mercoledì 1 febbraio 2017

In attesa del Messia



Noto il moderato ottimismo che serpeggia rasoterra qua e là alla luce di quanto sta succedendo, non da oggi, alla cosiddetta “sinistra liberista” (uno dei tanti ossimori del nostro tempo), ossia a quelle forze politiche europee che hanno sposato, per dirla con le parole di Alessandro Gilioli, “le ricette di quelli che per quasi tutto il Novecento erano stati i suoi avversari, cioè le destre economiche”.

Dunque, per Gilioli “sinistra liberista” e “destre economiche”, se proprio non sono la stessa cosa, si equivalgono. E come dargli torto. A me pare (ma si sa quanto sia inquinato dal marxismo il mio punto di vista) ci si dimentichi – e parlo in generale – di quello che potremmo definire, a buon titolo, il convitato di pietra: il capitalismo, nell’era dell’imperialismo, anzi nella tarda maturità dell’imperialismo.




Per contrastare il disegno reazionario delle destre più oltranziste, è pronta – in attesa del nuovo Messia che guidi la riscossa – la lista della nuova gamma di desideri fatti di tasse per i ricchi e mance generose per i penultimi, quel che avanza per gli ultimi. Un’analisi e un progetto che non tiene conto di quanto è avvenuto nel corso del Novecento, segnatamente negli anni Trenta. 

Non voglio richiamare l’attenzione sulla vexata quæstio del rapporto tra struttura e sovrastruttura, e tuttavia ogni tanto bisognerebbe rivolgere l’attenzione anche da quelle parti se proprio non si vuole continuare a discutere del dito che indica la luna. E due parole andrebbero spese pure a riguardo del riformismo e del suo gemello, l’opportunismo. Dimostrando quanto riformismo e opportunismo siano stati legati al ciclo economico, laddove, specie in Italia, si è creduto di poter dare a molti, in cambio del consenso politico, una scrivania dove appoggiarci il giornale e la pensione a 50anni.

Illuminante, a tale riguardo, è quanto scriveva Engels a Karl Kautsky, il 12 settembre 1882:

«Lei mi chiede che cosa pensano gli operai inglesi sulla politica coloniale. Bene, esattamente ciò che pensano di ogni politica: ciò che pensa la borghesia. Qui, dopo tutto, non c’è un partito operaio, ci sono solo i conservatori e i liberal-radicali, e i lavoratori partecipano allegramente del monopolio inglese del mercato mondiale e delle colonie dell’Inghilterra e del suo monopolio sul mercato mondiale».


È venuta la crisi, che modella la realtà e i soggetti. Essa ha mostrato, non ancora a tutti per la verità, quale sia la reale natura di questo sistema economico. Il tempo, si sa, è galantuomo. La borghesia italiana e il buon italiano medio devono sperare che la Bce continui a comprare la nostra spazzatura in modo da poter pagare stipendi pubblici e pensioni, che l’ombrello dell’euro regga ancora, che arrivi il più tardi possibile lo scoppio della prossima bolla finanziaria, insomma che continui il miracolo infarcito delle più triviali menzogne sulle sorti magnifiche e progressive del riformismo. 

2 commenti:

  1. come per il fascismo si punta a che il sistema sembri eterno per la durata di una generazione. E basta.

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  2. I 'social',l'immaginario della crescita infinita, l'uniformità crescente negli stili di vita e di consumo, sono tutti fenomeni che hanno unificato a forza il pianeta e sono penetrati nella psiche di milioni di persone.Almeno per la sua parte 'inquinante' occidentale.
    Qualcuno può teorizzare profitti crescenti ad infinito in un mondo miserabilmente finito?Pare di sì.La normalizzazione sarà inevitabile a meno che la Storia non ci riservi una soluzione non lineare.

    Del resto ognuno di noi annaffia serafico le proprie illusioni, a cominciare da coloro che affermano solennemente di non averne affatto.

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