesia e
comparsate parlamentari.
In coda all'ultimo paragrafo del tuo ennesimo, splendido post, mi permetto di aggiungere una cosa, implicita, all'imperativo che serve per ricostruire la sinistra: e cioè, che essa o sarà internazionale (sovranazionale) o non sarà.
RispondiEliminapermesso accordato :)
Eliminasi sono comprati tutti gli "intellettuali". IL problema è che gli "intellettuali" devono sempre essere se non mantenuti almeno tollerati da qualche "principe", ma nel mondo globalizzato del "grande capitale" ( questo sì "internazionalista" davvero ) non ci sono più isole di salvezza : "chierico" servi ( ben pagato, ma sempre meno ) o muori.
RispondiEliminaws
internazionalista davvero?
RispondiEliminagià che tu sei della parrocchia che si eccita col capitale denoialtri